C’è un Salento nascosto tra le pieghe della terra rossa e generosa, tra il silenzio degli ulivi e i respiri lenti della pietra. Un Salento che non grida, ma sorprende. Ed è lì, proprio sotto i nostri piedi, che affiora un tesoro inaspettato: il tartufo. Non un’invenzione recente, ma un segreto custodito a lungo, un’eco antica che oggi torna a parlare con forza e bellezza.
È da questa meraviglia che nasce Giurdignano Fest, la festa del tartufo del Salento, pronta a vivere la sua seconda edizione tra pochi giorni, in uno dei borghi autentici della Grecìa Salentina. Un incontro tra natura, cultura ed enogastronomia, capace di sorprendere con la forza gentile di chi conosce davvero il valore delle proprie radici.
A raccontarci questo legame straordinario tra tartufo e territorio è Giuliano Borgia, titolare di Borgia Tartufi, nonché Vice Presidente Regionale Pugliese ARPT (Associazione Regionale Pugliese Tartufo) , anima curiosa, appassionata e profondamente radicata nel paesaggio che lo circonda. Con lui esploriamo un Salento fatto di sfumature sottili, profumi inattesi e storie da ascoltare. Perché, a volte, basta guardare un po’ più a fondo per scoprire che la nostra terra ha ancora moltissimo da dire.
In realtà, più che di una scoperta recente, dovremmo parlare di una memoria ritrovata. Il tartufo nel Salento non è una novità, ma un frammento di storia rimasto sepolto, proprio come lui, sotto terra.
La nostra storia con il tartufo ha preso forma circa 25 anni fa, quando mio padre ha iniziato a dedicarsi a questo prezioso fungo, affascinato da un racconto che sembrava quasi leggendario: negli anni ’70 e ’80, tartufai provenienti da ogni parte d’Italia scendevano fino al Salento per raccoglierlo.
Da lì è cominciata la nostra avventura, con l’acquisto di un cane da tartufo in un allevamento di Imola e la scoperta, via via più consapevole, che questa terra è naturalmente vocata alla tartuficoltura. Non solo Giurdignano, ma l’intera Puglia nascondeva un potenziale inespresso. È nel 2019 che tutto ha assunto un contorno più definito, grazie a una ricerca condotta con l’Università di Bari e l’Associazione Regionale Pugliese del Tartufo: una mappatura delle aree tartufigene pugliesi ha confermato ciò che la storia aveva solo sussurrato.
Infatti, già Plinio il Vecchio, nel I secolo d.C., parlava della presenza del tartufo in Puglia. Documenti storici del ‘700 lo attestano, e perfino Lucrezia Borgia lo serviva nei suoi sontuosi banchetti. Il Salento, un tempo ricco di boschi, era una terra generosa anche in questo.
Ma la storia ha il suo corso: il disboscamento per fare spazio agli uliveti, l’utilizzo del legname per costruire navi, l’olio lampante di Gallipoli… tutto ha lentamente fatto sparire questa tradizione dalla memoria collettiva.
Dal punto di vista naturalistico, Giurdignano offre un habitat ideale per diverse varietà di tartufo, come il bianchetto e lo scorzone, grazie alla presenza di aree boschive residue, pinete e una diffusa vegetazione di leccio, pianta madre tipica del territorio e da sempre associata alla presenza del tartufo.
Le strade interpoderali fiancheggiate da filari di lecci rendono questo suolo particolarmente adatto alla produzione spontanea del prezioso fungo.
Ma Giurdignano non è solo natura: è anche memoria e identità. Definito il giardino megalitico più grande d’Italia, è costellato di dolmen e menhir, antichi monumenti che raccontano una relazione millenaria tra l’uomo e il bosco. Un tempo, i dolmen sorgevano al centro dei boschi e fungevano da tombe, mentre i menhir segnavano gli ingressi e diventavano luoghi di preghiera e incontro. Questa antica mappa spirituale del territorio si sovrappone perfettamente all’ecosistema che oggi favorisce la crescita del tartufo, come se la natura e la storia avessero lasciato indicazioni ben precise.
