Che differenza c'è tra una birra artigianale da una industriale? Ce lo spiega Keith di Impronta Birraia

Pubblicato il 11 marzo 2018

Che differenza c'è tra una birra artigianale da una industriale? Ce lo spiega Keith di Impronta Birraia

‘L’Italia è un Paese vinicolo per questo, ancora oggi, si conosce poco la birra anche se se ne beve sempre di più. E non mancano i falsi miti”

C’è chi ancora non la conosce. C’è chi ne è interessato ma non osa chiedere. C’è chi si considera ormai un esperto in materia: è la birra artigianale, uno dei settori produttivi più in crescita oggi. Ma la conosciamo veramente? E cosa differenzia una birra artigianale da una industriale? Lo abbiamo chiesto a Keith di Impronta Birraia, uno dei templi della birra a Milano.

1- Ciao Keith, il consumo di birra in Italia è in continuo aumento. Secondo te questo è dovuto all'introduzione della birra artigianale? 
Sicuramente ha contribuito a focalizzare l’attenzione del consumatore su un prodotto differente. Questo perché l’Italia è, per tradizione, un Paese a vocazione vinicola quindi, fino a un centinaio d'anni fa, la birra era per lo più sconosciuta. Oggi, oltre a conoscere molto di più questo mondo si è affacciata all'orizzonte una produzione innovativa, che fa della qualità il bene ultimo: l'artigianalità. Si è sempre più informati ed interessati e questo è anche il motivo per cui grandi aziende, come la Heineken nel nostro caso, stanno porgendo l’attenzione a questo settore. Di certo queste grandi etichette non hanno alcun problema a costruirsi un birrificio artigianale per conto proprio: avrebbero mastri birrai ed una grande disponibilità finanziaria. Eppure si affacciano alla micro-produzione.

2- Perché questo accade?
Alcune varietà di birre artigianali non sono riproducibili su grande scala: un po' per il costo, un po' perchè dal gusto troppo particolare e "per le nicchie" di appassionati. In questo si differenziano i birrifici artigianali: possono seguire tempi di fermentazione lunghi, introdurre ingredienti particolari e preziosi che la grande distribuzione non fa.
3- In che modo è cambiata l'attenzione del consumatore?
Oggi l’italiano medio inizia a bere degli stili di birra, non una birra e basta. Così come per il vino, l’utente finale ha capito che ce ne sono tantissime tipologie e varietà diverse e impara a scegliere. 

4- E qui da Impronta Birraia quali sono le novità? 
Siamo aperti da ormai quattro anni e nel’ultimo periodo abbiamo apportato qualche novità. Come accennato poco fa, da poco abbiamo cambiato il nostro assetto societario e abbiamo ceduto la distribuzione ad Heineken. Il nostro birrificio è diventato una società agricola e la distribuzione è a carico di questa grande azienda che si è affacciata al mondo dell'artigianalità e ci ha scelto. L’abbiamo fatto per essere anche un po’ più presenti: aumentando la distribuzione si può anche abbassare il prezzo e offrire un prodotto di estrema qualità, a sempre più persone. La birra del nostro birrificio Hibu diventa, così, una crafty beer.

5- Ma quindi, spiegami meglio, qual è la differenza fra una birra artigianale ed una industriale? C'è differenza? 
La differenza di sicuro c’è. Sono due prodotti totalmente diversi. È come una mozzarella di marca e una mozzarella fresca. Sono due cose diverse. Però bisogna sfatare un falso mito: non tutta la birra industriale è di bassa qualità e non tutta la birra artigianale è di alta! Ovviamente dipende dal prodotto. Però la birra industriale viene prodotta per essere distribuita velocemente e quindi difficilmente si possono valutare in quel mondo birre a lunga fermentazione o particolari e poco "di massa". Il mondo della birra artigianale ha il vantaggio di poter proporre degli stili che industrialmente non possono essere presi in considerazione. Inoltre una delle differenze più grandi fra un prodotto e l'altro è che la birra artigianale è spesso meno gasata, ha un sapore innovativo e, soprattutto, "si sente di più", a parità di gradazione alcolica. È più intensa. 

