10 parole salentine intraducibili secondo gli utenti di 2night

Pubblicato il 4 marzo 2016

10 parole salentine intraducibili secondo gli utenti di 2night

Te lo ricordi quell’articolo sulle 10 parole salentine che non sono riuscita proprio a tradurre?
Sono stati davvero tanti i commenti di utenti che, oltre a quelli da me citati, proponevano altri termini per i quali cercare l’esatto corrispondente in lingua italiana è una vera e propria impresa. Allora eccomi qua, con il vocabolario salentino parte II, a elencarvi i 10 termini salentini intraducibili secondo i 2nighters. Vai col liscio:

Mai pe jabbu


Gianmaria ha scritto "mai pe jabbu”; qualcuno ha provato a tradurre jabbu come invidia o come disgrazia. In realtà il discorso è molto più complesso, ed è praticamente impossibile rendere il suo preciso significato, ma il senso è lo stesso dell’espressione “mai sia”, in riferimento a qualcosa che ci si augura non accada mai.

Se sta papariscia

Questa è la proposta di Andrea. Se sta papariscia si accosta un po’ a se sta prescia, ma con una sfumatura leggermente diversa. Indica chi sta lì a crogiolarsi soddisfatto per qualcosa di cui è fiero o che lo fa stare bene.

Sta squariu

Squariare vuol dire distrarsi, passare il tempo, perdere tempo in attività divertenti o anche temporeggiare.

Cutrubbu


Enrico mi ha ricordato un’espressione che mia nonna, fino a pochi anni fa, citava davvero ogni 3X2: “parlare intra lu cutrubbu”. Lu cutrubbu è una oliera da tavola, di latta o di terracotta, e parlarci dentro è una metafora per descrivere qualcuno che ha un tono di voce molto basso, difficilmente comprensibile.

Taluernu

La parola inserita da Francesco, taluernu, proprio non l’avevo mai sentita. Ho fatto un po’ di ricerche e ho scoperto che si usa per indicare un oggetto ingombrante e poco utile o, riferito a persone, individui di notevole presenza fisica ma di solito lente nell’operare, impacciate. Una variante linguistica è talornu.

Me la spruscia

Piero aggiunge alla lista, senza spiegarne il significato, questa espressione che personalmente non avevo mai sentito e di cui non sono riuscita proprio a capire il senso. Puoi aiutarmi a dissolvere questo dilemma?

Nchiummato


Dicesi nchiummato di una pietanza (di solito il pane) molto compatta perché scarsamente lievitata, che quindi risulta di difficile digestione per la sua pesantezza; può riferirsi anche al naso, nel caso di una difficoltà di respirazione dovuta a una forte costipazione. Dalla stessa radice, anche la parola chiummu, da qui l’espressione “è nu chiummu”, cioè “è un peso”.

Ntissicare 

Tarin rilancia con “ntissicare”, detto anche “ntisicare”, che vuol dire striminzirsi, deperire in maniera grave. Deriva dal nome della tisi, nota malattia utilizzata nell’espressione “ci cu ntisichi” come cattivo augurio.

A onza a onza

Tania ci ricorda la locuzione a onza a onza, che corrisponde a “a poco a poco”, e deriva dall’antica unità di misura di derivazione latina, l’oncia.

Reggettu

Variante di riggettu, è la proposta di Angelo, e vuol dire “pace, tranquillità, tregua”. Nu sta trou riggettu si dice di quando si è in un momento di insoddisfazione e notevole smania per i più svariati motivi.

Foto di copertina: Paolo Margari su Flickr CC

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scritto da:

Grazia Licheri

Le parole sono gocce che muovono il mondo. Per questo vivo ogni giorno le mie emozioni e lascio che prendano forma attraverso la scrittura. Amo comunicarle agli altri attraverso racconti e articoli creativi, ma soprattutto… amo la musica e il buon cibo.

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