L’amore per i locali australiani, la passione viscerale per il caffè Specialty (quello autentico, sostenibile e raccolto a mano) e la voglia di mettersi in gioco. Sono questi i motivi che hanno portato Dario Fociani ad aprire Faro Caffè Specialty, un locale unico in zona Piazza Fiume. Lo si dice di tanti locali, è vero, ma in questo caso la parola è davvero azzeccata. Unico per la sua indole in direzione ostinata e contraria (per dirla con le parole di Fabrizio de Andrè), unico per il suo arredamento caldo e accogliente, unico per la proposta di food & beverage sostenibile, ricercata e qualitativamente superiore rispetto alla media.
 
Dario non è da solo in questa avventura. Ci sono anche Arturo Felicetta e Dafne Spadavecchia, cofondatori e proprietari di Faro e, come Dario, sognatori ad occhi aperti con i piedi ben saldi a terra. Sono tre imprenditori che hanno investito forte su un’idea vincente e le idee, si sa, sono a prova di proiettile.

Una storia che parte da lontano


Come progetto platonico, Faro nasce nel 2011. Non è un’idea che nasce da zero, ma la rivisitazione di un’idea di caffetteria che trova le sue radici in Nuova Zelanda e in Australia (e che ancora oggi ha un ottimo mercato). Faro potrebbe essere un classico bar di Melbourne: atmosfera calda e piacevole e qualità in ogni dettaglio e un innovativo concetto di ristorazione. 
 
In Italia c’è cultura nella ristorazione ma non nell’ambito della caffetteria: è più facile trovare un cameriere capace di raccontare una pietanza piuttosto che un barista in grado di raccontare un caffè. Il bar in Italia è visto come un punto di ritrovo, semplice un luogo di aggregazione lontano dai parametri più professionali della ristorazione. Faro nasce qui: dalla voglia di mescolare l’informalità del bar alla qualità e al racconto della stessa in una versione friendly e intrigante.


In Australia ha preso piede perché la colazione è un piatto un po’ più abbondante ed è a tutti gli effetti un momento fondamentale della giornata. In Italia di solito la colazione è mordi e fuggi, ma non è detto che venti minuti in un bar possano trasmettere meno emozione di un’oretta al ristorante.
 
Faro Caffè Specialty è una nuova visione del mondo che punta a trasmettere un'idea di internazionalità. Inizialmente doveva chiamarsi Lighthouse poi la scelta è ricaduta su Faro (fonte inesauribile di aneddoti e di metafore) e Caffè Specialty, con l’obiettivo di fare un po’ di chiarezza sul caffè che pur essendo un must in Italia non viene affrontato con la giusta profondità. La nascita di Faro è avvenuta a fine 2016, il giorno del compleanno di Dario (17 dicembre).

Il Caffè Specialty, una delizia selvaggia e inebriante

Il caffè Specialty non ha niente a che vedere con il solito caffè da zuccherare e bere in 30 secondi. Siamo di fronte a una bevanda che ha bisogno dei suoi riti: va girato, poi va lasciato riposare per qualche secondo e solo dopo si può assaporare in tutta la sua fragranza. Questo caffè viene tostato direttamente da Faro in una torrefazione fuori Roma nel modo più naturale possibile. La tostatura non è mirata infatti alla copertura del sapore del frutto, ma all’esaltazione delle caratteristiche principali della pianta.


Ogni pianta infatti esprime i sapori tipici di quel determinato territorio. Se è un caffè colombiano che viene da Nariño, ha delle note particolari che lo rendono unico. Se assaggi un Kenya (che ha 15 zone di produzione) il sapore non può essere lo stesso perché in considerazione dell’altitudine molto elevata e dell’escursione termica sviluppa una quantità maggiore di acido citrico.
 
Caffè è sinonimo di profonda conoscenza del territorio. Dario lo sa bene: “Adesso siamo nell’era dei supermercati, è davvero difficile sapere quale agricoltura si cela dietro un prodotto”. Per entrare nel clima del Caffè Specialty, bisogna resettare la propria mente all’accettazione di un gusto che non è quello che ci è stato tramandato per anni. Per aumentare i ricavi, si tende a utilizzare materie che costano meno e a tagliare i costi di produzione: il risultato che ne consegue è un prodotto di bassa qualità.

Dario è lontano da questa concezione e il suo caffè non è da bere, è da degustare. La degustazione è come la lettura e come l’ascolto di un disco: è un atto in cui ti concentri in modo particolare su un senso. Il primo sorso di uno Specialty è shock puro, il secondo ti intriga, il terzo ti stimola, al quarto ti sei già abituato e senti la bocca avvolta da un sapore nuovo.