Nonostante la lunga tradizione tartufigena, la raccolta è sempre stata discreta, quasi segreta, un sapere custodito e tramandato in silenzio. Tuttavia, la crescente notorietà del fenomeno sta mettendo a rischio le tartufaie naturali, esattamente come accaduto nel Centro-Nord Italia. Per questo è fondamentale tutelare questo patrimonio, promuovendo una raccolta responsabile e incentivando la tartuficoltura controllata.
Il tartufo del Salento ha vissuto a lungo in silenzio, quasi nascosto, pur essendo una presenza autentica e radicata nel nostro territorio. Le ragioni di questa invisibilità sono molteplici, ma una delle più evidenti riguarda la mancanza di una strategia di valorizzazione mirata, come invece è avvenuto in altre zone d’Italia.
In alcune aree del Centro-Nord, soprattutto quelle montane, il tartufo è diventato un simbolo identitario, quasi una bandiera. Questo non solo per la qualità del prodotto, ma per una scelta precisa di marketing e promozione territoriale. Città come Alba ne sono un esempio emblematico: grazie al tartufo bianco, Alba ha costruito intorno a sé un sistema di visibilità internazionale che, senza quel prodotto, forse non avrebbe raggiunto. Nonostante abbia una storia enogastronomica importante, è stato proprio il tartufo a darle quel “quid” in più.
Nel Salento, invece, abbiamo sempre avuto il tartufo, ma non lo abbiamo mai raccontato fino in fondo. Non ne abbiamo fatto un motore di identità territoriale. Questo anche perché, storicamente, il nostro turismo ha sempre avuto altri punti forti: il mare, la cultura, il barocco, la cucina mediterranea. Il tartufo è rimasto ai margini, percepito quasi come un elemento estraneo a questa narrazione, quando invece ne fa parte da secoli. Oggi le cose stanno cambiando. Stiamo riscoprendo le radici del nostro tartufo, la sua storia, la sua biodiversità, e lo stiamo finalmente integrando in una visione contemporanea del Salento.
La visione nasce da un sogno semplice ma potente: trasformare Giurdignano nella città del tartufo. Quando ho iniziato a percorrere questa strada, ho contattato l’associazione nazionale competente, scoprendo però che, in quanto privato cittadino, non potevo avanzare la richiesta per il riconoscimento ufficiale. Quella voce doveva provenire dal Comune.
Così mi sono rivolto al sindaco Monica Gravante che, con grande lungimiranza, ha colto subito il valore e la visione del progetto. Inviata la documentazione a San Miniato, la risposta fu positiva: i dati raccolti, la mappatura del territorio realizzata con l’Università di Bari e il supporto della Regione, dimostravano che Giurdignano ha tutte le caratteristiche per essere riconosciuto come terra vocata al tartufo, con presenza certificata di più specie.
Ma la mia visione andava oltre il riconoscimento formale. Volevo che il tartufo non fosse solo una risorsa nascosta, ma una bandiera culturale, gastronomica e identitaria per Giurdignano. Così è nata l’idea di creare un evento dedicato, che potesse valorizzare questo patrimonio in modo concreto, coinvolgente e autentico.
Ho scelto così di affidarmi a Michele Bruno, presidente di Puglia Expo, esperto nell’organizzazione di eventi enogastronomici con una rete nazionale consolidata.
Da venerdì 30 maggio a domenica 1 giugno 2025 il centro storico si trasformerà in un laboratorio diffuso: talk, degustazioni, narrazioni, workshop e percorsi esperienziali ideati per promuovere un modello economico fondato su micro-realtà, filiere corte e antichi mestieri rivisitati con lo sguardo di oggi.
L'obiettivo è quello di attirare nel centro storico di Giurdignano professionisti della comunicazione, giornalisti, blogger e storyteller che avranno il compito di dare voce alle storie di chi vive questa terra, spesso affrontando faticose sfide quotidiane, dimostrando una straordinaria tenacia nel preservare le micro-economie e custodire le tradizioni locali.
Ogni progetto che nasce dal cuore richiede tempo, fiducia e una comunità che lo accolga. Giurdignano Fest è questo: un sogno condiviso che parla di radici, futuro e identità.
Borgia Tartufi nasce da una scelta controcorrente. Una scelta di cuore, di radici e di visione.
