Cristiano Giacometti gestisce il Capanno Beach Club da diversi anni e lo ha visto crescere e ritagliarsi uno spazio importante nel litorale laziale.

Un luogo dove il tempo si ferma e dove ogni istante vale la pena di essere vissuto. 


Cristiano, partiamo dall’inizio. Come nasce la tua avventura al Capanno?

Io al Capanno ci sono arrivato da cliente, pensa un po’. La vecchia proprietaria mi affittò quella struttura che vedi là dietro per farci una palestra. Io pagavo l’affitto, mi allenavo, conoscevo la spiaggia come frequentatore. Poi ho capito che lì c’era qualcosa di più: un posto con un’anima, con la possibilità di viverlo diversamente da tutti gli altri stabilimenti. Così nel 2004, con la mia famiglia, acquistai il Capanno e in seguito partecipai a un’evidenza pubblica: lo prendemmo per 25 anni. E da lì è iniziata la storia. Non è stata un’eredità, non c’è stato nessun regalo: abbiamo investito, rischiato, creduto.

E qual è stata l’idea nuova che ha trasformato il Capanno nel luogo più rivoluzionario d'Italia? 

Sembra banale, ma la chiave è stata non chiudere. All’epoca tutti gli stabilimenti alle 19 smontavano lettini e ombrelloni, spiaggia deserta, festa finita. Io no. Io decisi che la spiaggia doveva restare viva fino a notte fonda. Così nel 2003 iniziai con gli aperitivi sul mare, una cosa nuova per Ostia. All’inizio non è che la gente corresse: cambiare abitudini è difficile. Ma piano piano la magia è esplosa. Stare coi piedi sulla sabbia fino a mezzanotte, bere un bicchiere di vino guardando il mare… era un modo diverso e speciale di vivere la spiaggia.


Perché secondo te la gente sceglie il Capanno rispetto ad altri stabilimenti?

Perché qui il protagonista è il mare. Niente sovrastrutture, niente erbetta finta, niente recinti. Da noi cammini scalzo, ti siedi sulla sabbia, senti il rumore delle onde. È libertà. Puoi prendere un caffè e restare cinque ore a leggere il giornale senza che nessuno ti dica niente. Non c’è l’obbligo di consumazione, non c’è biglietto d’ingresso. È un posto semplice, ma accogliente. E la semplicità, quando è vera, la senti.

Il mare di Ostia. Uno spettacolo per gli occhi e per il cuore. 

Io sono nato a Roma centro, ma il mare è sempre stato un richiamo. Per me il mare è stare coi piedi nudi nella sabbia, fregarsene dei tacchi o delle formalità. È un concetto molto “romanesco”: diretto, verace, senza fronzoli. Io ho creato un locale che rispecchiasse questa filosofia e forse è proprio per questo che la gente lo sente autentico.

Il Capanno non è solo aperitivi, oggi è anche ristorazione. Raccontaci questa evoluzione.

Le cose cambiano. Prima il cuore era l’aperitivo e il dopo cena con la musica. Poi con le ordinanze che hanno tolto la musica, ci siamo reinventati. Oggi puntiamo molto sul ristorante e devo dire con successo: di inverno lavoriamo più o meno come in estate. Abbiamo uno chef che ha fatto esperienze importanti, ma la nostra filosofia resta sempre quella: piatti semplici, ben fatti, di qualità. Pesce fresco, crudi, ostriche, tapas di mare. Il menù cambia tre-quattro volte l’anno, ma sempre nel segno della semplicità che racconta il mare.


Come valuti le collaborazioni passate con ristoranti e chef stellati? 

Sono state una manna dal cielo. Negli anni abbiamo fatto di tutto: aperitivi con la pizzeria storica Giacinti, cene a quattro mani con chef stellati come Pierluigi Gallo, due anni di partnership con Molo 17 che era un’eccellenza qui a Ostia. Fra le più durature e affascinanti, senza dubbio, la collaborazione con Pierdaniele Seu e la sua pizzeria Seu Illuminati che per alcuni anni, si è mescolata alla nostra cucina di pesce. Da soli non si cresce e le sinergie, qualsiasi esse siano, portano sempre arricchimento: il territorio va valorizzato e il Capanno ha sempre cercato di farlo. 

A livello personale, quanto ti ha cambiato questa avventura?

Tantissimo. Io vivevo a Roma, ma da dieci anni mi sono trasferito qui, a Ostia. La vita è diventata mare, stabilimento, lavoro. Mi ha dato tanto e forse mi ha tolto libertà, perché vivere un locale dodici mesi l’anno significa sacrificare molto. Però mi ha formato come imprenditore e come persona. Il Capanno è casa, è famiglia, è una parte di me.

Ti senti anche un po’ figlio adottivo di Ostia?

Sì, sicuramente. Ostia mi ha dato tanto e io ho sempre investito qui, non solo nel Capanno. Ho aperto anche Slice of Capanno, una pizzeria che sta andando benissimo. Però mi fa male quando il territorio viene raccontato male e viene criminalizzato a prescindere. Perché non è vero che tutto è marcio. Ci sono famiglie che lavorano onestamente, ragazzi che si fanno il mazzo. Quello che rovina è la precarietà: senza certezze, senza programmazione, non si può investire davvero.


Guardando avanti, come vedi Ostia e il Capanno da qui ai prossimi anni?

Ostia ha toccato il fondo, ma può risollevarsi. Io voglio crederci. È un territorio strategico, bello, vivo. Se le istituzioni ci aiutassero realmente a portarlo in alto consentendoci di programmare e investire, potrebbe diventare un fiore all'occhiello per Roma e per il mondo intero. Nel mentre, mi coccolo il mio Capanno. Un luogo che ti consente di vivere il mare tutto il giorno, tutti i giorni, a tutte le ore. Un locale dove le persone si incontrano e dove un tramonto può cambiarti la giornata.

Capanno Beach Club
Piazzale Magellano, 41 - Ostia (RM)
Telefono: 3485259399


(fonte immagini: gentile concessione Capanno Beach Club) 

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