Un nuovo Martini al The Corner

Pubblicato il 13 aprile 2016

Un nuovo Martini al The Corner

20 domande (e risposte) per conoscere da vicino Marco Martini

Sereno, sorridente, nella sua camicia di lino azzurra, mi parla della sua nuova avventura, e lo fa con entusiasmo, serietá, visione d’insieme, determinazione e grande senso di responsabilitá. Parliamo di Marco Martini, chef affermato e stellato, nonostante la giovane etá, in procinto di abbracciare una nuova sfida che si chiama The Corner, su Viale Aventino a Roma. Una bellissima sfida, che trova il suo campo in un elegante palazzetto Liberty, con una sala ristorante intima e suggestiva in cui riverserá tutto ció che ha imparato in questi 14 anni di cucina e sacrificio, e le tante novita’ immaginate per accogliere e gratificare i suoi ospiti. Scopriamo da vicino chi è Marco Martini e la strada che lo ha portato dalle due ruote di uno Scarabeo bordeaux ai divani bordeaux di un’irresistibile location romana.


 
Chi è Marco Martini? E quali sono tappe fondamentali del tuo percorso?
La mia passione per la cucina è nata per esigenza, per avere i soldi in tasca per essere indipendente e portare la ragazza a cena. Cosí ho cominciato a portare le pizze, a Colleferro, con il mio Scarabeo Bordeaux. L’anno dopo ho cominciato a fare le pizze al banco e mi sono appassionato. Poi lo stage a Labico di 9 mesi ha dato la svolta e poco dopo, con Antonello Colonna, sono entrato subito nel vortice. Eventi enormi, banchetti, feste private. Ho acquisito la tecnica lavorando. Sono arrivato a Roma nel 2006, per l’apertura dell’ Open Calonna al Palazzo delle Esposizioni di Via Nazionale. La cena delle Tre Forchette d’Italia fu per me un esordio importante. Fuori dalla cucina c’erano tutti i miei idoli -Pierangelini, Ciccio Sultano, Uliassi, Crippa- fu un’emozione fortissima. Dopo tanti anni con Colonna, poi ho voluto vedere cosa ci fosse fuori. Quindi, dopo un passaggio veloce da Heinz Bech, sono entrato nella cucina di Tom Eikens a Londra. E’ stata durissima. Sono tornato per le vacanze di Pasqua e ho visto Stazione di Posta: una location non convenzionale a Testaccio, la mia prima sfida. Nel frattempo ho vinto Emergente 2013 e da lí ha cominciato a muoversi tutto. Poi è arrivata la Stella Michelin e le prime pagine, le interviste, le copertine, i video, la televisione..

Cosa non e’ andato a Stazione di Posta?
Difficoltá di gestione e poca comunicazione con la proprietá. Un clima che piano piano si stava affievolendo ma io non mi sono mai perso d’animo.

Il The Corner è l’opportunitá che cade nel momento giusto. Cosa vuol dire per te “apro un ristorante mio”?

Che ci metto tutto: faccia, cuore e tasca. E che se vieni e non ti piace, te la puoi prendere solo con me. Io avró 13 dipendenti, che vuol dire tanto entusiasmo e tanta professionalita e responsabilitá. E ce la metteró tutta.

Hai cucinato e preparato banchetti a livello internazionale. Grandi nomi e Maison come Berlusconi, Brunetta, A.S. Roma, Hermes, Gucci. Quali sono state le cene più gratificanti per te?
Cucinare per Rita Levi Montalcini per i suoi 100 anni e per il compleanno di Gualtiero Marchesi. Mi ricordo che lo aspettavamo nel pomeriggio. Colonna mi disse di fare un aperitivo, ed io ho imbandito una tavola con porchetta, fave e pecorino, come benvenuto a Roma. Gualtiero disse a Colonna: Tieniti stretto questo ragazzo. 

Quali sono stati i tuoi Maestri?
Antonello Colonna, mio padre e mia madre. Colonna è un genio, un grande imprenditore, ha fiuto. Dieci anni fa mi ha detto: il futuro sono le verdure. Ed aveva ragione. Mi ha insegnato tanto, per esempio che il cuoco prima di cucinare deve saper fare la spesa.

Quali sono i tuoi credo in cucina?
La mia Brigata. Brigata è un termine che si utilzza o per la guerra o per la cucina. Siamo un gruppo appassionato, come a rugby, si gioca, si soffre, e ci si copre. Con alcuni lavoriamo insieme da 9 anni. Per esempio sono 9 anni che mi sveglio e la mattina chiamo Enzo, il mio secondo, per sapere se va tutto bene, poi sento Mamma e poi vado a lavoro.

Ti reputi un buon capo?
Io parlo sempre al plurale, perchè io da solo non potrei fare nulla. Tutti nella brigata sono fondamentali, anche il lavapiatti che mi porta le padelle pulite e senza il quale non potrei materialmente cucinare. Per questa nuova avventura ho preso tutte le decisioni assieme alla mia brigata, dai porta amuse bouche alle divise di sartorial che hanno scelto loro, anni 20, come questo palazzetto.

Quali sono le regole della tua cucina?

