Quando sai chi sei e da dove vieni, il futuro ti appare più delineato. Certo, le difficoltà non mancheranno, ma questa consapevolezza di sé è fondamentale per raggiungere i propri traguardi. Una descrizione questa che calza a pennello per Paolo Ciullo, storico pizzaiolo e titolare, assieme a sua moglie Susy Colascione, di 'A Puteca

La storia di Paolo affonda le proprie radici in un passato lontano, fatto di lavoro e di sacrifici; una storia che Paolo si è caricato sulle spalle portandola fino ai giorni nostri.

Siamo andati ad incontrarlo, per andare alla scoperta dei suoi segreti, delle sue idee e della sua passione, che ogni giorno trasmette nel lavoro. Una chiacchierata mai banale, attraverso la quale Paolo ci ha raccontato la filosofia che c'è alla base del successo di 'A Puteca e molto altro.

La tua è una storia che parte da lontano. Qual è stato il tuo primo approccio con il piatto più famoso del mondo, la pizza?

Stranamente i ricordi che mi riportano all'infanzia non sono legati alla pizza, ma alla panificazione vera e propria. Quando ero piccolo vivevo quella che era la realtà della mia famiglia, la nostra bottega, il piccolo panificio che i miei avi avevano fondato e che per generazioni si era tramandato. Ricordo le passeggiate con mio padre che terminavano sempre nel forno di famiglia, dove c'erano i miei zii che impastavano, condivano la pizza nella teglia, preparavano il panino napoletano, il casatiello nel periodo pasquale e molto altro. Sono cresciuto con quelle emozioni e vedevo negli occhi di mio padre la soddisfazione nel vedere un ragazzino che cominciava a mettere le mani in pasta, anche se solo per gioco. Poi ho avuto tante altre esperienze ed ho iniziato questo percorso con la famiglia di mia moglie, con suo padre che è stato un pizzaiolo storico a Firenze, una figura importante in questo panorama, quando la pizza era ancora "La pizza" e non tutta una serie di cose che oggi è diventata. E io ho avuto la possibilità e l'onore di potergli stare vicino durante il lavoro.    

Tu vieni da una famiglia di panificatori. Quanto è importante questo aspetto e in che modo sei riuscito a portare questa tradizione di famiglia fino ai giorni nostri?

Sono sempre stato appassionato dall'arte "bianca" e sentivo il desiderio di far uscire fuori i miei sentimenti attraverso il prodotto. Vedere il processo di lavorazione di un qualcosa che nasce, cresce e finisce al tavolo dei tuoi clienti, realizzato dalle tue mani, è un modo per far sentire alle persone quello che hai dentro esprimendolo su una pizza. Così io mi racconto tutti i giorni, anche semplicemente quando stendo il pomodoro sulla pizza. È un modo per dire alle persone che io sono così, una persona naturale, semplice e trasparente. Tutte queste cose non puoi raccontarle solo attraverso la panificazione, mentre per me la pizza è come una tela bianca, sulla quale puoi disegnare e raccontare di tutto.
 
Questo è possibile anche grazie ai miei collaboratori, che sono parte integrante di questo progetto, come Fabio Savoia e mia moglie Susy. Siamo un gruppo legato paradossalmente dalla stessa cosa che io cerco di tramandare ad ogni persona che lavora con me, cioè i nostri ricordi. Tra di noi si parla tanto, ricordando quello che facevamo da bambini, le nostre origini. E su questi ricordi cerchiamo poi di creare ed elaborare nuove idee.

Nel 2023 sei apparso sulla rivista Panificatore Italiano come un punto di riferimento nel mondo della panificazione. Inoltre, sei stato chiamato al SIGEP (Salone Internazionale Gelateria, Pasticceria, Panificazione artigianali) per parlare dell'idratazione nella pizza napoletana contemporanea. Di che cosa si tratta?

Siamo stati scelti perché da tempo utilizziamo i loro prodotti che, nel panorama del mondo della pizza sono i migliori in assoluto. Sono duttili ad ogni tipo di impasto e di realizzazione. Collaborando con loro in parte attiva siamo quindi stati chiamati per parlare di quanto possa essere importante l'idratazione all'interno dell'impasto, che gioca un ruolo fondamentale: in primis per la fermentazione dello stesso e poi soprattutto per la digeribilità e la scioglievolezza. È ovvio che a tutto questo deve essere abbinato sempre un prodotto di altissima qualità, perché altrimenti determinati risultati non riusciresti ad ottenerli. 

