Sindoni, un'esposizione di volti

Pubblicato il 8 settembre 2014

Sindoni, un'esposizione di volti

Installazione di Massimo Mion dal 12 al 18 settembre

Da sottovesti vintage anni '50, emergono volti di amiche, pornostar e icone del cinema, in un taglio tutto personale. 
Lo "stencil capovolto" fanno sì che i volti quasi si accendano e si spengano. Massimo Mion è l'artista che inaugura venerdì 12 Settembre alle 18, allo Spazio Kant, in Campo San Giacomo, l'installazione chiamata Sindoni. 
Massimo dedica questa sua esposizione a due donne in particolare, che sono state il frutto della sua ispirazione nel descrivere l'universo femminile contemporaneo.
 
Un'arte, quella di Massimo, ricca di vernici, bozzetti, sagome, cartoncini ritagliati, colori spry e retro-illuminazione che si distribuiscono sulla stoffa tagliata. Il gioco della luce crea una serie di coreografie luminose sui volti, cambiando d'intensità. 
L'installazione si ispira al significato dei tessuti che, in antichità, venivano impiegate per avvolgere i defunti, con lo scopo di valorizzare l'utilizzo della tecnica dello stencil. “L'idea è di capovolgere il concetto stesso di stencil – racconta Massimo Mion - tecnica che utilizzo da qualche anno per produrre la maggior parte dei miei lavori. Nello stencil quello che si vede è la vernice che viene lasciata passare attraverso il foro inciso sulla superficie del cartoncino. In questo caso, invece, ciò che resta è la luce che passa attraverso la superficie stratificata della stoffa”. 

Lenzuola di ospedali, una tovaglia di un corredo di matrimonio, sottovesti anni '50 sono le basi sulle quali i volti poggiano, riempiono la sala tra espressioni malinconiche e atteggiamenti provocanti. 
L'intera mostra è una crescita, un raccontare emozioni sempre più forti, catturate da una foto iniziale e sviluppate in un sistema di retro-illuminazione, dove un led simula il bagliore di una candela, tentando di instaurare un dialogo conlo spettatore.  

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scritto da:

Elisa Pasqualetto

Se c'è una cosa che so è che amo mangiare. Mi sento una sorta di Sherlock Holmes dei ristoranti e pub, nel cercare continuamente posti nuovi e spesso fuori dagli schemi. Quando non mangio, scrivo e viaggio.

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