Alessandro Beggio e lo speakeasy del tempo al Time Social Bar

Pubblicato il 28 agosto 2017

Alessandro Beggio e lo speakeasy del tempo al Time Social Bar

Quando incontro Alessandro davanti al suo locale, in un fresco pomeriggio di agosto, il sole è già quello di fine estate. Mi accoglie con gentilezza, anche se sto per rubare del tempo prezioso all’accurata preparazione della linea per i cocktail della sera. Time Social Bar è ancora chiuso. Ci sediamo uno di fronte all’altra - io sul soffice divano in pelle - davanti alla vetrata che si affaccia su Rio Terà Farsetti. Parliamo a lungo mentre, con cadenza regolare, amici e clienti salutano Alessandro attraverso il vetro. Il locale ha da poco compiuto un anno, ma il suo posto in città l’ha già trovato. Ora sono davvero curioso di scoprirne la storia.

Com’è nata l’idea di aprire un locale come questo a Venezia?

L’idea nasce sulla scia del progetto Jerry Thomas partito da Roma. L’idea di approfondire non solo la tecnica, ma anche la storia della miscelazione mi ha affascinato molto. Anche se in Italia questo concept sta arrivando solo adesso, grazie a questo movimento - che trae ispirazione anche dagli speakeasy sorti negli States durante il proibizionismo - ho capito l’importanza di drink storici sottovalutati. Mi hanno aperto un mondo.

Beh, in città i locali di questo tipo si contano sulle delle dita di una mano…

È vero. Salvo alcune ottime eccezioni, fino a poco tempo fa il bartending era legato soprattutto ai grandi alberghi di lusso. Ci piace pensare di mantenere la stessa cura per il dettaglio, per la qualità dei prodotti e le ricette, rivolgendoci però a un pubblico più ampio e meno elitario. I clienti - anche se noi preferiamo chiamarli ospiti - e la loro soddisfazione sono il focus dell’attività. I protagonisti non sono quelli dietro al bancone.

Da dove nasce questa passione?

Vengo da una famiglia normalissima e non ho fatto sempre questo mestiere. Esperienze meno creative però, mi andavano un po’ strette. Ho sempre sentito l’esigenza di mettermi alla prova, magari uscendo dai soliti schemi, sviluppando allo stesso tempo un contatto sincero con gli altri e cercando di imparare sempre di più. Per arrivare qui ho seguito molti corsi, lavorato in molti locali (persino gratis, alle volte, pur di imparare) e soprattutto seguito la mia natura.

Cosa si nasconde dietro al nome del locale?

Prima di tutto volevo un nome semplice. Il tempo è la cosa più preziosa che abbiamo: tutto dipende da come scegliamo di impiegarlo. Oltre a questo, “Time” è facile da ricordare e non si riferisce a un unico periodo storico ben definito, è un concetto più generale. Nel momento della decisione di aprire questo locale poi, nonostante la mia anima più rock, ascoltavo spesso Time dei Pink Floyd - artisti senza tempo, appunto - e il nome mi è sembrato perfetto.

E Social Bar?

In controtendenza con un mondo in cui la parte “sociale” è legata sempre di più a internet e al virtuale, noi proponiamo un contatto vero, diretto. Qui si vive un’esperienza che va al di là dei cocktail. Ci piace interagire con i nostri ospiti, creare relazioni, condividere momenti. È la parte migliore del nostro mestiere. Puoi parlare con persone provenienti da tutto il mondo, ma alla base abbiamo tutti un patrimonio di storie ed emozioni comuni.

Che atmosfera si respira al Time Social Bar?

Mi piace pensare a questo locale come alla bottega di un artigiano. Non solo nell’arredamento, con il legno, il metallo, il pavimento in cemento, le finiture retrò e il divano che ricrea un angolo di casa. Anche l’attenzione che mettiamo nelle preparazioni contribuisce a restituire un messaggio chiaro: vogliamo offrire un’esperienza di qualità sotto ogni profilo.

Il dettaglio è fondamentale, insomma.

Proprio così. Andiamo alla ricerca dei migliori prodotti, dei distillati, degli spirits; scegliamo materie prime freschissime, seguendo la stagionalità; prepariamo noi gli sciroppi. Cerchiamo di seguire in tutto un procedimento artigianale. Siamo consapevoli che ogni drink ha bisogno del “suo” ghiaccio, così lo facciamo “in casa”. Se un cocktail dev’essere servito con la cannuccia di ferro, usiamo quelle. Ci piace non accontentarci mai e siamo consapevoli che ogni volta si può migliorare un po’.

A te invece, cosa piace bere?

Sono una persona semplice e mi piace circondarmi di cose e persone con le stesse caratteristiche. I cocktail non fanno eccezione. Ad esempio, un buon Daiquiri per me è perfetto: tre ingredienti che mettono in risalto i sapori puri. La semplicità vince sempre, anche se spesso significa andare in controtendenza con le mode del momento.

Cosa si può trovare sulla lista dei cocktail di Time Social Bar?

C’è chi propone liste interminabili con dentro di tutto. Noi preferiamo limitarci a una ventina di cocktail che aggiorniamo costantemente a seconda delle stagioni e dei momenti. Cerchiamo di offrire preparazioni diverse e di non concentrarci solo sul gusto: più sensi riusciamo ad attivare, meglio è. L’esperienza del drink per noi non sei esaurisce negli ingredienti e nelle ricette (quelle ormai si trovano anche in internet). Nel nostro menù trovi anche una storia che accompagna o ha ispirato quei cocktail e che completa il viaggio che si nasconde dietro la preparazione.

È da poco stato il primo compleanno del locale, in che direzione vorresti andare ora?

Abbiamo un sacco di idee ma, come per ogni cosa qui, vogliamo realizzarle nel modo giusto. Siamo soddisfatti del nostro lavoro e ci fa piacere ogni volta che qualcuno del nostro settore passa da noi e apprezza il nostro modo di lavorare. In futuro magari mi piacerebbe sviluppare di più la parte caffetteria - sulla quale, in passato, ho lavorato molto - e preparare una selezione di cicchetti gourmet che si sposino ancora meglio con la nostra proposta di cocktail.

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scritto da:

Giacomo Pistolato

Cinefilo e gattofilo, mi piace scrivere e osservare. Vivo e scelgo Venezia, quasi tutti i giorni. Non amo le contraddizioni. O forse si.

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