La scelta dei caffè da proporre al pubblico nasce dal palato di Dario e gli altri soci, che si fanno inviare dei campioni dai loro fornitori olandesi o londinesi. La scelta è la sintesi perfetta di gusto e sostenibilità.

Siamo lontanissimi dal Kopi Luwak, uno dei caffè più costosi al mondo che viene prodotto con chicchi di bacche ingerite e poi defecate dalla civetta delle palme (detta anche zibetto). Questi animaletti inoltre vivono in cattività nelle gabbie e vengono allevati in modo intensivo: oltre ad avere un processo di dubbio gusto, è quanto c’è di più lontano dal concept di Faro.

L’importanza della tostatura

Gli Specialty scelti da Faro sono sostenibili e originali. Caffè che non si prestano al facile consenso ma che vanno assaporati e degustati come bevande preziose. A differenza del vino, che in linea di massima ha sempre la stessa temperatura, uno Specialty parte a 75 gradi e dopo 10 minuti arriva ad averne 25. In questi 10 minuti, cambia il suo sapore.


La cosa migliore è degustarli in tazza grande perché il contenuto di caffeina è molto basso. La caffeina infatti è uno strumento di difesa della pianta dagli insetti: più la pianta è curata e proviene da una agricoltura sana e naturale, meno caffeina dovrà sviluppare.
 
Dario ha passato tanto tempo in torrefazione e dietro alla macchina del caffè a cercare di capire cosa si nascondesse dietro la tostatura del caffè. Quando scopri Specialty, non torni più indietro e scopri un mondo fatto di profumi, sapori, sentori e persistenze diverse che raccontano le storie di quei territori.

Dopo la scelta della pianta, c’è la scelta della cottura. E questa viene fatta direttamente da Dario, che tosta il suo caffè in una torrefazione a Fiano Romano. Saper tostare il caffè non è cosa da tutti, perché nella maggior parte dei casi la tostatura va a coprire il sapore originale del chicco di caffè. Solo lo Specialty viene raccolto a mano e se non hai l’agricoltore che seleziona il chicco maturo da quello acerbo, in fase di tostatura ti puoi trovare insieme chicchi acerbi e difettati.

Ecco perché la maggior parte del caffè tradizionale viene tostato scuro: è l’unico modo per bruciare le imperfezioni, nascondere i difetti e per rimediare agli errori della raccolta industriale. Dario parte quindi da chicchi selezionati a mano e cerca di mantenere il sapore originale del frutto. Ma non lo fa in maniera improvvisata, ha ripreso in mano i libri di chimica e ha creato il suo metodo.

Tutti per Faro, Faro per tutti

Dalla sua apertura, Faro ha aperto le sue porte a una clientela variegata. L’idea di Faro non è la classica idea commerciale che accontenta tutti, è un nuovo concetto di ristorazione che ha avuto bisogno del suo tempo per essere compreso e assorbito nel profondo. Il primo vantaggio è stato dettato dal fatto di non avere competitor: gli stranieri hanno molta più consapevolezza dello Specialty e hanno iniziato a frequentare Faro con assiduità.


Il secondo vantaggio è stata la brand reputation di Dario: dopo Australia, Londra e Berlino, Dario ha avuto la fortuna di lavorare con la famiglia Roscioli all’apertura di un nuovo bar nel centro di Roma. Il nome della famiglia (che a Roma è una vera e propria istituzione) e la bravura di Dario han fatto sì che da Faro giungessero molti romani, curiosi della nuova esperienza e del nuovo concept di locale che stava nascendo.
 
Roma è una città goliardica che spesso non si prende sul serio, ma è una città capace di dare tanto e di riconoscere la qualità. Ovunque essa sia. E in questi anni ha saputo riconoscere il lavoro di Dario e dei soci. Se c’è una cosa che ha frenato un po’ l’ascesa di Roma è stata la mobilità: la metro non è vicinissima e non si trova parcheggio facilmente. E per un locale che chiude alle 17, non è un problema di poco conto.

La parentesi Covid-19 non ferma le idee

Parlare di ristorazione in questo 2020, significa anche parlare di Covid-19. Il virus, la paura di essere contagiati e le restrizioni governative hanno avuto un impatto notevole sul fatturato di Faro, che lavorava molto con i turisti e con gli uffici vicini. Dario e i soci, come da indole, non si sono abbattuti e hanno utilizzato questo tempo per studiare e ripensare a nuove prospettive di business.


Adesso Faro si avvale di una macchina in affitto a Fiano Romano e l’idea è quella di spostare la torrefazione dentro Roma per ottimizzare le questioni strutturali, logistiche e organizzative e ritmare la tostatura del caffè a seconda dei ritmi lavorativi di Faro senza essere così vincolati all’affitto della macchina. Poi c’è anche l’idea di aprire un altro punto vendita a Roma che possa completare l’offerta di Faro anche nella fascia serale.
 
