L'incontro tra cibo, convivialità, arte (e approccio imprenditoriale) è possibile: ci spiega come Alessandro Gargani di La Cucina del Garga

Pubblicato il 22 novembre 2016

L'incontro tra cibo, convivialità, arte (e approccio imprenditoriale) è possibile: ci spiega come Alessandro Gargani di La Cucina del Garga

Ecco cosa ci ha raccontato lo Chef e titolare di uno dei ristoranti più famosi in città e oltre

Chiunque conosca Alessandro Gargani si rende immediatamente conto che non è un semplice chef o titolare di un ristorante qualsiasi, ma un uomo con una forte identità radicata nel tessuto familiare e cittadino, che è stato capace di stare al passo coi tempi, onorando al contempo la tradizione familiare di La Cucina del Garga, un ristorante unico nel suo genere a Firenze, capace com'è di coniugare cibo, convivialità e arte. Quando parli con Alessandro hai lavoro facile: non hai bisogno di fare domande perché è un incantatore, che ti trascina nel suo mondo con il suo appassionante racconto. Così mi ha raccontato come un fiume in piena la sua storia e quella dell'attività di famiglia:

Un po' di lui

Alessandro Gargani nasce il 31 maggio del '78 da una famiglia di chef ed artisti che nel '79 ha aperto un ristorante dopo un'esperienza di macelleria e di grandi cuochi in feste private, spinta anche dagli amici che avevano provato i loro piatti. Pertanto, La Cucina del Garga non nasce da alcun tipo di scuola, ma dal calore, dall'affetto e dall'entertainment tipico della famiglia che l'ha creato. A quel mondo di artisti e grandi feste, Alessandro ha saputo poi applicare l'aspetto manageriale, necessario per tenere in piedi un'attività di ristorazione che ha quasi 40 anni. Il risultato è un ristorante fuori dal comune: il luogo fiorentino in cui meglio si realizza l'unione tra buon cibo, convivialità ed arte, attraverso l'esposizione di opere d'arte di artisti di tutto il mondo e l'idea proposta ai clienti di disegnare su tovaglie di carta pregiata, che partecipano ad un concorso al cui vincitore viene offerta una cena per due a La Cucina del Garga e l'esposizione della sua opera d'arte all'interno del locale.

1) Com'è nata la tua professione di chef?

Nascendo in questo contesto per me è stato del tutto naturale. Ho abbandonato il Liceo Classico a 16 anni, quando sono entrato a far parte del team di Garga, dapprima come lavapiatti, lavoro più basso e all'epoca separato dalla cucina, ma anche più importante in quanto da come tornano i piatti in cucina è possibile capire come ha mangiato il cliente, poi entrando nel fulcro del servizio come decoratore di guarnizioni ed aiuto cucina. A 18 anni sono partito per il servizio militare, che ho svolto per l'Aeronautica, e, dopo due mesi d'addestramento a Viterbo, sono stato spostato presso la mensa della scuola di guerra aerea delle Cascine. Il servizio mensa è del tutto differente da quello del ristorante in quanto tutti i giorni bisognava servire circa 400 persone in due servizi a pranzo e circa 80 ufficiali che rimanevano a dormire a cena. Dopo questa esperienza sono tornato in cucina con il babbo fino al 2002, quando con mia moglie abbiamo deciso di trasferirci negli Stati Uniti, dove ho lavorato 8 anni per il famoso e ben avviato ristorante Mezzogiorno Restaurant a Soho. 

2) Quanto ha significato per te l'esperienza negli USA?

Quella di New York è stata l'esperienza più utile in quanto ho imparato cosa voglia dire il termine business all'interno di un ristorante. Non basta saper fare da mangiare bene, ma anche gestire i costi senza intaccare la qualità di ciò che proponi e del servizio. Lì mi sono reso conto di quanto indietro fosse il nostro Paese e anche l'azienda di famiglia. Oltre ad aver appreso l'aspetto manageriale ed imprenditoriale, ho ampliato le mie conoscenze culinarie che ho poi trasportato qui.

