C’è profumo di pomodori scattarisciati e pasta al forno con le polpettine piccole piccole come quelle della nonna.
Una scia odorosa pregna di ricordi che fa da guida, tra le vie del paese, Guagnano (Le), e ci lasciamo trasportare. Quant’è bello chiudere gli occhi, vagare verso il buono della vita, spolverare i ricordi e riconoscere nel caos la propria madeleine…
Tac! Si apre una porta e con essa un mondo di radici salde nelle origini e braccia aperte per includere, allargare, sentirsi mondo e colori.

Laboratorio di sapori e saperi

L’Orecchietta è tutto questo. Fucina di sapori e talenti, meltin’pot di culture e storie, percorsi di vita che s’incontrano e diventano secanti. È una storia di valore.
Se dal ’91, anno in cui aprì come laboratorio della pasta fresca a conduzione familiare, ad oggi che è buen retiro degli amanti dei sapori di una volta, cucina tradizionale à porter dov’è possibile anche sostare e degustare, seduti a tavolini fronte credenza, la storia dei sapori e dei saperi  è stata tutta un crescendo, c’è un lato emozionale che pur raccontato in queste righe, necessita di scoperta personale.
Perché ognuno potrà godere di sensazioni da fare sue, per arrivare al lato più debole e forte di tutti: gli affetti.
Abbandoniamo orologi e certezze, avanziamo leggeri e funamboli sul filo della salentinità, pizzichiamo tutti i sensi.
Si apre alle sette, qui. Ci si ferma giusto un attimo a rifiatare alle 14, e alle 17 di nuovo in pista. Per capire.
Si varca la soglia e arriva un coacervo di profumi che non si può spiegare, le sinapsi vanno in autonomia, l’acquolina rischia di far inceppare la favella, le mani agguanterebbero di ogni, gli occhi sono timonieri del viaggio e i suoni…bè quelli sono musica di un lavoro gioioso, incessante, che non conosce assoli ma colorate sinfonie.


Ci troviamo di fronte Simona, Ileana, con sorrisi non inclusi nel prezzo. Regalo della ditta.
Accolgono i clienti come a casa, Linda si occupa della parte amministrativa mentre suo marito Mino, coordinatore e mente di quanto esce dalla cucina, è contemporaneamente dappertutto. Corrono tutti eppure non trasmettono fretta. Il tempo qui è prezioso, è compagno, e si rispetta.
Sul calendario sembrano lontani gli anni in cui Lisetta e il marito Antonio Rosato diedero forma al loro sogni di acqua e farina, insieme ai figli Simona e Mino, tra sagne ‘ncannulatre, orrecchiete, tria e pizzarieddri. Eppure a star lì dentro, il tempo sembra solo essersi allargato per includere altri compagni di viaggio, nuovi sogni, e tanta tanta ricerca.
Superato il banco dove fanno bella mostra di sé primi e secondi e contorni e dolci e ogni ben di Dio preparato come fanno le mamme e le nonne di quaggiù, generosi di gusto e avari di chiacchiere, rispettando in maniera ferrea l’alternarsi delle stagioni e i frutti che offrono senza mai forzar la natura,  si apre pagina dopo pagina,  un mondo.

Integrazione


Ecco il laboratorio, incontriamo  Abdoulie, originario del Gambia.
“È qui da 6 anni, lavora regolarmente – racconta Mino -, si è sposato e ha messo radici qui. Manifestò interesse per la cucina, all’epoca dell’arrivo in Italia e dell’orientamento tramite Sprar. Ha imparato a fare le rape fritte a Guagnano ma è bravo anche con la pitta di patate, eh!”.


Poco più in là, un’altra coppia d’assi, Damiano originario di Guagnano, da 20 anni al fianco di Mino in cucina, e Siaka arrivato dalla Liberia, bravissimo a tagliare le verdure, con precisione chirurgica, con calma, in modalità zen, organizzati alla perfezione, una macchina con gli ingranaggi oliati a dovere che non si inceppa mai.
Passo dopo passa si arriva all’angolo della pasta fresca, intriso di ricordi: Lisetta e Antonio con i ferri del mestiere affastellano tria, sagne ritorte, purciddruzzi a Natale e chiacchiere a Carnevale, calmi e sorridenti.
È il momento di mettersi in panciolle, sedere al tavolino, sbocconcellare cotognata a pezzi e uva sotto spirito, circondati di ricordi fisici, pomodori gialli alle pareti e prodotti di nicchia sulle mensole (da portare  a casa o regalare tronfi) e scavare e nella timidezza di Mino e Simona per arrivare fino in fondo a questa storia.

