Tecnica, territorio e stagionalità: intervista a Marco Bortolini, chef al ristorante Da Gigetto

Pubblicato il 3 ottobre 2017

Tecnica, territorio e stagionalità: intervista a Marco Bortolini, chef al ristorante Da Gigetto

In centro a Miane, lungo la rinomata Strada del Prosecco, c'è un locale che ha fatto la storia dell'enogastronomia in Provincia di Treviso: il ristorante Da Gigetto. Qui, un pregiato menù territoriale, che muta di stagione in stagione, viene abbinato ad una cantina con pochi confronti, famosa a livello internazionale. A questa formula segreta si è sempre aggiunta la personalità della cucina, che oggi vive la sua terza generazione di chef. Marco Bortolini è un cuoco moderno, aperto alle correnti straniere, che lui però reinterpreta in chiave locale.
"Tecniche all'avanguardia, al servizio della tradizione nostrana": questa la sua filosofia ai fornelli. Infondo, a volte, costruire il futuro e lasciar vivo il passato sono la stessa cosa.
 
Ciao Marco, ci racconti un po' la tua storia professionale?
Io sono nato qui dentro, Da Gigetto. Sono cresciuto con la passione per questo ambiente, per questo mondo. Appena adolescente iniziai a lavorare sia per aiutare la mia famiglia, sia per mettermi due soldi in tasca. La prima vera esperienza però l’ho fatta con Fulvio De Santo, il grande chef che, dopo aver lasciato il Ristorante Cracco, si era trasferito a Padova. Lì l’ho affiancato in cucina per un anno, cercando ovviamente di imparare e assorbire tutto il più possibile: affiancare un maestro di questo livello era un’occasione unica.
 
Insomma, una gavetta nel mondo della cucina gourmet.
Esattamente. E posso dire che, per chi ama questo lavoro, quando inizi ad entrare in una cucina esclusivamente gourmet è fantastico, ti sembra di toccare il cielo con un dito. Da lì decisi di fare esperienza in soli ristoranti stellati.
 
Ci parli, allora, della tua filosofia culinaria?
Personalmente, qui, ho raggiunto un compromesso. Da un lato c’è un locale, il ristorante Da Gigetto, che ha una storia grandissima, una storia che non posso e non voglio ignorare: per questo motivo ho lasciato i piatti storici come la sopa coada, le lumache alla Gigetto, la pevarada. Dall’altro lato, però, ho pure cercato di dare un’identità più avanguardistica a tanti piatti. Seguo molto le tendenze in cucina, sia che siano legate al gourmet o semplicemente a “mode” alimentari che però interpreto in chiave territoriale, cioè sfruttando i prodotti e valorizzando i sapori della nostra terra. Mi piace poter pensare che uno sappia subito dove ci si trova semplicemente leggendo il menu.
 
Quali sono i prodotti che prediligi?
Cerco di selezionare chi mi fornisce la materia prima, prediligendo le belle realtà locali, sia per quel che riguarda le carni che le verdure. E’ importante avere un rapporto diretto con i produttori per avere un menu sempre in sintonia con il territorio e le stagioni. Ciò non toglie che mi piace contaminare il mio menu con eccellenze che vengono da lontano!

Ogni quanto cambi il menù?
Io le chiamo "le cinque stagioni": radicchio fiore d’inverno, erbette spontanee, asparagi, verdura estiva (il periodo più ricco di ortaggi), e funghi.

Sappiamo che, in gioventù, sei stato un giocatore di basket... Parlaci della tua “squadra”.
Haha, è vero... Nella mia brigata, comunque, siamo in 9: due persone agli antipasti, due ai primi, l’addetto alle verdure, due persone ai secondi, il pasticciere e poi io, che sono il responsabile della cucina. A questi nove, poi, si aggiunge di volta in volta altro personale a chiamata, che si occupa della banchettistica nel Brolo.

Ecco, il Brolo: voi fate anche tanti matrimoni, sfruttando questo giardino pazzesco.
Sì, il Brolo, scenograficamente parlando, è un valore aggiunto che spinge moltissime coppie a voler organizzare la loro festa nuziale qui, i Week End siamo sempre molto impegnati. Nella bella stagione inoltre organizziamo ogni mercoledì una festa che il prossimo anno festeggia la 10ma edizione, con musica live, DJ, street food e premium cocktail bar, i clienti arrivano da distante, abbiamo creato un atmosfera davvero unica e siamo davvero contenti.
 
Un altro vostro punto di forza è la sconfinata cantina. Quanto ti aiuta una carta dei vini così pregiata?
Moltissimo, perché non ne vengo vincolato. Quando io studio un piatto, e decido quali sapori e profumi dargli, poi ci pensano il sommelier e mia sorella Monica, curatrice della cantina, a scegliere i vini idonei per l’abbinamento.

Idee per il futuro?
Idee tante, ma in particolare vorrei diversificare la mia cucina in poche proposte ben distinte. Ossia avere un menu pensato per feste ed eventi, una proposta più facile per una serata informale, ed infine ampio spazio di lavoro per un menu strettamente gourmet. 

Insomma: ami scegliere con cura dove prendere spunto.
In molti ristoranti c’è la tendenza a importare quasi “di peso” le tecniche e addirittura i prodotti di una data cucina straniera in quel momento particolarmente di grido; io dico che è giusto prendere spunto da chi cavalca la cresta dell’onda, sì, ma poi bisogna saper reinterpretare quella data tecnica culinaria in chiave territoriale. Dobbiamo imparare a usarla per valorizzare i nostri prodotti e la nostra terra.

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scritto da:

Alvise Salice

Con lo pseudonimo di Kintor racconto da anni i miei intrattenimenti. Sport e hi-tech gli amori di gioventù; mentre oggi trovo che viaggiare alla ricerca di culture, gusti e sapori della terra sia la cosa più bella che c'è. O magari la seconda, via.

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