3) Come mai hai deciso di fare ritorno in Italia?

Nel 2010 sono tornato in Italia per via di problemi di salute del babbo e problemi finanziari dell'attività e ho deciso di guardare al mercato della ristorazione. Due anni prima avevo con un avvocato protetto il copyright del nome Garga, registrato in Italia con una procura speciale, per cui sono tornato con un marchio e con mia moglie Elizabeth ho deciso di continuare l'attività in un'altra location  insieme al babbo "Garga” e alla mamma Sharon, in quanto nel frattempo la mia famiglia aveva perso l'immobile e l'attività di via Il Moro. Nel 2010 sono dunque passato da chef a chef titolare, un ruolo completamente diverso e ben più impegnativo e complicato.

4) Un bilancio dal 2010 ad oggi?

Dal 2010 ad oggi siamo soddisfatti del lavoro, vediamo crescere l'affetto dei nuovi e dei vecchi clienti, che trovano dal punto di vista gastronomico una continuità con la vecchia bottega ed anche le mie nuove proposte.

5) Qual è la chiave del successo di La Cucina del Garga oggi?

La continuità di un'idea di ristorazione unica, perché creata da artisti, e l'atmosfera che si respira, dove le opere d'arte ed i colori sono complementari al cibo. Qui si viene a mangiare con la bocca ma anche con gli occhi. In più la possibilità di colorare le tovagliette in un momento di svago in cui cibo, vino e convivialità s'incontrano: ormai c'è chi viene già sapendo di questa idea e devo dire che le opere sono sempre più sorprendenti.

6) Con quali materie prime ti piace lavorare?

Le materie prime di cui non potrei fare a meno solo l'olio extravergine d'oliva, le erbe e gli agrumi.

7) Quali sono piatti più apprezzati e quelli che senti più tuoi?

Tra i piatti più apprezzati le Tagliatelle del Magnifico con crema, scorza di arancia e limone, menta, stravecchio e Parmigiano e Trofie con salsa di pistacchio, limoni verdi e pomodorini, per i quali siamo comparsi sul programma americano di Food Network "Diners Drive-ins and Dives" di Guy Fieri e su quello toscano "Il Ribollito" di RTV 38. Il piatto a cui sono più affezionato non c'è. Forse la Schiacciata all'uva perché posso mangiarla solo un mese e mezzo all'anno.

8) Qual è la tua più grande soddisfazione lavorativa?

Essere ancora aperto.

9) Se non fossi il titolare di La Cucina del Garga, perché lo consiglieresti ad un amico?

Lo consiglierei perché è un posto dove si può cenare tranquillamente e comodamente con piatti semplici e gustosi, fatti con materie prime fresche, e dove si può dipingere sulle tovaglie.

10) Qual è l'ultimo ristorante che ti ha stupito in città?

In città è difficile stupirsi. Bisogna ricorrere alla bellissima campagna toscana per avere sorprese. Un esempio su tutti Il Paese dei campanelli a Barberino Val D'Elsa.

11) A quale aspetto della città sei più legato?

Al calcio storico fiorentino ed ai Bianchi di Santo Spirito. Sono nato e cresciuto nel quartiere di Santo Spirito, in una città in cui il calcio storico fa parte del tessuto più intimo, ed il babbo era amico di tutti in quanto chef. Ho giocato una partita in Santa Croce e dal 2010 sono collaboratore del settore giovanile e anche social media manager dei Bianchi di Santo Spirito, convinto che si possa applicare un sistema manageriale anche al gioco.

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scritto da:

Maddalena De Donato

Lucana di nascita e fiorentina di adozione, ho scoperto in Toscana i veri piaceri della vita: mangiare bene, bere ancora meglio, viaggiare, condividere, ma soprattutto scrivere. L'unica arma che tollero è il cavatappi e scoprire nuovi locali è una dipendenza da cui non riesco ad uscire. Non a caso il mio blog si chiama Mad Tasting.

IN QUESTO ARTICOLO
  • La Cucina del Garga

    Via San Zanobi 33 R, Firenze (FI)

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