La scintilla si è accesa nel 2014, ma la sua fiamma ha origini più lontane, proprio quando mio padre, venticinque anni fa, scoprì il tartufo nel Salento e iniziò a raccoglierlo e venderlo al Nord, dove però finiva etichettato come tartufo di altre regioni, spesso Norcia. Questo dettaglio non mi lasciava pace. Perché nessuno parlava del tartufo del Sud?
Dopo una laurea in Giurisprudenza, una borsa di studio in Germania e un’esperienza in studi legali a Lugano, tornai in Salento nel 2013 per un anno sabbatico. Sarei dovuto ripartire per la Svizzera, ma invece scelsi di restare, attratto da un’idea che cresceva ogni giorno di più: dare al tartufo salentino il riconoscimento che meritava.
Il primo passo fu l’apertura di una norcineria specializzata in tartufi e funghi, l’8 marzo 2014. Ricordo ancora il passaggio simbolico: dal Codice Penale svizzero… a tagliare salumi. Ma l’intuizione era giusta. Nonostante lo scetticismo iniziale (molti mi dissero che in Salento il tartufo “non aveva cultura”) decisi di aprire nel 2015 un ristorante a Otranto interamente dedicato al tartufo. Fu una scommessa audace in una terra di mare. Eppure, oggi, dopo undici anni, siamo ancora qui. A dimostrare che il coraggio, se guidato dalla passione, costruisce realtà solide.
Nel 2018 sentii che era il momento di andare oltre. Iniziai a creare prodotti a marchio “Tartufo del Salento”, con l’idea di valorizzare il nostro territorio anche attraverso la trasformazione. Lavorando con mio padre e la nostra collaboratrice storica Angela Siciliano, sviluppammo ricette artigianali senza aromi chimici, solo ingredienti veri.
Il marchio “Borgia Tartufi” nasce dal desiderio di unire qualità, autenticità e un’identità forte: ispirato allo stemma araldico della dinastia Borgia, che ho registrato ufficialmente presso l’Ufficio Araldico della Presidenza del Consiglio, è diventato non solo un simbolo di famiglia, ma anche di appartenenza.
I nostri prodotti hanno iniziato a viaggiare: Hong Kong, Dubai, Qatar, Israele. Poi è arrivato il Covid, che ha interrotto le esportazioni ma mi ha spinto a strutturare meglio l’azienda. Oggi, con un laboratorio più ampio e una base solida, Borgia Tartufi è un progetto che guarda lontano ma resta ancorato profondamente alla sua terra.
In fondo, tutto è partito da una domanda semplice: perché non credere che il tartufo possa parlare salentino?
E oggi, quella risposta ha preso forma, gusto e nome.
Negli ultimi anni, il tartufo ha cominciato a ritagliarsi uno spazio importante nella ristorazione salentina. Se prima era presente solo in occasioni speciali e in pochi ristoranti selezionati, oggi è possibile trovarlo nel menù di numerose osterie e locali di qualità, soprattutto a Lecce. Questo cambiamento è frutto anche del mio ingresso nel settore: dopo anni di esperienza nella trasformazione del tartufo e una lunga tradizione familiare ho voluto valorizzare questo prodotto e renderlo più riconoscibile e rispettato anche nel nostro territorio.
Tuttavia, nonostante la maggiore diffusione, il tartufo resta, e deve restare, un prodotto di nicchia. Non solo per la sua complessità e rarità, ma anche per la mancanza di cultura che ancora lo circonda. C’è poca consapevolezza tra i clienti, ma anche tra ristoratori e tartufai stessi, soprattutto quando si tratta di riconoscere la qualità autentica del prodotto. Purtroppo, il mercato è saturo di prodotti importati o trattati con aromi artificiali, spesso spacciati per tartufi freschi locali. Questo danneggia non solo il valore economico del tartufo, ma anche il suo prestigio gastronomico.
Per contrastare questa deriva, nella nostra azienda organizziamo corsi di formazione rivolti a enoteche, sommelier, rappresentanti e ristoratori. L’obiettivo è formare figure consapevoli, capaci di distinguere un tartufo vero da una contraffazione e di raccontare ai clienti il vero valore di ciò che portano in tavola.