NOTA DEL REDATTORE: Secondo la legge del 2016 che regolamenta il settore delle birre artigianali e ne definisce i contorni: "si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione. Ai fini del presente comma si intende per piccolo birrificio indipendente un birrificio che sia legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altro birrificio, che utilizzi impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro birrificio, che non operi sotto licenza di utilizzo dei diritti di proprietà immateriale altrui e la cui produzione annua non superi 200.000 ettolitri, includendo in questo quantitativo le quantità di birra prodotte per conto di terzi." Quindi secondo la normativa vigente un birrificio che non sia più del tutto indipendente (come Hibu che affida la sola distribuzione ad Heineken) non può più definire il suo prodotto "artigianale" anche se di fatto lo è nei metodi di produzione. Da qui nasce la definizione di crafty beer: una birra prodotta da un birrificio che non è del tutto indipendente o una birra dalle caratteristiche simili ad una birra artigianale prodotta da una azienda della grande distribuzione. Ricordiamo che si definisce indipendente un birrificio che non abbia quote di proprietà superiori al 25% in mano ad aziende industriali del settore beverage, a meno che queste non siano anch’esse birrifici artigianali. 

6- Quali sono gli stili di birra che oggi vanno di più?
Di certo la IPA. Il che è molto strano perché è quanto di più differente ci possa essere dalle birre industriali a cui eravamo abituati. Una volta si entrava in un pub e si chiedeva una semplice birra bionda, oggi si entra e quella più richiesta è la IPA. Quello a cui stiamo assistendo è un cambio di gusto radicale. 
 
7- Qual è, a tuo parere, il più grande equivoco sulle birre artigianli?
Spesso si pensa che il mastro birraio inventi una ricetta. Non è così: si reinterpreta una ricetta di base, probabilmente antica secoli. Si possono aggiungere o togliere aromi, modificare il tempo di fermentazione, utilizzare un luppolo piuttosto che un altro ma tutto sta nell'inventare qualcosa di nuovo a partire da una base che già c'è. Poi c'è chi lo sa fare e chi no

8- Raccontami qualcosa in più su Hibu. Che cosa produce?
Hibu è il nome del nostro birrificio, quello con cui siamo nati e che domina la nostra proposta di birra anche qui che a volte andiamo ad integrare con birre ospite. È una realtà iniziata nel 2007 grazie alla passione intramontabile di tre amici, che oggi si avvale di tredici collaboratori e che offre ben 30 etichette di sua produzione. I valori che porta avanti con sè sono genuini e semplici: amicizia, qualità, sostenibilità e fair play. Leali ai nostri principi, proponiamo birre tendenzialmente amare (la H di Hibu sta per “home brewer”, mentre ibu è l’unità di misura del lato amaro) da materia prima autoprodotta nei circa 40 ettari di campi tra Lombardia e Basilicata. Poi Hibu è per noi la squadra: la virtù che chiude il cerchio. La sua produzione vanta oggi 30 etichette e 4.000 ettolitri di birra. 

9- Quindi il meglio deve ancora venire...
Sì, Hibu e Impronta Birraia nascono da una infinita passione per questo mondo. Il nostro mantra è lavorare divertendoci e siamo convinti che solo così, e con professionalità, le nostre birre racconteranno di noi. 

Con una buona IPA in mano (l'abbiamo nominata tante volte, non potevo non assaggiarla) mi siedo ai tavolini esterni. Il tramonto mi coccola la vista e la birra rilassa i sensi. Saluto Keith e lo ringrazio per le belle dritte su questo mondo magico che è molto di più di una moda. 

  • INTERVISTA

scritto da:

Irene De Luca

Agenda, taccuino, registratore e macchina fotografica. Attenta alle nuove tendenze ma pur sempre “old school inside", vago alla ricerca di ispirazioni, di colori, di profumi nuovi per raccontare una Milano che poi tanto grigia non è.

IN QUESTO ARTICOLO
×