E se il freddo conserva batteri? 5 motivi per scegliere il ghiaccio alimentare certificato

Pubblicato il 16 gennaio 2017

E se il freddo conserva batteri?  5 motivi per scegliere il ghiaccio alimentare certificato

Intervista a Giovanni Potente, dottore in Fisica e amministratore di Puro Ghiaccio

Un buon drink, un caffè in ghiaccio con latte di mandorla, un bicchiere di Coca Cola sono ordinaria amministrazione nella nostra alimentazione quotidiana, dentro casa come nei locali, in qualunque stagione dell'anno. Eppure hai mai pensato che quel cubetto di ghiaccio contenuto nella bevanda potrebbe nascondere non poche insidie. Oggi vogliamo riflettere insieme sull'importanza che il ghiaccio sia certificato, nella sua fase di produzione, come un prodotto effettivamente alimentare.
Per farlo abbiamo pensato bene di rivolgerci a Giovanni Potente, Dottore in Fisica e Amministratore dell'azienda salentina Puro Ghiaccio, che ci ha chiarito non pochi dubbi spiegandoci le conseguenze del ghiaccio non igienizzato, i campanelli d'allarme che qualunque consumatore dovrebbe saper riconoscere e tutte le possibili soluzioni.

Il ghiaccio, contrariamente a quello che si può pensare, non sempre rappresenta un elemento edibile. Può spiegarci perché c’è la necessità di precisare che abbiamo a che fare con del ghiaccio “alimentare” e cosa fa la differenza?
Il fatto che il ghiaccio sia un alimento è sicuramente un concetto nuovo, perché negli ultimi anni il ghiaccio è stato considerato sempre come un oggetto con la funzione di raffreddare. Non si pensa che, effettivamente, quello che tu inserisci nel bicchiere, sciogliendosi si miscela a tutti gli effetti con ciò che bevi. Se non è considerato un alimento, dovrebbe essere quantomeno considerato come un prodotto alimentare, rispettando quelle norme di sicurezza inerenti tutto ciò che entra in contatto con l’uomo: si deve avere la certezza che l’ingrediente fondamentale di cui è costituito il ghiaccio abbia buone caratteristiche di potabilità.

Quali possono essere le conseguenze sulla nostra salute se, presso bar e attività commerciali di vario tipo legate al mondo della ristorazione, alla presenza del ghiaccio non fa da contraltare un controllo costante delle condizioni in cui lo stesso viene conservato?
A metà del 2015 il Ministero della Salute ha emanato un regolamento ministeriale sulla corretta prassi di produzione e stoccaggio del ghiaccio alimentare, perché l’acqua è sempre stato il primo veicolo per il trasporto di microrganismi e quindi anche di possibili batteri. Basti pensare a quei Paesi in cui non è possibile bere l’acqua dal rubinetto perché potenzialmente contaminata. Questo accade perché il ghiaccio non sterilizza l’acqua, ma al contrario conserva tutto quello che c’è al suo interno, compresi microrganismi nocivi. Nel momento in cui il ghiaccio si scioglie nel drink che stiamo bevendo, i batteri riprendono vita e sono pronti a colonizzare anche l’uomo. Sicuramente, quindi, c’è un problema che riguarda la salute dei consumatori, anche se nel mondo cosiddetto “sviluppato” non sussistono i problemi igienici che attanagliano altre nazioni. Anche l’OMS considera ad altissimo rischio tutti i cibi che possono essere conservati tra i 5 e i 60 gradi. Il pesce, giusto per fare un esempio, per garantire la conservazione deve essere messo a contatto con il ghiaccio che, qualora fosse contaminato, trasmetterebbe anche agli alimenti i suoi batteri.
 
  
Ogni quanto tempo dovrebbe essere effettuata la manutenzione e la pulizia dei produttori di ghiaccio e dei refrigeratori? Perché molti gestori soprassiedono su queste fondamentali operazioni?
Se la macchina produttrice di ghiaccio è in funzione 24 ore su 24 servirebbe una sterilizzazione almeno quotidiana, perché dovrebbe essere pulita dopo ogni utilizzo. Sicuramente questo non viene fatto regolarmente in molti locali, per diversi motivi: intanto perché il concetto di ghiaccio alimentare è lontano dagli standard finora conosciuti, poi c’è un discorso di negligenza da parte di chi deve effettuare la manutenzione sulla macchina. In terzo luogo, teniamo conto della difficoltà di accesso al cuore della produzione, perché le macchine vendute ai locali sono pacchetti chiusi, quindi per l’esercente medio è difficile mettere smontare il macchinario stesso per sanificare lo strumento. Di contro, avere costante manutenzione da parte di tecnici specifici può essere molto esoso. La conseguenza è che si possono riscontrare all’interno di questi produttori, ad un controllo più approfondito, vere e proprie colonie di muffe.
 
