La storia di Lino Marchese nel mondo della mixology inizia precocemente, con un colpo di fulmine al Grand Hotel Parker's di Napoli durante la stagione estiva da commis. Un innamoramento che, dopo anni di esperienza in Italia e all'estero, torna in scena nel prestigioso palcoscenico dell'Oriental Bar & Bistrot all'Hotel Metropole di Venezia. Perché: "Prendersi cura di sé ed entrare in empatia con il cliente è un tassello fondamentale dell'essere barman. Durante il servizio si entra in scena ed ogni giorno è diverso dal precedente". Una carriera costellata di successi, quella di Marchese, con un sogno nel cassetto: passare alla storia come inventore di un drink rivoluzionario, destinato a diventare un classico. E per i tanti giovani desiderosi di aprire il sipario sul mondo della miscelazioni, il consiglio must è: "Guardate il film Cocktail con Tom Cruise"

Lino, cosa significa essere barman nel 2023? Sembra che servire un ottimo cocktail non sia più la sola abilità richiesta.

Esattamente. Spesso si tende a concentrare tutta l’attenzione sull'esecuzione, perdendo di vista la connessione con il cliente, invece ci vuole completezza. Tra le doti fondamentali del barman c'è l'empatia, anche quando ci si sveglia con il piede sbagliato, la missione non cambia: regalare un'esperienza, che vada oltre al cocktail, al meglio delle proprie possibilità. Dunque ci si presenta sempre curati nell'aspetto e predisposti all'ascolto, al consiglio e, se la situazione lo richiede, alla battuta. In poche parole, si entra in scena.

E il tuo palcoscenico è quello dell'Oriental Bar & Bistrot dell'Hotel Metropole di Venezia. Ci racconti qualcosa? 

Lo adoro. Ho lavorato, con diversi ruoli, in molti cocktail bar prestigiosi, da Londra a Dubai, in Spagna, in Sudafrica, a Milano, a Firenze… prediligendo sempre l’hotel bar, anche di grandi volumi, ma credo nella tipologia di bartending dove la miscelazione diventa un'esperienza e l'Oriental Bar & Bistrot del Metropole di Venezia mi permette di metterla in pratica. È una realtà eclettica, una destinazione ricercata con un'identità forte che unisce Venezia ed Oriente. C'è tanto sentimento perché Antonio Vivaldi compose qui i suoi più celebri capolavori, c'è la storia perché vi soggiornarono Freud, Proust e Mann, c’è l’arte. In un contesto come questo il cocktail va a dare maggiore impatto, a coronare l'esperienza. 

L'esperienza però può essere vista anche sotto un altro punto di vista. Quanta esperienza personale serve per diventare un bartender professionista di un certo livello? 

Tanta. Di solito si parte da una dose di curiosità innata che si sposa, in primis, alla creatività e devo dire che al giorno d'oggi le opportunità per svilupparla sono molte, anche grazie al giornalismo di settore, ai social network e ad eventi come concorsi, gare e convegni. La risonanza è tale che la cultura del bere bene è arrivata anche al consumatore che si fa sempre più esigente. Poi sono fondamentali la preparazione tecnica e la spinta verso l'innovazione.

A proposito di innovazione, quali sono i trend che andranno per la maggiore quest'anno? 

Direi l'utilizzo del vino nella miscelazione, soprattutto come veicolo per il food & drink pairing. Si passa dall'abbinamento tra vino e cibo a quello tra cocktail con il vino e veri e propri piatti di cucina. Un’altra tendenza è sicuramente l'uso dei distillati, vedi la grappa, che classicamente vengono serviti come digestivi, all'interno degli after dinner. Io ad esempio utilizzo il Limoncello con il Select per proporre un cocktail del dopocena che ha la mia firma.

Il Select, decisamente veneziano. Credi che il trend dei cocktail "territoriali", ora molto in voga, sia destinato a durare? 

Ne sono convinto, perché un cocktail deve raccontare una storia e la territorialità ne è parte integrante. Ad esempio chi approccia Venezia ricerca sicuramente un'esperienza italiana, ma per essere innovativi si deve puntare sul Veneto, sul veneziano, sul locale. Potrebbe sembrare un approccio in un qualche modo limitante, invece è esattamente il contrario: in questo caso la replica non esiste ed è il pensiero del barman che conta.

Un pensiero che parte dall'uso di ingredienti autoctoni? 

