La mia classifica delle migliori cinque trattorie di Testaccio

Pubblicato il 15 settembre 2016

La mia classifica delle migliori cinque trattorie di Testaccio

Ecco i posti che hanno fatto diventare questo quartiere, una volta popolare oggi invece casa di attori, artisti ed intellettuali, la patria della cucina tradizionale romana

Una delle caratteristiche che fanno di Roma la città più bella del mondo è che vi sono alcuni quartieri dove la vita e i ritmi della grande metropoli non riescono proprio ad entrare, dove l’atmosfera è piuttosto quella di un tranquillo paese di provincia, dove tutti conoscono tutti, dove non ci sono segreti, dove chiunque può contare sull’aiuto del prossimo per qualsiasi cosa, e soprattutto, dove le tradizioni si mantengono vive da generazioni, specie in cucina. Testaccio ne è l’esempio più lampante. Nato come quartiere dormitorio per le famiglie degli operai del mattatoio comunale che qui aveva sede e delle ferrovie, oggi invece, pur mantenendo la sua anima fortemente popolare, è diventato la casa di intellettuali, attori e artisti, che qui riescono ancora a respirare l’alito di quella Mamma Roma di pasoliniana memoria. Ma Testaccio è famosa soprattutto per essere la culla della cucina romana tradizionale, con alcuni piatti oggi ormai famosi oltreoceano, che leggenda vuole siano stati inventati proprio nelle cucine delle case popolari di questo quartiere, come la Coda alla Vaccinara, o il lesso alla Picchiapò. Tra le decine di trattorie, ristoranti e locali, dove andare a scovare ancora oggi l’anima genuina della cucina popolare romana? Ecco quindi la classifica delle mie cinque trattorie testaccine preferite.

5 – Lo Scopettaro


Il nome deriva da una storia piuttosto curiosa. Un tempo qui vi era la bottega di un fabbricante di scope saggine, che si dice fosse fornitore ufficiale del Papa. Spesso la moglie dell’artigiano cucinava il pranzo al marito in bottega, ed un giorno, mentre era intenta a preparare pasta e fagioli, il profumo attirò numerose persone che chiesero di assaggiare quella prelibatezza. Così nacque nel 1912 Lo Scopettaro che ancora oggi ripropone i sapori e i profumi di una volta. La carbonara qui è spaziale e le porzioni sono per lupi affamati. La trippa al sugo, poi, è tra le migliori servite in città, con un aroma di mentuccia che si diffonde per tutta la sala.
Lo Scopettaro, Lungotevere Testaccio, 7 Roma - Tel: 065742408

4 – Checchino dal 1887


Oramai da considerare un reperto storico vivente, la trattoria da Checchino, tra le più antiche ancora aperte a Roma, è il luogo di origine di molti piatti leggendari di carne e frattaglie tipici della cucina tradizionale romana. Si trova, come 150 anni, fa alle pendici del Monte dei Cocci proprio di fronte ai cancelli di quello che una volta era il Mattatoio Comunale e che oggi ospita una facoltà universitaria, una scuola di musica e un museo di arte contemporanea. Qui si narra vennero cucinate le prime code alla vaccinara e i primi piatti fatti con i “resti” della lavorazione della carne, come le polpette di bollito e il manzo alla picchiapò. Oggi è una trattoria di alto livello dove la tradizione si sposa con la genuinità.
Checchino dal 1887, Via Monte Testaccio, 30 Roma - Tel: 065743816

3 – Agustarello


Per carità, vietato chiamarlo “Augustarello”! Pena l’odio eterno del proprietario nei confronti del malcapitato di turno. Scherzi a parte, questa piccola trattoria dai toni squisitamente anni ’50 è il “sancta sanctorum” della cucina ortodossa testaccina, dove impera il mitico “quinto quarto” (ossia quello che rimane della bestia al termine della macellazione). E quindi se si viene da Agustarello non si può evitare di assaggiare i mitici rigatoni con la pajata di agnello o la coratella con i carciofi. Quando ci sono, poi, assolutamente imperdibili i cervelli di vitella fritti. E’ consigliato venire sul presto perché non accettano prenotazioni e chi arriva prima meglio sta!
Agustarello, Via Giovanni Branca, 100 Roma - Tel: 065746585

2 – Da Felice


A Roma è conosciuto come il Re della Cacio e Pepe e, posso confermare, che si tratta di un titolo guadagnato con la fatica, la passione ed il sudore della fronte. Felice Trivelloni era famoso negli anni ’40 per allontanare clienti nonostante il locale fosse vuoto. Qui alla trattoria Da Felice c’era posto solo per i “veri amici”: gli abitanti del quartiere, gli operai del mattatoio e pochi altri fortunati. La ricetta originale della sua cacio e pepe è ancora oggi più segreta della formula della coca cola ed è ancora al top di tutte le cacio e pepe della Capitale. Qui si trovano piatti diversi a seconda dei prodotti di stagione. E’ quindi inutile chiedere i carciofi a settembre, ma basta affidarsi alle mani dei bravi eredi di Felice, sicuramente meno scorbutici del nonno, ma dallo stesso grande cuore.
Da Felice, Via Mastro Giorgio, 29 Roma - Tel: 065746800

1 – Flavio al Velavevodetto


Flavio De Maio, proprietario di Flavio al Velavevodetto è un uomo che nella sua vita ha ricevuto una sola missione: cucinare e far mangiare bene quante più persone possibili al mondo, e soprattutto esaltare i prodotti della sua terra. E’ questa motivazione, che, sicuramente lo spinge ogni mattina alle 4 a mettersi in auto per cercare il miglior pesce di Anzio, le migliori verdure della campagna di Cerveteri e la migliore carne della Maremma. I suoi piatti sono il risultato di una passione unica e incontenibile, che sicuramente anche la gavetta pluriennale svolta da Felice ha contribuito ad incrementare. Personalmente sono orgoglioso che a Roma esistano ancora ristoratori come Flavio e chi si possano gustare piatti così ben cucinati, come la sua carbonara o le sue polpette di bollito.
Flavio al Velavevodetto, Via di Monte Testaccio, 97 Roma - Tel: 065744194

Foto di copertina tratta da pagina Facebook di Checchino dal 1887

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scritto da:

Lorenzo Coletta

Romano, giornalista, dopo una prima esperienza di giornalismo radiofonico con l'agenzia Econews, ha cominciato ad appassionarsi al grande mondo dell'enogastronomia. Ha contribuito nel 2014 alla redazione della Guida dei Ristoranti di Roma di Puntarella Rossa edita da Newton Compton.

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