Dorotea: la spaghetteria in cui qualità e amicizia marciano di pari passo.

Pubblicato il 27 luglio 2020

Dorotea: la spaghetteria in cui qualità e amicizia marciano di pari passo.

“Hai un amico in me, un grande amico in me”
Mai parole più sagge di quelle cantate da Woody e Buzz in Toy Story.

Soprattutto in questa precisa fase storica, la prima post-covid, sono i sentimenti e la necessità di trovare persone meravigliose a guidarmi, anche nel mio lavoro di critico gastronomico. Quindi, sulle note del classico Disney, mi sono lasciato condurre in una cittadina dell’hinterland barese, Bitetto, dove mi hanno segnalato una spaghetteria – bistrot particolarmente apprezzata, e non solo per l’ottimo cibo o il bere di qualità, ma anche per l’atmosfera allegra, domestica, casalinga. Ci si sente tra amici, tra vecchi amici. Merito di Antonio, il titolare, di suo padre e di tutti gli altri ragazzi della banda i quali, oltre alla preparazione indiscussa, sono dotati di una merce sempre più rara chiamata empatia. Bisognerebbe inserirla nelle guide dei ristoranti sta’ cosetta, l’empatia dico, altro che stelle Michelin.

Lasciata l’auto nell’ampio parcheggio, noto gli esterni moderni, pieni di verde. L’insegna poco dietro recita la scritta: Dorotea la Spaghetteria. Bene. Perché stasera, in questa piazza di Bitetto, circondati dalle piante, con sta bella frescura, ci azzeccavano proprio du' spaghi.

Come uno dei NAS, noto che tutte le accortezze anti-covid sono state prese: dalle mascherine al detergente sanitario, al distanziamento tra i tavoli con conseguente diminuzione dei coperti.
“Poco male” mi dice Antonio, con un sorriso che oltrepassa la mascherina sino a toccargli gli occhi. Una riga di capelli bianchi stride con il suo aspetto da eterno teenager: “Ho superato da un bel po’ i 30” - ammette - “ma i capelli grigi mi son venuti con il matrimonio”, e giù tutti a ridere.
Il locale è aperto da 13 anni. Se questo succede vuol dire che è un posto di successo in cui i clienti adorano tornare. Ok, Antonio, giovane vecho, namo che c'ho fame!


Prendo posto e subito arriva sul tavolo una bottiglia di vino di un'azienda del territorio condotta da giovani visionari, produttori di ottimi vini naturali.
Intuisco che qui al Dorotea ne sanno di materia prima. Tutto è km0. Prima ancora dei piatti a cantare è il territorio.

Ma c’è poco tempo per fare la filosofia (citaz. doverosa di nonna). Veniamo subito conquistati dagli antipasti. Sia freddi che caldi, emanano profumi strepitosi

Partiamo dal sushi non sushi (un roll pugliese) seguito subito dalle frisellone con burrata e salmone marinato all’arancia e pomodoro confit.


Quando arriva la saccoccia con le pettoline caldissime e sgranocchiose, torno bimbo. Non permetto alla fotografa di eseguire le foto di rito perché, rapace come un condor del Nebraska, ne fiocino due o tre, e in maniera truculenta, le divoro in un nanosecondo.
Completa questo dispiegamento di meravigliose bontà una focaccia home made ‘’altamurana’’ guarnita con ricotta, purea all’albicocca e lime, e gamberi.


Bene, uno stomaco normale potrebbe dirsi già soddisfatto. Tutto sto popo’ de roba, un ottimo vino, la serata piacevolmente fresca di Bitetto, immersi nel verde. What else? Chiederebbe il mio collega degustatore (un po’ meno bello del sottoscritto) George Clooney.
Ma il mio stomaco lo sapete che non fa prigionieri, si sa che è un pozzo di San Patrizio. E poi io so’ venuto qui pe' magnà du' spaghi! Antonio non mi lascia nemmeno il tempo di esternare questo desiderio che giunge in tavola una prima sperlunga traboccante di spaghetti.


Una champions league piena di dobloni d’oro sarebbe meno prestigiosa: Spaghetti trafilati al bronzo di un piccolo pastifico murgiano, fonduta di caciocavallo, mollica di pane fritto, capocollo e funghi. Io godo a mangiarli, tipo aspirapolvere umano, emettendo il suono caratteristico del risucchio, garanzia di apprezzamento.


L’altro primo ci porta al mare: spaghetto, pesto di fiori di zucca, nocciole, menta, battuta di crostacei nostrani e bottarga. Che dire, senza parole. A Bitetto il mare non c’è, eppure mi sembra di sentirlo, in lontananza, come se tutto il Dorotea fosse una grande conchiglia che ha intrappolato il rumore della risacca. Manca solo il tizio con la frase immancabile: cocco bello cocco fresco e il bimbo con il secchiello.

Prima di andar via, come suggeriva Lorenzo de Medici, tocca ai dolci.


Un semifreddo alla nocciola, fresco, cremoso e goloso, accompagnato dai meravigliosi elisir, una sfilata di rosoli, tutti prodotti dalla mamma di Antonio seguendo vecchie ricette che in famiglia si passano da generazioni. Io scelgo l’allorino ma anche lo cherry, il limoncello e il nocino sono uno spettacolo. 

Modo migliore per terminare una grande cena non c'era.
Viva il Dorotea e, come insegna la morale di Toy Story: viva l'amicizia.

  • RECENSIONE

scritto da:

Mario Pennelli

Annata 1988. Cantastorie professionista, consulente enogastronomico per hobby, sommelier per volere del fato. Ha scritto tre libri che glorificano la sua Patria, la Puglia. Da allora è in tour permanente, come i Rolling Stones o Albano, per raccontarla, permettendo così ai forestieri di scoprirla e agli indigeni di ri-scoprirla.

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