Siamo stati da Vittoria 1938 e abbiamo provato nuovi abbinamenti per la cucina veneziana

Pubblicato il 29 maggio 2023

Siamo stati da Vittoria 1938 e abbiamo provato nuovi abbinamenti per la cucina veneziana

Sinceramente? Non vedevo l’ora. Non vedevo l’ora di provare la cucina “tradizionalmente diverxa” di Vittoria 1938. Ovviamente siamo a Venezia, nella calle davanti alla stazione, proprio quella lì ultratrafficata dopo il Ponte degli Scalzi. Dove ti aspetteresti un locale iperturistico, ma dove in realtà c’è qualcosa di totalmente “diverxo” ma allo stesso tempo veneziano. Lì ci sono Elisabetta e Nicolò, lei grande appassionata di vini e a gestire la sala, lui chef venezianissimo ma che ha raccolto per il mondo tante esperienze culinarie e che oggi è pronto a proporre in maniera del tutto personale e stravagante. Quelli che ormai si possono dire due amici. Ed è appunto il bello di quando oltre al locale conosci le persone, di cui ti fidi ciecamente, talmente tanto che ti puoi permettere di dire “fai pure tu!” quando mi chiedono che cosa voglio.

Sono seduto all’interno (si lo so che le giornate sono belle, ma io ho sempre preferito l’intimità al vociare chiassoso della gente) dove in questo primo pomeriggio il ristorante è molto tranquillo, con i suoi interni grigi tempestati dal vetro dai colori esplosivi di Murano che mi sembrano un’anticipazione di quello che sto per assaggiare…


Indipendentemente da quello che scegli, da Vittoria 1938 ti portano sempre un’entrée di benvenuto. In questo (letteralmente) mezzopiatto ci sono una tempura a forma floreale, con pasta di salame e sferificazione d’aceto, in quella che vuole essere di fatto una rivisitazione del pane e salame. L’altra, sorretta da una manina di ceramica, è un’alga nori caramellata, con crema d’aringa affumicata e perlage di wasabi. Entrambi curiosi e deliziosi, hanno in comune il fatto che più ci si avvicina al centro più il gusto esplode. Ad accompagnare, un Vermentino Sauvignon naturale, dalla Toscana!


Mentre aspetto la portata successiva osservo Nico preparare un piatto, un piccolo assortimento di dolci allestito con grande cura, forse per delle signore sedute su un altro tavolo all’angolo. Ma con mia grande sorpresa scopro che il destinatario sono io: quelli non sono dolci, ma è l’All-in 4 tapas di pesce, un antipasto mascherato da dolce-colazione. Sul piatto, una polpetta al baccalà mantecato, con maionese al nero di seppia e al lime e perlage di wasabi, che sembra un bignè; un vero e proprio maritozzo, ma salato, con polvere di rapa rossa e ripieno di salsa d’aringa; degli eclair salati, che rivisitano burro e acciughe, ripieni di patate e, appunto, con acciuga e lemon curd; una tazza di “cappuccino”, che in realtà è ricreato con seppia al nero e spuma di patate. Qui si gioca molto con i sapori, tra dolce e salato: quello che mi colpisce di più è l’eclair, perché la crema di limone è davvero come un anello di equilibrio mancante tra le patate e l’acciuga. Concludo la degustazione del piatto con il “cappuccino”. All’inizio faccio finta di mangiarlo come se fosse uno vero, assaggiando la “crema” di spuma di patate, per poi andare giù verso il nero, per poi mescolare tutto insieme. Ed è perfetto.


Se con gli antipasti si giocava con l'alternanza tra dolce e salato e con più o meno palesi ammiccamenti, con i primi andiamo molto più “dritti”, senza compromessi. E infatti Elisabetta mi porta uno spettacolare Arneis Granodisale, un vino bianco naturale e macerato, di carattere potente e perfetto per “ripulire”. Il primo assaggio è un raviolino in salsa rivisitato: la “salsa” tipica veneziana è composta di acciughe, quindi molto salata. E qui Nicolò ci va giù deciso: il raviolo (fatto in casa, come tutto il resto) è non solo ripieno di salsa, ma c’è anche la sarda fritta al centro della composizione, la maionese al nero di seppia, la sferificazione di acciuga e il tocco di classe è la salsa alla salicornia. Dì classe sì, ma nemmeno senza compromessi.


E dopo aver “spezzato” con una bella sorsata di vino, ecco un altro primo. Un involtino al saor, e se prima tutto puntava al salato, qui lo fa con l’acido. L’involtino è ripieno di un saor classico, e per spingere ancora di più ci sono l’acetosella e la cipolla rossa cruda, con un paio di scampi di Chioggia elegantemente adagiati.


Con il secondo invece a spuntarla è la fantasia. Takoyaki, di una consistenza friabile quasi commovente, ripieni di baccalà, con nota di maionese al lime, con la vivacità dello zenzero agrodolce e ricoperto di “foglie” di katsuobushi di tonno. Ad accompagnare, un calice di Valpolicella.


E per finire il dolce: prima mi portano uno scricciolo di pinza adagiata su crema di fragole, giusto per farmi capire che saranno le fragole le protagoniste del tutto. Poi arriva un piatto decorato con un delizioso sorbetto di fragola, meringa, praline al cioccolato bianco e basilico e tartare al rabarbaro e fragola. Ed è proprio la presenza del rabarbaro che un po’ mi confonde: all’inizio mi disorienta, ma alla fine, mangiando, ti abitui e ti rendi conto che dopotutto, con la fragola non sta affatto male.


Non solo un assaggio, ma una vera immersione. Vittoria 1938 prende qualcosa che conosci molto bene ma la rimescola per dar vita a qualcosa di nuovo, farti vedere le cose da un’altra prospettiva. Spesso si sente dire in giro che mischiare la maionese con il pesce è una cafonata, e Vittoria dimostra che non è proprio sempre vero. Certi abbinamenti possono sembrare azzardati, ma è quello il bello; è proprio lo zenzero nel baccalà a stupire più di tutti, è proprio il rabarbaro in mezzo alle fragole che ti smuove davvero qualcosa, è proprio il lemon curd tra l'acciuga e le patate a fare la differenza. E la differenza, la fai solo se osi.

Vittoria 1938
Calle Lunga, 745 a Santa Croce - Venezia
Tel. 0039041718500
 

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scritto da:

Damiano Fantuz

Amo la musica alternativa e trovo che negli anni Ottanta tutto fosse più bello. E amo Venezia e le sue osterie. Forse quello che mi piacerebbe di più sarebbe frequentare quelle stesse osterie, ma negli anni Ottanta

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