In attesa di tempi migliori, Faro non si ferma. Ha rallentato la velocità, come tutto il mondo, ma continua a portare avanti la sua natura perché il mercato dello Specialty è un mondo ancora da costruire. Con una propria torrefazione e corsi di formazione adeguati, Faro potrà diventare un punto di riferimento in questo settore.

Una cucina d'avanguardia

Anche il cibo, da Faro, è una cosa seria. ​L’impegno che  viene messo nel caffè è lo stesso che viene messo nella cucina. I dolci vengono sfornati nella cucina di Faro e sono preparati con farine integrali e biologiche selezionate. Fra queste, la Farina di Maiorca e la Farina di Tumminia provenienti dall’azienda agricola Terre di Ramursura che derivano da una lavorazione del grano a basso regime che mantiene inalterate le caratteristiche nutrizionali.


Se proponi un caffè Specialty, la cucina deve essere necessariamente allo stesso livello. A livello di pasticceria, l’approccio è molto internazionale con biscotti e prelibatezze provenienti da tutto il mondo) ma con i piedi ben saldi nella romanità e nella tradizione italiana (da Faro puoi trovare anche i maritozzi e un tiramisù da favola). Una menzione a parte va fatta alla carrot-cake: una delizia croccante e morbida allo stesso tempo che ti rapisce al primo morso e che non vorresti finisse mai.  


Anche la proposta pranzo è notevole e nel segno della semplicità: il menù cambia tutte le settimane e vengono utilizzati solo prodotti stagionali. Il pranzo è un momento di pausa dal lavoro e non può essere inteso in maniera luculliana: il piatto deve essere veloce da cucinare, completo e gustoso. Addio tramezzini, focaccine e piatti pronti: da Faro ci sono solo piatti freschi, genuini ed espressi che vengono cucinati con amore e passione.

Un Faro sul futuro 

Dafne Spadavecchia conosce Dario da anni. Vivevano a Londra insieme quando a Dario balenò per la mente l’idea di aprire un locale a Roma e subito capì che poteva essere vincente. Adesso, a distanza di quattro anni, Faro è una realtà consolidata che guarda al futuro nel segno dell’ospitalità: “Oggi bisogna ritornare al concetto dell’hospitality. Il bar-caffetteria porta con sé il concetto di ospitalità che permette di radicare un modello internazionale dentro una cultura tipicamente italiana ed è questo il grande elemento di integrazione”.
 
Un’idea solida, vincente e al passo con i tempi che si inserisce in quel filone dell’agrifood che parte dal vino, dall’olio di oliva e dalle birre artigianali. Oggi il consumatore medio ha una consapevolezza maggiore della qualità perché la globalizzazione, volenti o nolenti, è arrivata al suo ciclo finale e ha dato vita a nuovi metodi di consumo e nuove modalità.


Secondo Dafne, è probabile che in futuro cambierà proprio il concetto di bar e il Covid-19, ha accelerato questo processo che era già in atto: “Il Covid-19, se vogliamo prendere un elemento positivo in questa tragedia, ha fatto fermare le persone e le ha fatte ricominciare a pensare su quello che erano state e su quello che sarebbero potute diventare”.
 

La domanda per Faro è aumentata e adesso, il prossimo passo, sarà quello di aprire una torrefazione e un creare nuovo modello di business avanguardistico fatto non solo di produzione e di vendita ma anche di formazione. Il barista, secondo il concept di Faro, non è l’ultimo dei livelli professionali perché non ha trovato altro di meglio ma è come il sommelier, ha una sua professionalità che richiede lo stesso studio e lo stesso impegno.
 
Dafne ha un’idea ben precisa che si è costruita studiando e facendo analisi di mercato: “Il vero fallimento sarebbe se i baristi e i professionisti del settore pensassero finito il Covid-19, si tornerà a fare quello che si faceva prima. No, bisogna proprio cambiare strategia. E la strategia parte dalla professionalità, dalla comunicazione di prodotto, dalla cultura del prodotto e dalla formazione”.
 
Aprire una torrefazione è il primo passo per creare una linea di prodotto ed eventualmente, aprire anche nuovi punti vendita in ottica di franchising. Come dice Dafne, Faro può diventare un “franchising innovativo basato sulla qualità che supera il concetto di royalties dove caffetteria e ristorazione si incontrano nel segno della tracciabilità e della ricerca della materia prima”.

Immagini di Andrea Martelli per Faro Caffè Specialty

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