Cos'è il fine dining? O meglio, cos'è, davvero, il fine dining? Alla lettera è la "cucina raffinata", l'alta cucina. Quella diventata nota - e un po' abusata - come "cucina gourmet". In realtà, ed è pleonastico sottolinearlo, fine dining è molto di più. È un’esperienza memorabile legata al cibo, è benessere, è ristoro, è comfort, scoperta, convivialità in un contesto di alta qualità che ti porta altrove, in viaggio.

E se c’è un viaggio che merita di essere fatto è quello fino a Racale, al Giardino dei Tolomei, e una volta qui, lasciarsi trasportare nelle infinite suggestioni di un luogo magico e di una cucina che incanta.


Nel centro storico di questo borgo intitolato alla follia, a due passi da Gallipoli ma lontano da qualunque attrattiva omologata, si apre uno scrigno di rara bellezza. Un tempo residenza di Porzia de’ Tolomei, vi si accede da una piccola cancellata, talmente sobria da scomparire quasi nel piccolo vicolo. Tipico di quegli scorci che una volta valicati spalancano meraviglie. Due passi, qualche scalino, e lo stupore: i tavoli sembrano galleggiare tra pietra e vegetazione, incorniciati da un maestoso intreccio di gelsomino e bouganville. Pochi gradini più su l’intima terrazza, quindi la sala che mescola l’architettura salentina con quella dei maestri senesi, chiamati qui da Carlo De Guevara (governatore di Terra d’Otranto) per donare alla moglie Porzia le forme che le erano familiari. Un viaggio nel tempo e nelle contaminazioni che è preludio perfetto al viaggio nel gusto che sta per cominciare.

Giorgio Trovato in cucina, Stefania Erroi ai dolci, sono viaggiatori nello spirito prima ancora che nella vita, e quindi nel piatto. Calabrese d’origine lui – anni d’esperienza nelle grandi cucine d’Italia e del mondo – salentina lei, figlia dell’antica Messapia – la terra di mezzo – che la contaminazione ce l’ha nel nome, alla continua ricerca della sorpresa, è anche perfetta padrona di casa. Perfetta perché mette in atto con naturalezza quel sottilissimo compromesso tra informalità e professionalità, tra dialogo e discrezione. E gli occhi le brillano quando porta in tavola le prime pietanze, gli amuse bouche del ricco aperitivo, perché sa che stupirà e si diverte, ogni volta, senza compiacimento ma con la gioia pura della condivisione.

Per noi, uno champagne rosé anticipa la danza – e la carta vini meriterebbe un capitolo a parte, frutto di curiosità e ricerca tra piccoli produttori (di Puglia, d’Italia, del mondo) e sapori inediti – ma, attenzione! Qui c’è anche una selezione di acque internazionali, simbolo supremo della cura del cliente (non solo chi, come noi, e siamo in tanti, ama l’acqua nelle sue distinte varietà ma anche chi, ad esempio, non può bere alcolici per svariate ragioni). Noi abbiamo bevuto una Mondariz, dalla Spagna.


Il tavolo si riempie di piccole delizie espresse, dalla panificazione home made (l’impasto viene portato in lievitazione per la scelta) – pane alla canapa o alla curcuma, focaccia di semola con cristalli di sale, grissini tirati a mano e mini-grissini alla paprika, un cornetto salato che si scioglie in bocca – da gustare con la compilation di burri della casa (al curry, al fungo cardoncello e peperone crusco, tra gli altri), con l’olio di canapa sativa – e qui si aprirebbe un altro capitolo legato alla cucina improntata al benessere di chef Giorgio – (buonissimo), con l’hummus in cui la tahina si sente forte e chiara, portandoti dritto in Medioriente.



L’aperitivo è un corteggiamento, è l’accoglienza per eccellenza. Il viaggio è il tema, sviluppato ludicamente, come nel primo assaggio: la “sfera di caipirinha”, cocktail racchiuso in un leggerissimo involucro di burro di cacao in purezza, un’esplosione di freschezza che prepara il palato resettandolo. La tartelletta farcita con tartare di barbabietola e senape di Digione al miele e germogli è il primo “svelamento”, quello che non ti aspetti, e ti conquista. Un mini-cannolo di peperone crusco ripieno di ricotta di bufala; la frittella al ferro con gambero viola; la millefoglie di pane cristallo con mousse di burrata; le lenticchie fritte al wasabi; la sfera di pomodoro “come fosse un bloody mary” fanno proseguire le epifanie.

Già carichi di meraviglia si arriva all’antipasto: “Ostriche and Friends”. Ostrica in purezza; ostrica in ceviche alla peruviana (sentori di cipollotto fresco, tabasco, agrumi) con aria al lime; ostrica alla brace con aria allo zafferano.

Intervallo con foglia d’ostrica immersa in acqua tonica. Se non avete mai provato la foglia d’ostrica la vostra reazione sarà wow, doppio wow, triplo wow e così via.


A chiudere gli antipasti la Fregola sarda - che tutti i Tolomei si sono alzati ad applaudire, ne siamo certi – con salsa basca a base di pimento, tuorlo d’uovo e tartufo umbro. Quei piatti che ci devi ritornare per forza per poterli riprovare.

Passiamo a primi e secondi, aspettative altissime oramai. Soddisfatte? Di più.


Spaghettone fresco in fondo di crostacei con polvere di alga spirulina e plancton, in cima gambero viola leggermente affumicato con legno di mandorlo e ulivo. Un must, impossibile toglierlo dal menu, e non si stenta a capirne le ragioni;

Il “Quasi raviolo”, quasi perché aperto, con crema al fungo cardoncello e parmigiano vacche rosse riserva, aromatizzato alla cannella. Un favoloso tuffo negli anni ’90 ma senza panna;


Crema di piselli verdi con fiori eduli e fiocchi di spuma di burrata con tartare di scampi, la semplicità apparente;

Infine, un astice in salsa ponzu. Lo si sogna la notte.

Per dessert, preparatevi agli svelamenti conclusivi (ma c’è una sorpresa finale):


Pre-dessert: gelato al mostacciolo con crumble di cannella e miele. Tocco d’artista, l’olio di peranzana versato al momento;

Brownie alle arachidi tostate, cioccolato con salsa al caramello e gelato alla violetta;

La pastiera che non è una pastiera. Vi ammalierà, e se volete stupire un napoletano, accomodatevi!

Ultima sorpresa (preannunciata) la carta caffè. Che nasce da un desiderio tanto banale quanto gentile: Giorgio e Stefania amano il caffè a fine pasto. Ma spesso, ahi, quel caffè rovina il finale invece che coronarlo. E allora si sono armati e, come sempre, hanno fatto ricerca. Andate a scoprire la loro carta e fatevela raccontare, vi accontenterà senza dubbio.

Perché un viaggio non è viaggio se si chiude al novantanovesimo cancello!

Il Giardino dei Tolomei - Via Guevara 6, Racale (LE). T: 3249241810 Via Guevara 6, Racale (LE)

  • RECENSIONE
  • BISTROT
IN QUESTO ARTICOLO
×