C’è un modo con il cui anche il consumatore, nel suo piccolo, possa assicurarsi che il ghiaccio fornitogli sia privo di impurità e prodotto in maniera consona agli standard igienici?
Partiamo dal presupposto che qualsiasi cibo viene consumato se accattivante, e un alimento stantio si nota subito.
I modi per riconoscerlo ci sono: il ghiaccio ti deve ispirare fiducia da un punto di vista visivo, non deve essere bianco o smangiucchiato nè avere al suo interno strane particelle.
Se il ghiaccio ha una provenienza dubbia, l’odore non sarà del tutto gradevole. Se ad esempio si mangia il cubetto dopo aver bevuto il caffè ci si rende conto del fatto che il ghiaccio non abbia un sapore neutro.
 

Il processo con cui un cubetto viene realizzato può anche influire sull’odore o sul sapore dell’alimento e della bevanda con cui entra in contatto?
Assolutamente sì, perché il ghiaccio non è altro che acqua solidificata. Non è nulla di diverso dall’acqua, quindi se il liquido originario presenta dei difetti (odori, sapori, colori) questi vengono inevitabilmente trasmessi al ghiaccio e quindi all’alimento. L’acqua è uno dei solventi più potenti presenti sulla terra, perché al suo interno si trova una miriade di sostanze diverse, tra cui molti carbonati di calcio e di magnesio che influenzano anche il funzionamento dei macchinari in cui sono prodotti e determinano l’opacità del cubetto. Si trovano anche sali di cloro (responsabili del cattivo odore dell’acqua) o zolfo (che rende l’acqua amara). Ecco perché è importante lavorare con dell’acqua trattata e non solo addolcita perché privata di carbonati, ma trattata in più punti e depurata del 90% di questo tipo di sostanze. Quella che utilizziamo noi per la produzione di ghiaccio non è acqua distillata, ma migliorata in maniera sostanziale da componenti che ne influenzerebbero la qualità.
 
L’opinione pubblica, nella maggior parte dei casi, non è al corrente di queste informazioni, né i media parlano di possibili problemi legati a una cattiva conservazione del ghiaccio. Perchè?
È un gap tutto italiano, perché nel resto del mondo ci sono diverse associazioni internazionali che si preoccupano di promuovere il consumo e la produzione di ghiaccio sicuro. Nessuno si è mai chiesto quale sia la provenienza di quello che mangiamo, perché molti non hanno idea di come venga prodotto il ghiaccio e di quanto possa essere sporco il processo stesso di produzione. Forse, a livello inconscio, l’idea della freschezza del prodotto non viene associata a potenziali contaminazioni.
 
Quale può essere la soluzione a questi problemi?
In maniera sensibile dovrebbe esserci un’attenzione molto più alta da parte degli Enti preposti al controllo igienico-sanitario e delle autorità competenti, affinché si utilizzi del ghiaccio la cui tracciabilità sia nota, o perlomeno un esercente abbia l’accortezza di autoprodurlo seguendo il regolamento ministeriale. Da parte sua il consumatore, se individua del ghiaccio anomalo dal punto di vista estetico e tecnico, dovrebbe chiedere spiegazioni all’esercente e pretendere che le bevande siano servite con ghiaccio adeguato agli standard igienici medi. L’esercente, dal suo punto di vista, dovrebbe avere un’etica molto forte e capire che sta danneggiando non solo la sua immagine ma anche la salute del consumatore, a cui viene fornito un prodotto di scarsa qualità.
 
Puoi elencarci, in sintesi, almeno 5 buoni motivi per preferire il ghiaccio alimentare certificato a quello di dubbia provenienza?
-L’igienicità del prodotto stesso
-La certezza della tracciabilità dell’alimento
-Un aspetto più accattivante
-Un ghiaccio insapore e inodore
-Per gli esercenti acquistare un ghiaccio certificato può essere anche economicamente più conveniente di un’autoproduzione non ottimale


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