Sorridente e spiritoso, ma anche molto cordiale senza eccedere in formalismi e convenevoli, Jinsu ci ha guidati all’interno del suo ristorante Tara, istituzione milanese della cucina indiana in via Domenico Cirillo 16, alle spalle dell’Arco della Pace. Il locale sorprende ogni volta che varchi la soglia di ingresso, con tutti i suoi colori, le decorazioni e i disegni. A darti il benvenuto, il personale gentile e il bellissimo quadro raffigurante il Taj Mahal, una delle meraviglie del mondo, simbolo dell’India settentrionale, da cui arrivano tutte le ricette che trovi nel menù di Tara. E allora iniziamo il nostro viaggio in Oriente con Jinsu e i suoi racconti.



Ciao Jinsu, quando ha aperto Tara a Milano, e cosa c’è dietro la scelta di questo nome?
Noi abbiamo aperto l’8 marzo 1997, una data significativa perché è la festa della donna in Italia. Infatti, Tara è il nome di una dea indiana e significa stella. Il nome di questa divinità, tanto importante nella tradizione indù e in quella buddista, non ha dato solo il nome al ristorante, ma ritroviamo la sua essenza anche all’interno del locale, in tutte le decorazioni che rievocano le fiamme e il fuoco, e nelle statue in legno che decorano le pareti.



In tutti questi anni è cambiato qualcosa?
No, noi siamo sempre gli stessi. Io sono qui con Lal Makhna, il nostro cuoco da quando abbiamo aperto, e cerchiamo ogni giorno di rispettare il progetto iniziale. Vogliamo far conoscere la tradizione gastronomica indiana con un menù vario e completo che in questi anni abbiamo modificato davvero pochissimo, la nostra proposta piace così com’è.

Parlaci della vostra cucina.
I nostri piatti sono tipici dell’India del Nord, da cui proviene parte della nostra famiglia, e sono anche i piatti più conosciuti e iconici, come quelli tandoori e al curry. Le nostre ricette sono tradizionali, il piccante è vero piccante, proprio come lo mangi da noi.



Puoi dirci qualcosa in più sulla tecnica del tandoori?
La tecnica del tandoori risale al XVII secolo. Il tandoori è un forno in terracotta, ovale a forma di goccia, come quello che abbiamo in cucina. Qui cuociamo il nostro pane Naan e gli alimenti dopo la lunghissima marinatura con le spezie, l’aceto, lo yogurt o la panna. Nel forno la marinatura evapora quasi del tutto, lasciando le pietanze speziate ma delicate. I piatti così risultano saporiti, asciutti e croccanti.

E i piatti al curry?
Le ricette con il curry, a differenza di quelli cotti a tandoori, hanno come base una salsa, quindi sono più morbidi e meno asciutti, per questo solitamente vengono accompagnati dal riso e dal Naan. Alcuni sono più delicati, altri decisamente piccanti.



Quali sono i piatti più apprezzati dai clienti?
I nostri clienti ordinano principalmente piatti a base di pollo e verdura. Il Tikka Masala è una delle proposte più popolari. Si tratta di pollo che mariniamo con le spezie. All’inizio lo mettiamo nel forno tandoori, a metà cottura lo tagliamo in bocconcini (tikka) e lo condiamo con salsa yogurt, pomodoro e altre spezie. Concludiamo la cottura in pentola.

La vostra cucina è ideale anche per chi segue un regime alimentare vegetariano, cosa consigliate di solito?
A cena abbiamo diversi menù degustazione, tra cui quello vegetariano con molte delle nostre proposte: può essere ordinato e diviso al tavolo. Altrimenti, se i clienti apprezzano il piccante, consigliamo il Karai, un piatto a base di ricotta indiana saltata in padella con spezie, pomodoro e cipolla. Ma anche le polpette di verdure miste e le melanzane.



Per quanto riguarda le bevande, cosa proponete di tipico?
Sicuramente le nostre birre indiane. Abbiamo tre tipologie: la King Cobra, la Cobra e la King Fisher. Alternative un po’ diverse, ancora più tipiche, sono i tè caldi: speziato, allo zenzero e verde. Poi c’è il Lassi al mango con yogurt intero, sciroppo di zucchero di canna, polpa di mango frullato che consigliamo in accompagnamento ai piatti più piccanti, perché ne abbassa la piccantezza, oppure come dolce di fine pasto.

E i dolci?
Per concludere consigliamo il Coconut Barfi, dolce al cocco grattugiato nel latte o il Gulag Jamun, dolce tipico a base di latte, farina e zucchero. Questo è molto zuccherato. Oppure il nostro gelato indiano, il Kulfi al pistacchio, che è un po’ diverso da quello italiano: si fa cuocere il latte quasi quattro ore, sempre da girare per non farlo bruciare, poi si aggiunge lo zucchero, il pistacchio frantumato e una piccola percentuale di panna. Infine, il composto va in abbattitore perché il nostro gelato viene servito duro e freddo, tagliato a pezzettini.

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