La Loggia: Nicola Bibbiani presenta l'osteria e bottiglieria di Pieve di Soligo

Pubblicato il 20 giugno 2019

La Loggia: Nicola Bibbiani presenta l'osteria e bottiglieria di Pieve di Soligo

“Un locale dove fermarsi. Fermarsi in tutti i sensi”. L’orgoglio con cui Nicola Bibbiani dipinge La Loggia Osteria e Bottiglieria 1891 di Pieve di Soligo, è tangibile in ogni sfumatura. Lo senti nell’ardore con cui ti racconta la sua storia, ti spiega la funzione dei dettagli d’arredo, ti mostra la sua eccezionale cantina di vini e il suo allettante menu di cicchetteria e cucina. Intervistare un oste, un personaggio così, in una cornice del genere, non è lavoro: è un aperitivo tra amici, col computer casualmente poggiato sul tavolo all’ombra di una loggia dell’ottocento.
 

Nicola, La Loggia è un progetto tuo e della tua compagna. Com’è partita la cosa?
Personalmente, all’interno del mondo della ristorazione sono da 35 anni. Da una decade e mezza con lei abbiamo il Perbakko, qui difronte, dall’altra parte della piazza. Però vedevamo sempre questo Palazzo, la Loggia del Mercato, risalente al 1804, nato per volere del Priore dell’epoca, e diventato punto di ristoro già nel 1891. Ci faceva voglia, e così abbiamo deciso di prenderci questa scommessa: riaprire uno dei luoghi più storici di Pieve di Soligo, in una chiave classica.
 
Una chiave classica….?
Traduco: un ambiente soft, dove venire a bere un calice di vino, a cicchettare, ad assaggiare i piatti di cucina… Piatti che vogliono riproporre La Loggia com’era alle origini: una locanda, un’osteria, con il profumo dei più tipici locali “trevisani” del secolo scorso. Certo poi, qualche correttivo non può, non deve mancare: diciamo che oggi questa è un’osteria al tempo stesso giovane e retro’, dove fermarsi. Fermarsi in tutti i sensi. Io la definisco un ristoro per il corpo e per l’anima. Ti siedi, ti bevi un calice di vino buono, ti rilassi, ti leggi uno dei libri che fan capolino dalle pareti, hai uno strumento di pregio da suonare, o da ascoltare, come il nostro pianoforte… E magari ti gusti un piatto di buona cucina tipica, leggermente rivista in chiave moderna.
 
Partiamo però dai vini, che paiono traboccare da ogni dove.
La nostra è una proposta a 360 gradi: tutti i nostri vini sono disponibili in bottiglia e, settimanalmente, li ruotiamo anche alla mescita. Siamo sulle 150 referenze, fra bianchi, rossi e bollicine. Tanti vini del territorio, curiamo molto il Veneto e poi la Toscana, che è la mia terra d’origine, da cui ho voluto portare Morellino di Scansano, Brunelli di Montalcino, Super Tuscan etc. Naturalmente la finestra sul Veneto è altrettanto importante, dato che viviamo qui da quasi 20 anni: quindi si va dalle bollicine, dai prosecchi del territorio, ai vini della Valpolicella, passando per il Soave, il Lugana… E poi abbiamo anche qualcosa del Collio e della pianura friulana, Porcia e dintorni.
 
Friuli-Venezia Giulia in terza posizione diciamo.
Beh, sì, senza dubbio. Abbiamo poi proposte dal resto d’Italia, comunque, come dicevo: tocchiamo tutte le regioni, dal Trentino-Alto Adige alla Puglia, passando per il Piemonte e le Marche. E poi 3 referenze francesi.
 

L’ambiente profuma senz’altro di “bei tempi andati”.
Abbiamo voluto dargli il sapore del passato: ci ha coadiuvato un architetto di Bologna, col quale abbiamo cercato di fare qualcosa di “materico”, inserendo più legno possibile, oltre ai libri antichi che vedi e al pianoforte da studio, disponibile naturalmente per chi voglia, o meglio chi sappia suonarlo!!
Tanto per farla breve: volevamo creare un posto dove non ti venisse mai voglia di attaccarti al telefonino.
 
Mission impossibile, ma naso direi che ci siete riusciti. Andiamo in cucina?
Ovvio. La nostra è una cucina stagionale, 50% di mare e 50% di terra. Prendiamo solo prodotti del territorio. Ad esempio il pesce arriva tutto dal mercato di Chioggia. Ogni venti giorni, al massimo ogni mese, variamo gran parte del menu.
 

Qualche specialità che va forte?
Il nostro polpo arrosto, che cuociamo a bassa temperatura per 4 ore, e poi lo grigliamo prima di servirlo. In tavola viene servito assieme ad una verdura di stagione, che può essere una spuma di piselli, una spuma di patate e limone, una crema di asparagi. Dipende sempre e comunque dalla stagionalità.
 
E un bel piatto di terra invece? Magari vegetariano?
Beh, ad esempio le nostre uova e asparagi rivisitate: tuorlo marinato, crumble di parmigiano, olio alla vaniglia e gli asparagi leggermente lessati. Giusto appena…
 

Non va più la verdura lessa-superlessa come una volta.
No, no, quello è il passato. Oggi la cottura dev’essere leggera, lasciare le verdure al dente, per non rovinare la materia prima. Va bene rivitalizzare le cose del bel passato, ma anche abbracciare gli insegnamenti positivi che la sperimentazione culinaria ci offre al giorno d’oggi.
 
Dolci fatti in casa?
Tutto. Abbiamo SOLO cose fatte in casa. La nostra specialità è la tartelletta al limone, una crema al limone con meringa fiammeggiata e cremoso al pistacchio.

Bene. Adesso facciamo aperitivo? Ma non con un prosecco: troppo scontato, e di sicuro per te troppo facile.
Come vedi hai l’imbarazzo della scelta in termini di formaggi e affettati. Ma se posso darti un consiglio, ti propongo la nostra tartare di fassona, che si presta benissimo in abbinata ad calice di Phigaia, il bordolese che al giorno d’oggi maggiormente spopola con l’aperitivo.
 
La prossima volta torno da privato cittadino… Mi consigli una serata particolare?
Eccome! Tieni d’occhio la nostra pagina. Un format che va molto forte, anche se non ha una cadenza periodica regolare, è “Poesia e Musica”: abbiniamo un menu a tema con quattro vini in degustazione, declamazione di poesia e/o musica del pianoforte. E poi ogni due mesi abbiamo la “cena a 4 mani”, in cui i nostri cuochi Sebastiano Brachi e Carlo Da Broi cucinano un menù specialissimo assieme a Roberto Franzin, il noto chef stellato!

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scritto da:

Alvise Salice

Con lo pseudonimo di Kintor racconto da anni i miei intrattenimenti. Sport e hi-tech gli amori di gioventù; mentre oggi trovo che viaggiare alla ricerca di culture, gusti e sapori della terra sia la cosa più bella che c'è. O magari la seconda, via.

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