Ho un sogno: promuovere il buon bere e valorizzare la piazza di Torre a Mare

Pubblicato il 25 gennaio 2019

Ho un sogno: promuovere il buon bere e valorizzare la piazza di Torre a Mare

Intervista a Francesco Lisco del Tickety Boo

Abbiamo di fronte un ragazzo che coi suoi 28 anni non dimostra assolutamente tutta l'esperienza che ha sulle spalle e la competenza che ha tra le mani. Francesco Lisco è un treno di parole, di concetti, di storie e adrenalina che traspare sin da come gesticola mentre ti parla.
L'abbiamo incontrato nel suo angolo di paradiso a sud di Bari, a Torre a Mare, dove mentre lo intervistavamo passava oltre i suoi tanti premi vinti nelle competizioni per bartender, ma ci preparava un incredibile Grappa Sour Caraibico con profumi di chiodi di garofano, zucchero, agrume, e grappa Casta.


Qual è la tua formazione?
Nessuna! O meglio, nessuna istituzionale. Il lavoro sul campo è stata la mia vera esperienza, frequentare gente più esperta di me, partecipare ai loro seminari, gareggiare in concorsi, osservare ed incuriosirmi. Questo, per me, è il miglior modo di imparare.

Allora raccontaci i tuoi inizi.
Ho il diploma di Geometra, ma a scuola conclusa ogni estate diventavo il manovale di mio padre lavorando come piastrellista.

A 22 anni la prima competizione: UK Bartenders Guild



Come si passa dal geometra-piastrellista al bartender professionista?
Attraverso tanta gavetta. A 20 anni ho deciso di costruire il mio futuro trasferendomi all'estero per iniziare a lavorare al bar negli english pub per una grande compagnia inglese. Dopo un anno ho chiesto il trasferimento da Londra a Bournemouth, dove ho cominciato a lavorare come bartender fino a diventare team leader, supervisor e poi bar manager. Ho vissuto 4 anni in Inghilterra.

«In Inghilterra funziona al contrario che in Italia: ti assumono anche se non sai fare nulla, così da formarti da zero.»


Tutto questo senza aver mai fatto il barman?
Di più: senza nemmeno sapere l'inglese! Ho imparato tutto lì. In Inghilterra funziona al contrario di come avviene in Italia: da noi devi formarti per poter sperare di essere assunto (ammesso che poi non ti si dica che sei troppo formato o troppo vecchio). In Inghilterra invece - può sembrarci assurdo - ti assumono anche senza esperienza nel settore, anche se sei studente o hai un altro impiego. Il loro training aziendale interno è in grado di formare da zero, da subito, un nuovo dipendente.
In Inghilterra devo i miei inizi a Justin Fearn e al Maestro Carl Munhawa.

Al lavoro a Bournemouth


Dall'Inghilterra hai poi sentito il richiamo di Mamma Italia?
Avevo deciso di trasferirmi a Praga, ma per vari motivi sono tornato in Italia ed ho sfruttato la scia delle stagioni estive ed invernali per lavorare tra Rosa Marina, Torre Canne e Cervinia. Successivamente ho fatto un'esperienza di 7 mesi a Las Palmas de Gran Canarie presso la Azotea de Benito, e poi via per Sestriere come bar manager al Principi di Piemonte. Il 14 Agosto del 2017 ho aperto il mio Tickety Boo.

Eccoci qua! Cosa vuol dire "tickety boo", il nome del tuo locale?
È una frase idiomatica utilizzata per lo più in Australia. Significa: "It's everything ok, it's all fine", "va tutto bene!". Me lo disse una cliente tempo fa in risposta al mio chiederle come fosse il drink che le avevo preparato.

«Il bilanciamento del drink. È in questo il mio segreto.»