Stagionalità e Freschezza

“Non abbiamo un menù, perché il prodotto deve essere locale, genuino, fresco, del momento – spiegano -. Abbiamo diverse alternative, questo sì, ma giornaliere e di stagione, si viene qui a scatola chiusa certi però di trovare rispetto e verità. Tutto si costruisce tutto al momento, parlare di cibo o preparare cibo è un  atto politico ed è un gesto d’amore,  perché siamo megafono per raccontare tanti piccoli produttori del territorio, della Puglia e in alcuni casi della Basilicata. Il 90% della materia prima è locale, dalla carne che non è da allevamento intensivo al pesce ai vegetali, dalla Basilicata acquistiamo salumi e caciocavallo podolico. C’è una persona che si occupa proprio di trasporti e spesa, ce lo andiamo a prendere noi il prodotto-base,  ogni giorno, e in base alla spesa prepariamo i cibi da asporto o quelli da preparare per chi si ferma qui a mangiare”.
E allora, se un giorno arriva lo spunzale, si prepara quello. Se c’è verdura selvatica di campagna “che è quella dal sapore migliore”, finisce dritta in pentola.
Inutile dunque chiedere prima cosa ci sarà nel piatto. Non è mistero, è verità.

Di quella parmigiana...

Anche la parmigiana di melanzane qui è un atto politico! “Combattiamo tutto l’anno per quest’antica pietanza  - racconta Simona -. L’ultima parmigiana in linea di massima si prepara durante la festività di Ognissanti, giorno più giorno meno, poi ci fermiamo e ricominciamo a maggio o  giugno perché la melanzana non è di stagione negli altri mesi. Togliere dal menù qualcosa che venderemmo a scatola chiusa significa prediligere qualità e verità, che sono valori e ingredienti non monetizzabili”.

Bottega dell'enogastronomia di qualità

Tutt’intorno un caleidoscopio di prelibatezze e leccornie, e ci si sente parte di un progetto nel momento in cui si raggiunge  questo luogo magico, si sceglie la pasta fresca dal cestello passa nel piatto con i condimenti che madre Natura dona, a seconda del periodo. Una mano generosa d’olio buono, il telefono magari riposto in borsa per sfuggire a inutili invadenze e il viaggio lento nella pugliesità disvela i suoi segreti.
Mmm…la zuppa di legumi con la bietola, il cavolo nero e i funghi, o la pizza rustica tanto gettonata da essere preparata più volte al giorno, la focaccia in tre varianti…
“Cipolla pomodoro olive e acciughe, poi quella senza acciughe e poi quella tonno olive e pomodoro, per non parlare della declinazione  con bietola, con friggitelli, con rape. Facciamo tutto ciò che si faceva in casa, le conserve, l’uva sotto spirito, la giardiniera con le carote di Polignano, i finocchi, la cipolla rossa in agrodolce, conserve tipo quella di mele cotogne, o limoni verdelli…”.

“Mangia ché si fredda”

C’è un tempo per tutto. Per ciarlare come per cibarsi. “Mangia che si fredda”, a L’Orecchietta, è l’incipit di una liturgia antica, di quei consigli premurosi delle mamme i tutti i tempi.
Non stupisce veder arrivare una famigliola trafelata e provata, proprio sul limitare dell’orario di chiusura. I componenti sono sporchi di fuliggine, hanno avuto un incendio in casa, la cucina è andata in  fiamme, riparano qui per un panino o qualcosa di veloce da portar via.
Ma la “compagnia” di casa apparecchia subito per tre, arrivano verdura e focaccia e vino buono. In sala, in bella vista, ci sono i nettari di punta di cantine locali (soprattutto dalle terre del Negroamaro, ma non solo), vini artigianali, oro di Puglia, Piemonte, Francia, chicche di piccole realtà di nicchia, come quelle dei vini naturali. Così un piatto di pasta ben condita si unisce ai sorrisi della solidarietà, e allo scambio di impressioni e coraggio.
Prossimità, si chiama. E amore, nelle sue molteplici – e sono tante a volerle vedere - declinazioni
Si chiude tutti con i dolci di Ileana, la famigliola e noi:  crostate con marmellata di uva, fichi, composte, torte morbide, con le mandorle, con le arance…che bellezza!

Turismo lento

Qui non si parla solo la lingua dell’artigianalità e dell’inclusione. Qui si fa anzi si riscopre il turismo lento, cura alla frenesia della contemporaneità. C’è chi a Guagnano arriva in  treno, in bici, fa un giro in piazza, in cantina, per i vicoli e poi viene a mangiare.
“Da noi non si mangia in maniera veloce, ma si assapora passo dopo passo, siamo l’idea opposta al fast food e alla tavola calda – precisano i fratelli Rosato  -. Quello che offriamo è un pranzo atipico, niente di freddo, si mangia nel piatto di ceramica, si sta a casa non in un locale. Noi andavamo a scuola, eravamo ragazzini, e la domenica si lavorava qui, siamo cresciuti nella bellezza e la soddisfazione più grande è stare in un borgo di provincia piccolissimo e vedere gente da ogni dove venire qui. Negli ultimi anni ci siamo allargati a una forma di piccola accoglienza di paese con due strutture ricettive a misura d’uomo i cui ospiti vengono  a fare colazione  a L’Orecchietta. Una colazione speciale, contadina a base di  pizza rustica, pomodoro giallo scattato, formaggi e  salumi e dolci della credenza”



L'orecchietta - Via Vittorio Veneto, 49 - Guagnano LE. T:0832705796

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