Il tartufo non è un prodotto che si trova sempre, ovunque, e a basso prezzo. Richiede tempo, dedizione, fatica. Servono anni per addestrare un cane, condizioni meteo favorevoli, salute degli animali e una profonda conoscenza del territorio. Un tempo mio padre tornava a casa con tre o quattro chili. Oggi, a causa del cambiamento climatico e della pressione sul territorio, si torna con 60-70 grammi, o a mani vuote.
Per questo motivo, il tartufo non può e non deve diventare un prodotto di largo consumo. Deve restare un simbolo di eccellenza, di ricerca, di legame con la terra. Quando lo troviamo a prezzi troppo bassi o venduto in modo approssimativo, è giusto porsi delle domande: da dove arriva davvero? Cosa stiamo comprando?
Casa Borgia è il cuore pulsante di un progetto più ampio: non è semplicemente il ristorante dell’azienda Borgia Tartufi, ma un luogo dove il tartufo si vive, si scopre, si rispetta. Il nostro obiettivo non è solo quello di portare a tavola un’eccellenza gastronomica, ma di farne un’esperienza completa, autentica e profondamente legata al territorio.
Oltre al ristorante, che ospita fino a 20 persone, con un’accoglienza pensata per far sentire ogni ospite coccolato, offriamo percorsi immersivi per conoscere da vicino il mondo del tartufo. La nostra tartufo experience inizia con un’uscita nella natura insieme a mio padre e ai nostri cani da tartufo, alla scoperta delle tartufaie naturali del Salento. Qui, gli ospiti imparano a riconoscere il tartufo nel suo ambiente, a comprenderne la stagionalità e il legame profondo con la biodiversità locale.
Li accompagniamo poi nella nostra tartufaia privata, dove spieghiamo come funziona la tartuficoltura e quanto sia simile, per biodiversità e valore ecologico, alla raccolta spontanea. Mostriamo anche il nostro orto sinergico, perché crediamo che il futuro del cibo passi da un’agricoltura consapevole, rispettosa e integrata con l’ambiente.
Per chi desidera un’esperienza ancora più coinvolgente, offriamo cooking class con il nostro chef: dalla raccolta delle uova fresche in orto alla preparazione della pasta fatta a mano, fino all’esaltazione del tartufo in ricette creative e stagionali, il tutto accompagnato da una degustazione guidata con vini selezionati.
Abbiamo pensato anche a pacchetti più semplici ma ricchi di contenuto, che includono: una visita guidata alla tartufaia e al laboratorio di trasformazione, una presentazione delle piante da tartufo, una masterclass sulla sua storia e per finire un aperitivo.
Lavoriamo a stretto contatto con tour operator internazionali e strutture ricettive d’eccellenza in tutta la Puglia, con una clientela internazionale alla ricerca di esperienze genuine e memorabili, organizzando anche eventi tematici e attività di team building.
Se dovessimo scegliere un piatto capace di raccontare il nostro tartufo e, in fondo, anche un po’ di noi, sarebbe senza dubbio la carbonara al tartufo.
Un piatto nato quasi per gioco, senza pretese, ma che nel tempo si è trasformato in un comfort food amatissimo dai nostri clienti, fino a diventare uno dei simboli della nostra cucina.
La carbonara è sempre stata il mio piatto del cuore. Ha il sapore delle cose semplici e autentiche, quello che ti riporta all’infanzia, a un momento sereno, a una tavola familiare. Anche se oggi, per motivi di salute, non posso più mangiare carne di maiale, la carbonara al tartufo resta nel menù come un omaggio alla memoria e al gusto.
È il nostro modo di dire che la tradizione può evolvere, restando fedele alle emozioni che porta con sé.
Il tartufo, in questa versione, non è un’aggiunta di lusso. È l’elemento che eleva un piatto popolare a qualcosa di unico, senza snaturarne l’anima. Per questo lo porteremo anche a Giurdignano Fest il 1° giugno, insieme allo chef Daniele Seviroli: per condividere non solo un sapore, ma una storia, un legame, un’identità.
Casa Borgia - Via Vicinale Gazzirri, Giurdignano (LE). T: 08361920962
scritto da:
Appassionata di viaggi, sommelier e affamata di avventura. Coniuga la passione per i viaggi e per la scrittura su destinazioneavventura.it, progetto di comunicazione che promuove itinerari creativi e location imperdibili in giro per il mondo.
Via Vicinale Gazzirri, Giurdignano (LE)