Io sono maniaco sulla precisione, in cucina si beve tutti dalla stessa bottiglia. Un clima Martini, si mangia insieme, se devo mangiare un pasticcino lo chiedo. Il rispetto per il lavoro degli altri e’ fondamentale. Esite un severo regolamento, che poi peró mi ha portato tanti risultati. Mi hanno seguito 13 persone da Stazione di Posta, un gesto significativo, la dimostrazone che il mio staff crede in quello che faccio.

La tua mania?
I movimenti in cucina. Nella mia cucina non si deve lanciare nulla. Quando non chiedi per favore o grazie. Non sopporto le persone lente. Poi la pulizia. Non sopporto le divise sgualcite e la poca attitudine allo studio.
  
Questa pulizia e gusto per la composizione sono caratteristiche che ritroviamo anche nei tuoi piatti. Il processo creativo di una tua ricetta?

Studio tutti i giorni e tutti giorni provo qualche tecnica. Il mio menu cambia di continuo. Tutti i piatti hanno una loro storia. Non sono solo ingredienti messi insieme. Sono una risultante di tecnica, di concetto, di ricordi, di memoria. Come per il "Rigatone Mare e Monti", un piatto che deriva dal ricordo di quando guarnivo la "pizza mare e monti" con le fette di salame prima di chiuderla dentro una scatola e consegnarla. Dopo anni ho creato un piatto che è una Zuppa di Pesce, Rigatoni, Chorizo stagionato 9 mesi e crema di Mozzarella di Bufala dell’Agro pontino. Un piatto che da sopra sembra una pizza.

Quanta Roma c’è nei tuoi piatti?
Tanta Roma con un tocco di mondo. Dal Piatto al contesto, il ragionamento deve essere di ampio respiro. Intimo e Internazionale.

Il tuo primo piatto andato in carta?
Il "negativo di carbonara". Lí ho capito che potevo fare il cuoco.

Il piatto di cui vai più fiero?
“Raviolo al vapore, pollo alla cacciatora e brodo di patate arrosto”. Un incontro tra oriente, occidente e casa di mia madre che tutte le domeniche preparava la cacciatora.

Che tipo di cucina farai al The Corner?

Circa 40 piatti,un menu composto dai classici: “ajo e ojo di mare”, “animella chinotto e carote”, “ravioli al vapore”, “maialino mela, patate e senape”, “uovo, porchetta e foie gras”.. E poi piatti nuovi, tutti caratterizzati da tre ingredienti. Ci saranno molte erbe aromatiche, molti vegetali. Stiamo lavorando sull’estrazione e sulla concentrazione del sapore. Come per il “piccione carruba e carote” in forme e consistenze diverse. Massimo sapore. E l’utilizzo dei fondi di cottura. Tutte le carni, per esempio, vengono laccate con la loro estrazione. E poi ci sará un piatto con il Campari che stiamo ancora perfezionando. In sala torna il carrello con la carne. Ci sará un bevenuto vegetariano e un drink per accogliere tutti.

A cena il menu alla carta, ma cosa hai immaginato per il pranzo?
Una mini carta di pasta, carne, pesce, verdure ed insalate. Un fast lunch cucinato ed identitario, improntato con un budget più basso. Piatti semplici, leggeri, caratterizzati dal gusto con una carta cocktail di Luigi di Ciocco, che cura i nostri abbinamenti. Poi ci sará la terrazza con il bar per l’aperitvo e per il dopocena.

Quanto hai imparato dal cliente?
Tutto. Il cliente si ascolta. Il cliente è l’ingrediente segreto per un cuoco.
 
Quali sono gli chef che più ammiri?
Enrico Crippa e Mauro Uliassi. Come persone e come cuochi. Uomini che sacrificano la propria vita, come Crippa, che fa una cucina unica al mondo, raggiungendo  risultati  inarrivabili. Come per le “Rape fermentate e Parmigiano”, dove le rape sanno di bresaola e tu non ci capisci nulla. Sono sapori che non hanno niente a che vedere con la tua normale conoscenza dei sapori. Uliassi oltre ad essere un grande chef, è un signore e un grande uomo.



3 carattesistiche che definiscono i tuoi piatti?
Occhi, Pancia e Testa.

Il cibo di cui non puoi fare a meno?
La maionese fatta in casa. Dovrebbe essere Patrimonio nell’Unesco.

La lezione  piú importante che la cucina ti ha impartito?
L’umiltá, rimanere con i piedi per terra e sempre se stessi.

Il più grande complimento che ti hanno fatto?
E’ stato quando mi hanno detto: “anche se non fossi uscito da quella cucina per presentarti, avrei riconosciuto che questo piatto era tuo.” Ed è cosí perchè tutto quello che sono lo ritrovi nel piatto. La cucina non mente. 



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  • INTERVISTA
  • EAT&DRINK

scritto da:

Sara De Bellis

Instancabile viaggiatrice e mangiatrice appassionata. Tutto nella mia vita ruota intorno alla tavola, alle sue espressioni geografiche e culturali, alla sua evoluzione. Vivo il cibo in tutte le sue declinazioni, dalla Scrittura alle Start up di nuovi progetti, dalla Comunicazione all’Ufficio Stampa, passando per Eventi e Food Photography trasformo ogni giorno le mie naturali inclinazioni in dimensioni lavorative, amalgamando con cuore, fino ad ottenere il mio personalissimo impasto.

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