Nel cuore vibrante di San Lorenzo, tra i palazzi storici e l’energia di uno dei quartieri più autentici di Roma, c’è un locale che racconta una storia di rinascita e tradizione: Saltimbocca. Dietro questo progetto c’è l’entusiasmo concreto di chi ha creduto nella forza della cucina romana, anche nei tempi più incerti: parliamo di un’apertura avvenuta nel bel mezzo del 2020, tra mascherine, distanziamenti e tanta voglia di ricominciare.

Saltimbocca non è solo un ristorante, è una vera dichiarazione d’amore per la romanità più genuina: dalle paste classiche ai secondi della tradizione, passando per formule creative come l’aperitivo con la scarpetta. Il tutto in un ambiente conviviale, dove la qualità incontra il sorriso e ogni dettaglio – dalla selezione delle materie prime fino al lavoro di squadra – racconta una passione vera.

Ma cosa vuol dire davvero aprire un ristorante a San Lorenzo oggi? E come si costruisce un’identità forte tra clienti locali, studenti e turisti sempre più curiosi? In questa intervista, ci siamo fatti raccontare tutto dal titolare, Matteo, tra scelte coraggiose, spirito di quartiere e un futuro ancora tutto da scrivere.


Allora, partiamo dalla storia del locale. Quando ha aperto?


"Il locale qui a San Lorenzo ha aperto nel 2020, anche se noi avevamo aperto già Saltimbocca al centro. Lì avevamo già un format ben definito, e abbiamo deciso di replicarlo qui. Eravamo in piena pandemia, con tutte le difficoltà del caso... non era semplice. Però, nonostante tutto, ogni tavolo occupato era una piccola vittoria, e c'era entusiasmo. La ripresa, per fortuna, è stata abbastanza rapida — non tale da ripagare subito i debiti, ma abbastanza da permetterci di andare avanti".

Quindi il locale in centro è più “anziano”?

"Sì, quello in centro esiste dal 2015. Anche lì proponiamo cucina romana".


A proposito di cucina: com’è strutturato il menù?


"Cerchiamo di restare fedeli alla tradizione romana, senza stravolgere troppo. Non abbiamo un menù troppo ampio, ma ben calibrato. I piatti romani sono protagonisti assoluti. Poi ovviamente ci siamo evoluti anche noi: il mondo è cambiato, la clientela si è evoluta. Alcuni ragazzi che lavoravano in centro ci hanno seguito qui e ci hanno aiutato a portare avanti la nostra linea "soft"... chiamiamola così".

Questo passaggio dal centro a San Lorenzo com'è stato? Il quartiere è pieno di locali…

"Sì, ed è proprio per questo che è stata una scommessa. Ma penso che, anche grazie a noi, San Lorenzo stia vivendo una rinascita. Le attività economiche stanno creando occupazione: nel nostro locale lavorano almeno 15 persone, e lo stesso vale per altri locali vicini".

Quindi c’è anche una sorta di impegno “civico”, in un certo senso...

"Relativo, diciamo. È un’attività economica, ma se funziona, genera effetti positivi su tutto il contesto. C’è ancora da fare, certo, anche sul tema dell’occupazione degli spazi pubblici. Ma dal punto di vista della viabilità e soprattutto della vivibilità, qualche passo avanti c’è stato, anche grazie all’associazione del quartiere".


E prima di tutto questo, lavoravi già nella ristorazione?


"Sì, anche se per 15 anni mi sono occupato di cooperazione allo sviluppo. Poi, insieme a mio padre, abbiamo aperto il primo locale in centro".

Cosa ti piace di più del tuo ruolo attuale?

"Il gruppo. Costruire un bel team, vedere le persone soddisfatte. È una gratificazione personale e, secondo me, incide direttamente sulla qualità del servizio. Mio padre mi diceva sempre: "Una carbonara scotta ma servita con il sorriso si perdona, con sgarbo no". Ed è un principio che cerchiamo di seguire tutti i giorni.

E la clientela? Chi sono i vostri clienti tipo?

"È molto più eterogenea di quanto mi aspettassi. Io vengo dal centro, dove c’erano tanti romani — oggi sono quasi tutti turisti. A San Lorenzo pensavo ci fosse solo clientela locale, studenti, residenti storici... Invece c’è una quantità sorprendente di turisti, anche internazionali, soprattutto orientali. E questo è un segno che il quartiere sta davvero cambiando".


Quali sono i piatti più richiesti?


"Sicuramente le quattro paste romane: carbonara, gricia, amatriciana e cacio e pepe. Tra i secondi va fortissimo la coda alla vaccinara, che richiede cinque ore di cottura — un piatto che a casa non si fa facilmente. Poi abbiamo anche una linea di piatti non romani, più orientati sul pesce, pensata proprio per incontrare gusti diversi".

E gli orari di apertura?

"Siamo aperti da metà mattina fino a sera. L’idea è offrire qualcosa in ogni momento della giornata".

Ho visto su Instagram che avete una formula particolare per l’aperitivo: la “scarpetta”, giusto?

"Esatto. La "scarpetta" costa 7 euro ed è un piatto con cinque coppette di sughi romani, accompagnate da pane per fare la scarpetta. Poi c’è la formula da 10 euro con un drink e un tagliere da un metro con 10 assaggi diversi. C'è anche una versione più ricca a 12 euro".


E per quanto riguarda la gestione delle materie prime?


"C’è una squadra alla gestione: io, mia sorella e quattro direttori. Cerchiamo sempre la qualità. Olio e carni sono per metà locali. Formaggi, salumi… puntiamo a prodotti buoni e costanti. Anche infusi e sciroppi per i cocktail li prepariamo noi".

Il locale è molto grande: si presta anche ad eventi?

"Sì, è uno spazio che può essere perfettamente utilizzato anche per eventi. È un valore aggiunto importante".

Progetti per il futuro?

"Continuare a migliorare, restare fedeli alla nostra identità e, magari, espanderci. Ma sempre con i piedi per terra".

Saltimbocca San Lorenzo
Via dei Falisci, 1/3,5 - Roma
Tel: 0643688524

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