Noi lavoriamo prettamente con farine realizzate con germe di grano, la parte più nobile del grano che non viene alterata; questo fa in modo che il prodotto sia ricco di magnesio, zinco, potassio e che abbia una scomposizione chimica nel nostro corpo maggiorata e un migliore assorbimento di acqua. In questo modo è possibile realizzare ogni tipo di impasto, dalla scrocchiarella romana alla pizza in pala, fino alla contemporanea napoletana.    

Cosa rende la tua pizza differente dalle altre che è possibile trovare in giro per la città?

La conoscenza!

Parlaci del tuo rapporto con i clienti e di come viene recepita la tua filosofia di lavoro

Siamo sempre stati dalla parte dei clienti e per me la cosa fondamentale per chi fa questo lavoro è la trasparenza: la trasparenza riguardo ciò che realizziamo, come lo trasformiamo e come lo vendiamo. Oggi assistiamo ad un mercato con prezzi variabili, che un mese possono aumentare e un mese possono calare, come avviene ad esempio con il fiordilatte. Se guardi il nostro menù puoi trovare delle correzioni nei prezzi che riguardano alcune pizze; alzando il cartellino con la correzione, sotto troverai un prezzo più alto rispetto a quello attuale, perché il costo di alcune materie prime è diminuito. Questo lo faccio perché sono un padre e per portare i miei figli a mangiare una margherita non devo spendere 150 euro. Io sono cresciuto con questi valori e mio padre, che era un operaio, ogni giovedì sera ci portava a mangiare la pizza dopo una settimana di lavoro, sapendo di non essere spellato. 

Oggi quello che ci premia è proprio questa onestà e questa trasparenza e io non posso vedere un padre di famiglia che esce da qui dentro dopo aver speso 150 euro per quattro margherite. 

Al giorno d'oggi c'è ancora spazio per la sperimentazione nel mondo della pizza?

Io credo di sì, purché sia fatto sempre con la conoscenza. I molini si aggiornano, il mercato cambia e anche le esigenze dei clienti. Nel mio locale non avrei mai pensato di fare il padellino croccante, che è una pizza alternativa rispetto alla classica, eppure oggi siamo leader su Firenze per quanto riguarda questo piatto. Perché lo facciamo in un modo innovativo: utilizziamo sei farine di forza, che contengono principi nutrienti importanti, e abbiamo introdotto il mais corvino all'interno dei nostri impasti, un mais nero che in agricoltura si stava perdendo. Quindi sì, c'è sempre spazio per la sperimentazione. 

Cosa consiglieresti quindi a chi vuole intraprendere questa professione?

Che non deve pensare solo ai soldi. La gavetta l'abbiamo fatta tutti. Bisogna lavorare, porsi degli obiettivi, portare avanti quelli che sono gli impegni e non buttarsi giù al primo ostacolo. Questo è un lavoro impegnativo, duro, però è un lavoro che ti regala grandi soddisfazioni. C'è stato un ragazzo che ha lavorato da me, al quale ho insegnato le basi e oggi ha una pizzeria a Pisa. È stato qui a trovarmi, mi ha abbracciato e si è messo a piangere, perché questo è il valore che io ho cercato di insegnargli. Non devi abbatterti; se la pizza esce male ne fai un'altra. Se è qualcosa che tu senti dentro devi portarlo avanti, perché un domani potrà essere qualcosa di importante. 

Qual è infine l'aspetto che più ti soddisfa del tuo lavoro?

Sicuramente la considerazione dei nostri clienti, lo stupore che vediamo negli occhi delle persone quando gli arriva la pizza al tavolo. Quella è una boccata di ossigeno, quando ti porto la pizza e tu dici: “Ua"! Perché senza paura di essere presuntuoso, posso affermare che siamo la migliore pizza di Firenze.

’A Puteca
Via Vincenzo Gioberti, 170 - Firenze
Telefono: 0552025712
 

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