Confessioni di un cuoco di nuova generazione

Pubblicato il 24 novembre 2016

Confessioni di un cuoco di nuova generazione

dal Tamigi al Muson, Stefano Biasibetti si racconta

Per lui, preparare una pastasciutta era come parlare arabo, a 14 anni. Poi però, dopo aver scelto la scuola alberghiera soltanto perché si studiava poca matematica, il suo mondo si trasforma all’improvviso, e una saetta lo attraversa cambiandogli la vita: la fulminazione per la cucina, la scoperta di un naturale talento creativo e di una deliziosa manualità ai fornelli. A 16 anni lavora già al Due Mori di Cittadella, a 22 per Heston Blumenthal a Londra. E infine il rientro in Italia, che culmina a Castelfranco Veneto, dove Stefano Biasibetti rileva il ristorante Antico Girone nell’estate 2014. Ritratto di un astro nascente della cucina tradizionale rivisitata, che ci racconta la sua passione.


 
1. Ciao Stefano, andiamo subito in medias res: qual è la tua filosofia culinaria?
Io sono un cuoco di nuova generazione, quindi non amo troppo le cose vecchie. Mi piacciono i contrasti, le sperimentazioni e le rivisitazioni. Tengo sempre in vista la stella polare della tradizione, ci mancherebbe; ma la base della mia cucina è la riconoscibilità: non amo quei menù dove la descrizione di un piatto sembra una poesia… Io al fumo preferisco l’arrosto. Cerco di proporre sapori classici in modo non convenzionale. La definirei una cucina sofisticata ma non complicata. E in ogni caso dev’essere sempre riconoscibile.
 
2. Insomma, hai portato una ventata d’aria fresca all’Antico Girone!
Certo! L’80% dei clienti sono turisti, perciò io e il mio socio manteniamo alcuni piatti strettamente tradizionali. Ma le proposte rivisitate sono quelle che più incuriosiscono gli avventori. Personalmente trovo molta gratificazione nell’avere questo o quel cliente che pone domande sulle mie ricette.


 
3. Ci descrivi un piatto che rappresenta il tuo stile?
Sicuramente la frittella di baccalà. Una volta preparato il baccalà mantecato, aggiungo al suo interno un cuore di caprino, impreziosito a sua volta da una pregiata acciuga del mar Cantabrico.  Poi impano il tutto, ricavandone una frittella che viene servita su una particolare crema di piselli, che preparo con il burro, donandole una nota dolce. Come dicevo, io amo i contrasti: e quello fra la frittella e la vellutata fa impazzire tutti quanti.
 
4. Più in generale, quali sono le tue specialità?
A me piace sperimentare un po’ tutto, ma qui all’Antico Girone sono senz’altro i dolci la mia grande specialità. Da quando ho aperto, tutti i clienti continuano a chiedermi il dessert che ho inventato, un dolce cui non ho peraltro mai dato un nome vero e proprio… Si tratta di un mou salato con crumble alla nocciola e cremoso al fondente. I turisti ne vanno pazzi!


 
5. Quando e perché hai aperto l’Antico Girone?

E’ un discorso lungo. Nel 2013, una volta tornato da Londra, dove ho imparato tantissime cose interessanti, grazie soprattutto all’esperienza in Heston Bluementhal, ho lavorato un anno e mezzo all’Hostaria di Via Roma, a San Martino di Lupari, in provincia di Padova. Lì, un bel giorno ho improvvisamente capito quale fosse la mia filosofia di cucina. E come nei migliori film, contemporaneamente si presentata un’irrinunciabile opportunità: mi ha chiamato la storica titolare dell’Antico Girone, per la quale avevo lavorato prima di volare in Inghilterra. “Ciao Stefano, sai che voglio cedere il locale?”, mi fa, “se ben ricordo tu sognavi di gestire un ristorante tutto tuo: t’interessa?”. Io non me lo sono lasciato ripetere: ho chiamato il mio attuale socio, ci siamo precipitati dal commercialista, e dopo qualche giro di carte il sogno è cominciato.

6. Parlaci un attimo del tuo socio, allora: che rapporto avete?
Beh, Loris ha 45 anni, quindi porta anzitutto grande esperienza, tanto nella ristorazione quanto in tutti gli aspetti amministrativi e burocratici. Io, dal canto mio, spingo invece il piede sull’acceleratore della fantasia e della freschezza: insieme costituiamo i due ingredienti di una ricetta che si distingue e piace molto!


 
7. Qual è la cosa che ti soddisfa di più?
Ne dico due: in primis tengo a sottilineare che mi soddisfa tantissimo l’unità di squadra esistente fra tutti i membri dello staff, che per me è diventato una seconda famiglia, alla quale ho ormai tante cose che mi legano. E poi naturalmente la cosa più imprescindibile per qualsiasi ristoratore, ossia la gratificazione che mi danno i clienti ogni giorno chiamandomi, chiedendomi pareri, racconti e quant’altro. Sentire l’interesse degli ospiti è la cosa più bella per chi fa questa professione. Ricevo un feedback che definisco “sentimentale” da parte dei miei clienti, e che mi dà veramente qualcosa in più: del resto, chi esercita questo mestiere lo fa per passione più che per altri ragioni, dato che gli orari sono ostici e la fatica è sempre tanta.
 
8. E la cosa più difficile, invece?
Beh, non posso negare che questo sia un lavoro fatto di rinunce. Avevo appena compiuto 24 anni quando ho aperto l’Antico Girone, e l’ho fatto sapendo tutti gli enormi sacrifici a cui avrei dovuto sottoporre la mia giovinezza.
 
9. Ma ti è mai capitato di pensare “adesso mollo tutto”?
Sì, tipicamente in questo periodo: da fine novembre a fine dicembre si fanno impressionanti tirate da stakanovista, che richiedono un’assurda profusione di energie. Devo combattere lo stress con ogni mezzo. In quei casi può capitare di domandarmi “Ma chi me lo fa fare?”…. Ma mai e poi mai di dire “basta”. Amo troppo il mio lavoro, i miei clienti, il mio ristorante, i miei collaboratori. E sono abituato a lavorare tanto. Quando ho le mie classiche due settimane di ferie ad agosto, dopo quei primi giorni in cui ovviamente me la godo, inizio presto a sentire le mani prudere e a mordere il freno perché non vedo l’ora di tornare a cucinare!


 
10. Hai qualche idea per il futuro?
Eccome! Due idee soprattutto, sicuramente alternative fra loro: aprire un secondo ristorante sempre a marchio “Antico Girone”, oppure spingere al massimo sulla qualità per arrivare alla stella Michelin il prima possibile.
 
11. E se proprio dovessi mai cambiare lavoro?
Ah beh, avrei già pronto un posto dal mio tatuatore. Sono molto portato per il disegno, ho una bella mano… Ma adesso voglio usarla per “disegnare” i miei piatti. E’ la cosa che mi riesce meglio!

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scritto da:

Alvise Salice

Con lo pseudonimo di Kintor racconto da anni i miei intrattenimenti. Sport e hi-tech gli amori di gioventù; mentre oggi trovo che viaggiare alla ricerca di culture, gusti e sapori della terra sia la cosa più bella che c'è. O magari la seconda, via.

IN QUESTO ARTICOLO
  • Antico Girone

    Via Francesco Maria Preti 9, Castelfranco Veneto (TV)

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