Tra i prodotti che preferisco e che sto utilizzando con successo c’è, appunto, il Select, un aperitivo storico veneziano dalla nota agrumata e molto versatile che dà carattere anche ai cocktail after dinner. Mi piace molto anche Gin Venice, del quale sono ambassador, un gin artigianale prodotto a Venezia che però include botaniche orientali, perfetto per Oriental Bar & Bistrot. Come dicevamo, anche il vino ha la sua fetta in miscelazione. In questo senso prediligo il Prosecco Doxe, ovvero "doge", di Terre del Dogado, ideale per lavorare in termini di drink e simbolo della storia della Serenissima Repubblica. 

Con queste tre eccellenze regionali ho creato il Selective, un cocktail signature all'Oriental Bar & Bistrot, ben bilanciato, molto fresco ed elegante, che funziona bene come aperitivo anche in fase pre-lunch.

Lo consigli spesso ai clienti? 

L'aspetto del suggerimento al momento dell'ordinazione è molto interessante. Per prima cosa bisogna saper raccontare il menù e coinvolgere il cliente nel suo percorso. Il lavoro però inizia prima, proprio dalla creazione del menù che deve tenere conto del pubblico di riferimento e delle sue caratteristiche, oltre che di una serie di variabili ulteriori. L'altra faccia della medaglia è rispondere alla domanda:"Cosa mi consiglia?". Per me, ricambiare la fiducia che mi viene data in quel momento, è sempre una bella sfida perché i gusti sono molto soggettivi. Ed ecco che il barman dev'essere in grado, attraverso le sue abilità e il savoir-faire, di raccogliere tutte le informazioni necessarie, tenendo conto del momento, del contesto e del luogo.

Leggo tra le righe che la scelta della drink list è un punto di partenza fondamentale, soprattutto in questo momento storico che vede l'utente finale più esigente e preparato. So che molte realtà si affidano, per questa ed altre esigenze, a consiglieri esperti...

Quello delle consulenze è un mio obiettivo per il prossimo futuro, ci si approda dopo aver lavorato tanto sul campo ed essersi costruiti un'ottima reputazione. Un buon consulente mette in gioco le sue doti di barman, come la conoscenza del settore e la creatività, per comprendere quali sono le esigenze specifiche e le potenzialità del committente. Anche a partire dall'audience. Chi è il consumatore? Cosa cerca? Questo è il punto di partenza per la costruzione dell'identità e del concetto del bar, per lo studio del menù e per impostare lo stile di servizio. 

Dai progetti per il futuro, andiamo a ritroso verso i tuoi inizi. Quando hai capito che nella vita saresti diventato un barman? 

Dalla scuola alberghiera, quando mi resi conto della mia estrema curiosità verso le etichette delle bottiglie che vedevo dietro al bancone di bar e ristoranti. Ma la vera scintilla si è accesa durante una stagione al Grand Hotel Parker's di Napoli: lì rimasi folgorato dal capo barman, dal suo fascino e dalla sua sicurezza, per me diventò una sorta di musa ispiratrice. E da quel momento capii di avere "la vocazione". A quei tempi, in Italia, il panorama della miscelazione non era molto emozionante, si lavorava soprattutto con i turisti, così decisi di guardare all'estero e la vera svolta arrivò a Londra, la patria dei cocktail, che nel 2005-2006 rilanciò i classici. Ecco il mio stile come barman: il twist on classic, ovvero la proposta dei grandi classici ma con personalità, la mia. Certo, ho creato e creo anche dei signature, per sperimentare ma anche perché il sogno di ogni bartender è quello di passare alla storia come l'inventore di un cocktail destinato a rimanere nella storia.

Hai qualche consiglio per chi vuole fare del bartending la sua professione? 

Avere passione, costruire la tecnica e occuparsi sempre del proprio pubblico. Bisogna essere disposti a confrontarsi con altri paesi, a viaggiare, ad imparare le lingue straniere e a gestire le proprie emozioni, soprattutto quelle negative, quando si è a contatto con la clientela. Lo stimolo continuo e la curiosità sono altrettanto importanti, così come la costruzione della propria identità di barman, il credo personale. A tutti, poi, consiglio di guardare il film Cocktail con Tom Cruise, è imprescindibile per la sua massima: "Everybody can pour a drink but not everybody can be a bartender". E bisogna tenere sempre presente che lo stile di vita del barman è, come dire, "unusual", non solamente per via degli orari, e che trovare un equilibrio tra professione e vita privata non è sempre semplice. Il bello è che ogni giorno è diverso dal precedente, ogni giorno è una nuova opportunità. C’è chi lo invidia.

Oriental Bar & Bistrot
Indirizzo: Riva degli Schiavoni, 4149 - Venezia
Telefono: 0415205044
 

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