Quella strada, a Porto Cesareo, è cartolina di una comunità, delle sue radici, della sua storia. Via Silvio Pellico è la via delle pescherie, che si lascia alle spalle la torre comarca di Cesarea e strizza l'occhio alla Riviera di Levante, accanto. La strada del chiasso, del cicaleccio, dell'odore di mare, della tradizione. Ed è lì, che si incastona un gioiello del gusto e della raffinatezza che racconta le gioie dell'Innovazione, partendo da quella tradizione di cui sopra.

La Medusa non è una trattoria di mare, ma un'oasi di eleganza in cui si mescolano in maniera sapiente, amore per le proprie origini, passione quasi fanciullesca e futuro.


Quello che viene fuori è un universo altro, finemente tratteggiato dalla mano di chef Simone Podo, 41 anni. Un self made man, dal viso buono e dai modi gentili, che si schernisce quasi, quando gli si chiede di raccontarsi protagonista. È uno abituato a lavorare sodo lui, dietro ai fornelli, orgoglioso di una scelta corsara forse ma che parla d'amore: restare nella propria terra e in quella investire, passando attraverso le criticità per fare emergere il meglio.
Del resto aveva solo tre anni lui quando preparava la moka del caffè in casa, arrampicandosi verso la cucina su uno sgabello di legno.
Guardava mamma cucinare, ci metteva lui le mani in pasta per primo, forse neanche immaginava che la sua fosse una vocazione. Qualcosa da cui lasciarsi trasportare, ma che non avrebbe potuto tenere a bada. 
E così è stato. 

"A 5 anni cucinavo già le prime minestre", ci racconta. A 11 ha iniziato a intrufolarsi nei ristoranti di Porto Cesareo per lavorarci, mentre gli altri bambini sceglievano la vacanza e la spiaggia, lui fagocitava esperienza.
Da ragazzo, 20 anni fa, si è misurato con il boom del tutto esaurito nei ristoranti della località balneare "ricordo l'esperienza fortissima a le Dune, si facevano due tre matrimoni o cerimonie al giorno, il ristorante era strapieno, si lavorava senza soluzione di continuità ed è stata una palestra straordinaria'.
Gli studi all'alberghiero, l'esperienza lavorative in altre parti d'Italia e all'estero, poi la scelta di vivere, plasmare, raccontare il Salento nel piatto.
Dopo importanti esperienze nelle cucine di alcuni ristoranti di Porto Cesareo, da un anno Simone Podo e timoniere de La Medusa in cui trasferisce la delicatezza dei suoi modi, la certezza delle proprie scelte. Trasparenti, come la grande vetrata che accoglie all'ingresso, per condurre ad ambienti in cui bianco e toni di grigio sono mescolati con sapienza, la musica di sottofondo gradevole compagna di una degustazione che punta su materie prime di qualità, stagionali, territoriali. La mano non è mai grossolana, somiglia a un tocco d'acquerello su un foglio bianco.
"Cucinare il pesce non è facile, e per questo che mi ci sono cimentato mettendoci tutto me stesso".

La sua metà, Debora, in sala è una presenza costante e discreta, che accompagna il commensale con cura impeccabile senza quasi farsi vedere. Daniele, il responsabile di sala, incede elegante nel servizio.


In un angolo-tattico, da dove scrutare il resto di ciò che accade, godiamo delle evoluzioni firmate Podo partendo da un carpaccio di orata con sedano, finocchio, nocciole tostate, miele di cipolle servito con un Blanc de Blanc Franciacorta Marchese Antinori.


L'inizio val bene una full immersion nei sapori autentici, e si passa ad un polpo arrosto con cime di rapa, spuma di nduja, fuori di cappero e polvere di olive nere abbinato ad uno Chardonnay Tormaresca.

Tutto preparato all'istante, la cucina è saporita, il condimento giusto ma soprattutto non si avverte pesantezza. Un autentico viaggio in terra e mare di Salento, di Porto Cesareo.


Un quadro impressionista il risotto mantecato con asparagi, burrata di Andria, seppia con il suo nero e lampone liofilizzato, in viaggio verso le sinapsi con un pinot grigio Tiefenbrunner.

Niente di meglio per aprire lo stomaco ormai ammaliato al tagliolino fresco all'uovo mantecato con lime, pistacchio di Bronte e violetto di Gallipoli. Un sorso di Chablis premier cru Alain Geoffroy.

Ci sarebbe da lasciare subito il divano in pelle, fuggire via per non fare a pugni con la bilancia, ma la gola ha ragione che la ragione non conosce e questo viaggio si deve fare fino in fondo, tuffandosi in uno spaghettone alla chitarra con timo, ragù di polpo e ricotta aromatizzata al timo servito con quattro dita di Pinot Nero rosato Kimia. 


Cosa arriverà di secondo?
Daniele arriva con passo felpato e porta sgombro con melanzane e finocchio in doppia consistenza, liquido e saltato, con salsa di soia, erba cipollina, timo e valeriana. Delicatissimo, perfetto sposo del Cerasa rosato di Calò e Figli. Poi osa ancora per mettere alla prova forse la nostra tenuta. Giunge con una cloche, la solleva e si sprigiona un aroma forte di macchia mediterranea. Et voilà il tonno in crosta di pane panko con nocciole e affumicatura al rosmarino.


Siamo alle battute finali e vien da dire: Peccato!
Perché la gola non si tira mai indietro davanti a tale caleidoscopio di colori, profumi, sapori, consistenza e musica…un autentico turbinio dei cinque sensi.
È il momento di una pietanza amarcord, ma rivisitata in chiave mare.
Arriva un filetto alla Wellington, ma non parliamo di carne bensì di orata. I rebbi della forchetta affondano in tanta meraviglia, un sorso di Clo’ de Girofle rosato e ci si può abbandonare in panciolle in attesa della Circe dei sapori. Dolce sia!

Si parte con un treno di sono andata ad altissima velocità verso le reminiscenze partenopee con un babà che trasuda rhum di altissima qualità, come mai visti in nessun angolo di Salento. Il tutto con un crumble hot caramel, salsa al caramello salato e una noce di gelato al cioccolato fondente.


Qui c'è il rischio che Morfeo abbia la meglio, gli assaggi di vini straordinari e quel tocco di rum insieme a un sorso di passito Florio Oxydia Zibibbo un po' confondono. Ci sarebbe da abbandonarsi in panciolle e osservare la vita che scorre lenta, in questo pomeriggio di fine febbraio, al di là della vetrata.

Due clienti romane fotografano i piatti, guardano l’orologio…è l’ora di andare.

Noi indugiamo ancora, perdendoci nella semplicità di questi due ragazzi, Simone e Debora, che non si sono mai montati la testa e hanno cuore e mani d’oro. Ci vediamo a La Medusa.

La Medusa Restaurant - Via S. pellico, 17 - Porto Cesareo (LE). T: 3287093966

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