Il direttore di banca che divenne cuoco: ecco Andrea Lombardini dell’osteria Al Turbine

Pubblicato il 4 luglio 2017

Il direttore di banca che divenne cuoco: ecco Andrea Lombardini dell’osteria Al Turbine

Arrivato al successo professionale ancora molto giovane, come direttore di banca, Andrea Lombardini si è un bel giorno licenziato per dedicarsi anima e corpo alla passione che, storicamente, scorre nel DNA della sua famiglia: la ristorazione. Da allora sono trascorsi dieci anni, durante i quali il direttore di banca diventato cuoco ha preso in mano l’Osteria Al Turbine, oggi un punto di riferimento per la cucina di terra e la carne alla griglia nella campagna moglianese. Una storia bella, romantica, che trasuda vero amore per un mestiere in cui la gratificazione è inesorabilmente proporzionale alla voglia di sacrificarsi.

Andrea, la ristorazione per te si può definire la tua seconda vita?
Beh, in un certo senso si può dire che io sia nato in un ristorante: mia mamma ha fatto la cuoca per cinquant’anni, mentre mio padre, un riminese trapiantato in Alto-Adige, già a dodici anni lavorava in sala in un ristorante a Cortina D’Ampezzo. Personalmente, invece, da direttore di banca mi sono licenziato dieci anni fa, e sono tornato a fare questo lavoro qua, dopo averlo “assaggiato” da ragazzo. 4 anni di gavetta gestendo coi miei il ristorante del golf di Villa Condulmer, finché nel 2011 ho deciso di spiccare il balzo: c’era l’occasione di prendere in mano, assieme a mia moglie, un’osteria del 1902, lo storico Turbine di Mogliano Veneto. Ed eccoci qua.
 
Che cosa avete mantenuto e cos’avete cambiato del locale?
Abbiamo mantenuto l’impronta dell’osteria tipica nell’arredamento: arte povera, travature lignee, tranquillità bucolica. In termini di cucina, invece, ci siamo affinati di anno in anno, facendo crescere la qualità del prodotto che proponiamo e impiattiamo per i nostri clienti.
 
Che rapporto hai con la tua clientela?
Questo è un locale piccolo: nonostante lo spazio ci permetterebbe di apparecchiare più coperti, soprattutto in estate nell’ampio giardino, noi preferiamo riservarci la possibilità seguire ogni singolo cliente nel migliore dei modi. In primis perché tutti, e dicasi tutti i piatti che escono dalla cucina sono rigorosamente espressi; e poi perché dal punto di vista del servizio teniamo molto a coccolare il meglio possibile ogni tavolata, ogni commensale. Il cliente deve uscire dal Turbine  soddisfatto del cibo, del vino, dell’ospitalità. Soddisfatto di tutto.

Ci parli un attimo degli altri membri della tua “squadra”?
Grande merito del successo del Turbine va innanzitutto a mia moglie Martina, che mi sostiene sempre, oltre a ricoprire un ruolo importantissimo nel ristorante. E poi c’è il resto della squadra: tutti lavorano con noi da anni, tutti aventi la forte passione che è seminale in questo lavoro: sono giovani ma già grandi professionisti, nessuno improvvisato.
 
Qualche specialità della casa?
La pasta fatta in casa d’ogni genere, coi sughi di stagione. E poi la tartare da 200 grammi, che batto personalmente al coltello, in giardino durante l’estate, vicino al caminetto in inverno: rispetto all’originale ricetta francese, questa è una variante più leggera, inventata da mio padre tanto tempo fa, e che io oggi tramando con piacere e soffisfazione.
 
E poi naturalmente la carne alla griglia, per cui siete famosi. Qual è il segreto?
Innanzittutto la frollatura: minimo 40 giorni, che diventano 60 per alcuni tagli particolari. E poi naturalmente la rigorosa selezione: impieghiamo solo carne che arriva da Consorzi altamente regolamentati (Piemonte, Toscana, etc.). Niente allevamenti di massa. La nostra chianina è vera chianina, mica carne spagnola spacciata per italiana, o tantomeno limousine francese…

Oggi, a differenza di una volta, il cliente è più esigente con la carne che col pesce. Come mai secondo te?
Beh, bisogna dire che il pesce nelle zone nostre è sempre stato offerta con una qualità media soddisfacente. Mentre mangiar carne, una volta, significava mangiare costicine, senza andar troppo per il sottile. Oggi c’è più cultura del cibo, e quindi c’è maggior ricerca della carne buona da parte del cliente.

Che differenza c’è tra fare il direttore di banca e il cuoco?
Come l’inferno e il paradiso. Questo lavoro io lo amo davvero. Amo le soddisfazioni che mi dà. Sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, di diverso, e quindi sperimento tanto. In banca facevo fatica a vedere un cliente uscire contento; qui, al contrario, succede sempre più spesso. Perché se prendi le persone per la pancia nel modo giusto, ti sanno gratificare in maniera unica.

  • INTERVISTA

scritto da:

Alvise Salice

Con lo pseudonimo di Kintor racconto da anni i miei intrattenimenti. Sport e hi-tech gli amori di gioventù; mentre oggi trovo che viaggiare alla ricerca di culture, gusti e sapori della terra sia la cosa più bella che c'è. O magari la seconda, via.

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