Danilo, sei fresco di partecipazione al final show di Baritalia, nella rosa dei 50 finalisti. Ma facciamo un salto indietro: come sei arrivato a fare questo mestiere?
La risposta forse è un po’ banale perché tantissimi altri come me hanno iniziato allo stesso modo, quindi un po’ per gioco. Da ragazzino, dopo la scuola - io ho fatto il commerciale - mi sono ritrovato dietro il banco. Finchè poi non è scattata la scintilla, dopo un paio di anni di lavoro. Ed è scattata bevendo un drink in particolare, il Penicillin, un drink della nuova generazione nato nel 2006, a base di whisky, zenzero, sciroppo di miele e succo di limone fresco, uno di quelli che ha dato il via alla nuova Golden Age della miscelazione.



E prima di allora cosa avresti voluto fare?
Come tanti ragazzi, prima di allora non sapevo bene cosa avrei voluto fare: aspettavo un’illuminazione. Non mi ero prefissato quell’obiettivo: ho provato e l’ho amato.

Ad un certo punto hai fatto un salto dall’altro lato e sei diventato il responsabile della formazione di Sartoria degli Spiriti: come è successo?
Durante i primi anni di mestiere, mentre lavoravo, ho frequentato la facoltà di Lettere Moderne perché ho sempre avuto un’inclinazione verso la lettura e la scrittura. Avevo quindi già un’attitudine verso l’insegnamento e quando ho iniziato seriamente questo mestiere, in automatico è scattata questa propensione, perché credo che in qualunque lavoro si debba cercare di fare le cose al meglio delle proprie possibilità. Improvvisarsi dietro un banco è sempre sbagliato. Perché bisogna rispettare sia il cliente che tutto il mondo produttivo che abbiamo alle nostre spalle. L’alcol ha sempre fatto della storia dell’uomo e la miscelazione ha 200 anni di storia che vanno conosciuti e rispettati.


Quali sono, oltre alle competenze tecniche, anche le competenze “umane” che dovrebbe avere un buon barman per riuscire nel suo lavoro?
Dovrebbe avere empatia nei confronti di chi ha di fronte, mettersi in ascolto. E poi, anche se la risposta è scontata, bisognerebbe mettere un po’ da parte il proprio ego ed essere più concreti dal punto di vista umano, nel senso che ogni persone quando entra in un locale, ha bisogni e necessità diversi e quindi essere ricettivi rispetto alle necessità altrui può permettere di cambiare la serata ad una persona.

In questo mestiere bisogna anche essere duttili: i barman tendono ad inchiodarsi dietro alla propria postazione. In realtà bisogna saper fare tutto, essere dei bravi camerieri e conoscere anche il mondo del vino.

Molti poi ad un certo punto vivono questo mestiere come un sacrificio ma anni fa un barman più esperto di me mi disse: “devi immaginare che questo banco è il tuo mondo e le soddisfazioni devi prenderle da qui, dai tuoi amici che vengono per te, dalla tua capacità di inventare cose nuove e diventare un tutt’uno con il banco”. Se pensi che la tua vita sia lì fuori e non ti vivi il tuo presente e il tuo lavoro con il giusto approccio, ad un certo punto vorrai solo fuggire.

Qualunque mestiere ha i suoi sacrifici e il nostro va scelto semplicemente con consapevolezza.


A Sartoria degli Spiriti, oltre alla preparazione tecnica, cosa insegnate a chi frequenta i corsi?
In realtà le tecniche di preparazione dei cocktails sono forse il 20% di quello che diamo. Cerchiamo di dare una forma mentis adatta a gestire questo tipo di lavoro: la puntualità, l’ordine, la pulizia, la postura, l’atteggiamento, il lato merceologico, ovvero la conoscenza dei prodotti, come diventare più veloci e più precisi. Le ricette si possono dimenticare ma l’attitudine no. Perché la costanza e il sacrificio alla lunga premiano più del talento estemporaneo.

Hai percepito dei cambiamenti sostanziali negli ultimi anni di questo mestiere?
Sicuramente sono cambiate le necessità dei ragazzi che si approcciano a questo mestiere ma sono cambiate anche le abitudini dei clienti. Ma penso che sia una cosa temporanea: sono già successe in passato queste “crisi” ma la voglia di frequentare i bar da parte dei clienti non è cambiata.

Tu sei stato da poco a Montecarlo per la finale di Baritalia 2022, il laboratorio di miscelazione itinerante di Bargiornale. Come è andata?

È stato bellissimo soprattutto per il contesto perché, come dicevo prima, il nostro mondo deve diventare il bar, il banco, le relazioni che creiamo e stare lì con 50 persone da tutta Italia ma con gli stessi obbiettivi e gli stessi sogni, è un’enorme ricchezza per lo scambio di idee e opinioni. E in più a me piace anche la competizione in sé: nelle ultime fatte ho raggiunto ottimi piazzamenti ma l’obbiettivo vero è mettersi in gioco e portare avanti la propria idea di miscelazione. Bisogna farle soprattutto per andare oltre la propria zona di confort e avere degli strumenti di confronto al di là del proprio orticello per crescere e ridimensionarsi rispetto alla propria reale preparazione.

Qual è il processo di ideazione per arrivare al nuovo cocktail?
A volte parti da una intuizione, a volte da un nome, a volte parti e basta per poi andare a vedere dove vai a finire. A volte scattano quelle scintille che non ti sai nemmeno spiegare e butti giù prove per arrivare a qualcosa di tuo senza andare a cercare paragoni.
A Montecarlo ho portato avanti il concetto di sostenibilità, e quindi ho creato un drink che avesse a che fare con il territorio, in cui il protagonista era l’olio d’oliva, le foglie d’ulivo e i pomodori “da serbo”. È importantissimo girare e scoprire il mondo e nel 2022 l’ho fatto moltissimo per lavoro però a me è sempre piaciuto radicarmi nel posto in cui sono nato. Perché se tutti andiamo via, poi chi rimane?

Molti decidono di fare questo lavoro perché possono farlo ovunque, io invece l’ho fatto per non essere costretto ad andare via.

Sartoria degli Spiriti & Sartoria degli spiriti Academy - Via don Bosco, 39 - Lecce. T: 3452259964
 

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