Hai un cavallo di battaglia tra i tuoi drink?
Ho un mio cocktail preferito da bere e da preparare, ed è lo Sparrow [il cui nome Francesco ha tatuato sul braccio e l'ha dato al suo cane. Ndr], ma se mi parli di "cavallo di battaglia" ti dico, però, che il mio must have è sicuramente uno stile di miscelazione che crea e riproduce drink freschi bilanciati.

Ti dedichi a questi drink in via esclusiva?
No, mi dedico anche a drink più secchi e diversamente bilanciati. Non tutti hanno le stesse preferenze. Il bravo bartender si ferma dove inizia il gusto del cliente; piuttosto io cerco di portarlo ad essere curioso su ciò che sta bevendo. La curiosità stimola l'apprendimento. Certo, potrei vendere Vodka alla pesca e Red Bull, e forse venderei anche più drink, ma se invece ti proponessi un Vodka Sour alla pesca e guaranà? Provalo!



Mi hai incuriosito sullo Sparrow. Come lo prepari?
Rum del Guatemala invecchiato, succo fresco di lime, passion fruit syrup (Roger 65 è il numero 1)  e Vermouth rosso. Lo ritengo ottimo, ed è best seller nel mio locale.

Che mi dici dello stile del Tickety Boo?
Tutto quello che vedi è nato senza un progetto o un vero e proprio "chiavi in mano", ma è nato quì dentro giorno dopo giorno. Come vedi la testa da geometra mi è un po' rimasta e ho ideato, progettato e costruito. Ovvio, mi sono affidato a falegnami e fabbri li dove non potevo, e soprattutto nella fase iniziale della progettazione Sissy e Nico, due designer, mi hanno aiutato molto a realizzare sulla carta le rappresentazioni 3D. Sai, qui lo spazio è limitato...

«Il bravo bartender si ferma dove inizia il gusto del cliente.»


...non sempre è un limite.
Infatti, l'ambiente ridotto mi aiuta ad entrare in sintonia col cliente, a parlarci e a realizzare per lui quello che il suo palato ama. Seguo molto la tecnica del tailor-made, che sta, appunto, in questo: nel creare un contatto con chi hai di fronte per capire ciò che realmente vuole, traducendo tutto in dosi ed ingredienti. Nel mio locale non devi avere pensieri: ci basta il nostro bel bancone, una serie di selezionate bottiglie, e basta; puoi accomodarti sulle altalene e goderti il tuo drink!
 
Cos'è per te questo locale?
Senza ombra di dubbio un luogo in cui promuovere la cultura del bere. L'Italia ha una grande tradizione gastronomica, e tutti ne siamo consapevoli. Siamo pieni di food blogger, di foodies, di trasmissioni sugli chef e sui ristoranti, ma quasi nessuno ha più memoria dei grandi liquori italiani; quasi nessuno ricerca il buon bere come ricerca il buon cibo. Forse sul vino, sulla birra qualcosina si sta muovendo, ma su liquori e distillati regna il disinteresse. Col Tickety Boo voglio far scoprire quei prodotti fermi sul mercato, ma di indubbio valore qualitativo. Qui ad esempio non troverai lo Jägermeister, bensì l'Amaro Guelfo, l'Amaro Sibilia, il Padre Peppe o l'Amaro Pugliese.

Hai sogni da realizzare?
Promuovere il buon bere grazie ad una ritrovata curiosità negli avventori, ma non solo: mi piacerebbe tanto fare di questa piazza un nuovo punto di incontro e riferimento. La torre del 1500 è il simbolo di Torre a Mare, e il mio sogno è quello di riuscire ad ottenere dal Comune la pedonalizzazione dell'area attorno ad essa, come qualsiasi centro storico, e riuscire a farla viverla e popolarla di giovani

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scritto da:

Mirko Galletta

La tastiera del pc per scrivere e quella del pianoforte per suonare, vagonate di documentari sull'arte assieme a libri letti, da leggere o rileggere, lo stereo canta i Doors, e io che stacco per farmi una birra e scoprire il nuovo locale appena aperto.

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