Un personaggio eclettico, cangiante, imprevedibile al servizio della semplicità e della sua terra. L'idea della cucina di Gianluca Parata, non lascia spazio a ovvietà: inventare è molto meglio di rivisitare

Una cucina appassionata e ricercata che parla della sua vita, del suo modo di essere così eclettico, cangiante, imprevedibile ma saldo, inquadrato e indissolubilmente legato alle tradizioni della sua terra e della sua famiglia. Gianluca Parata aveva un futuro da musicista ma qualcosa, nella sua vita, ha scelto per lui. Forse la sua smania di conoscere, di misurarsi, di aprire la mente, forse semplicemente il suo talento che, ad un certo punto, si è fatto spazio prepotentemente rendendolo uno degli chef migliori di questa terra. 
 
Nel Salento patria dei sapori e da poco anche delle eccellenze gourmand, sono tante le realtà che non ti aspetti, fatte di uomini e donne coraggiosi che hanno viaggiato, si sono formati lontani dai loro affetti e che hanno avuto l’ardire di realizzarsi partendo dai lavori più umili. Le fatidiche “stagioni” fuori che in tanti hanno vissuto ma per pochi, sono state un vero punto di partenza da cui spiccare il volo. Parata è uno di loro, diventato chef a soli 22 anni con una formazione musicale e una vita a creare melodie con pentole e bollitori, musica per il palato s’intende e tra le migliori mai provate. Lui è un artista a 360 gradi. 
 

«La mia idea di cucina è la semplicità. Ho avuto la possibilità nella vita di conoscere tanti tipi di cucina, più tecnica, più gourmet, più elaborata. Ma, la più vera per me è quella in grado di esaltare il sapore di ogni ingrediente attraverso preparazioni apparentemente semplici». 

 


Quando arriviamo da Avoglia, il suo ristorantino nella bella Taviano, la città dei fiori, sentiamo forte un profumo di pulito «Stiamo facendo le grandi pulizie settimanali, sai? Sono un po’ maniaco per queste cose» mi dice lui. E questa ossessione la ritroviamoo nei suoi piatti: «Nelle mie proposte di pesce non troverai mai spine, carapaci, gusci. I miei clienti non devono sporcarsi le mani». È una filosofia specifica questa, probabilmente non amata da tutti ma è qualcosa che parla di lui e delle sue ispirazioni e insieme delle sue manie. 
 

«Le ricette gourmet non devono intaccare la tradizione. O cucino una ricetta così com’è o invento completamente un piatto».  

 


Quella di Parata è una cucina di territorio, nato e cresciuto tra Taviano e Gallipoli, porta a tavola la sua idea di semplicità, un concetto diventato difficile nell’era delle “rivisitazioni”. Tra le sue manie, oltre alla pulizia, c’è la territorialità, la provenienza e la filiera dei prodotti. Grande appassionato di carne cucina il pesce per onorare le sue origini gallipoline. Nel suo menu troverete le orecchiette fatte in casa “con il dito”, callose, rigorosamente con braciole di maiale e sugo di pomodoro fresco, coltivato dai suoi contadini di fiducia. Mentre dalla vecchia ricetta del nonno pescatore dei capellini, aglio, olio, alici e pane abbrustolito nasce la sua versione: aglio, olio, tartare di gambero con limone verde (non lime, sottolinea) e bacche di Sichuan oppure la sua profumatissima zuppetta di pesce in pasta “mbiscata” con tutti i piccoli pesci di paranza rigorosamente puliti e una spolverata di pomodoro in polvere, essiccato per 6-7 ore con i suoi rami verdi e profumati.


Tra i secondi troviamo dei piatti impressionanti per la loro complessa semplicità. Pesci appena pescati tra cui ricciola, tombarello, capone o lampuga, scottati con il loro stesso grasso, sfumati con salsa di pompelmo e serviti affumicati nella campana fumante di erbe spontanee bruciate, quelle che lui stesso raccoglie sulle rocce vicino al mare. Anche le carni sono di provenienza certificata, quelle lavorate sono fatte da Parata in persona e arrostite solo con legna di ulivo su un braciere antico. Tra i piatti presenti in menu ci sono delle gustose costolette di agnello cotte con zucchero canna, succo d’arancio e salsa di soia. Un’autentica glassa dal colore scuro che richiama un’altra delle sue passioni, la cucina giapponese. E l’arte nipponica di trattare il pescato. 

«I dolci li faccio solo ed esclusivamente io. Sono la mia cura, la mia calma». 

 


E che fai poi? Il dolce non lo prendi? Si legge nel titolo della sezione dessert dove il Babà è fatto in casa, «mi diverte osservarne la lievitazione» ridacchia. Il tortino, fondente a modo mio viene da un’antica ricetta della torta caprese ma è senza farina e senza burro. E, lasciate i cucchiaini voi ch’entrate, qui il tiramisù è da inzuppo, i savoiardi di Parata somigliano più a delle “pastarelle” da latte nell’aspetto ma nel sapore sono buonissimi, un esperimento ben riuscito insomma che ha creato dei biscottoni belli grandi, per raccogliere quanto più mascarpone possibile dalla coppa. Anche quello fatto da lui, quasi liquido. Come la sua realtà, sempre diversa, sempre piena di colpi di scena, come il suo essere dove, citando Bauman, “il cambiamento è l'unica cosa permanente e l'incertezza è l'unica certezza”. 



Avoglia, chef Gianluca Parata - Via P E M Curie, 1 - Taviano (LE). T: 3773284446

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