Ci sono risposte che sono in grado di cambiare le sorti della tua giornata. Interrogativi capaci di farti tribolare e metterti in seria difficoltà. “Sbaglio o sei di Gravina?”. Ecco uno di quelli. E quando a chiederti una cosa del genere è Michele Gesualdo, uno dei pizzaioli più talentuosi del territorio murgiano, altamurano Doc e per di più tra le mura della sua pizzeria Vecchio Ponte nella Leonessa delle Puglie, sei fritto. Nell’esatto momento in cui ha proferito quella fatidica domanda ho pensato tra me e me, conoscendo la querelle indigena che serpeggia da sempre tra i due popoli - come, d’altronde, in ogni famiglia che si rispetti - che spendermi la gravinesità avrebbe potuto incidere sulla nostra chiacchierata a tavola. E siccome io a quella pizza incredibile, che da anni avrei voluto assaggiare, non avevo alcuna intenzione di rinunciare...: “Sì sono gravinese, ma tranquillo, non è niente di serio”.


Un attimo dopo sui volti di Michele e sua moglie Anna è spuntato un sorriso più sereno, ma dalla straordinaria sagacia. Così, mentre entrambi iniziavano a capire che nella mia mano di confinante sventolava bandiera bianca, le mie narici e le mie papille erano già partite per un lunghissimo viaggio. I miei sensi di narratrice e degustatrice curiosa erano già obnubilati dall’odore di forno a legna, dai miraggi di quei piatti di pizze dai bordi giusti, e dai palini morbidi che sembrava planassero sui tavoli, sotto gli sguardi di commensali che comunicavano tramite brontolii di stomaco invece che a parole. È stato chiaro fin da subito che questa pizzeria dai grandi spazi, arredata in pieno stile urbano e dotato di personalità, non fosse solo la cattedrale dell’arte bianca, ma un luogo di tenacia, passioni, sacrifici, imprevisti dolorosi, familiarità e sogni americani.


Un miscuglio di sentimenti che è facile leggere tra le rughette d’espressione di Michele Gesualdo, capitano di questa nave nel mare della ristorazione e con il vento in poppa da 17 anni a questa parte. Michele va ben oltre la figura del pizzaiolo imprenditore, "lui il lavoro se lo mangia", come si dice dalle sue parti, perché ha fame di vita. Si tratta di un visionario del mondo della lievitazione, che con la sua vivacità mentale, l’empatia e il suo guizzo è riuscito a far affezionare centinaia di ospiti di generazione in generazione, facendoli sentire nel posto giusto senza troppe stucchevoli moine. E così, mentre mi godevo una bella Margherita sorseggiando un insolito gin tonic, Michele mi ha svelato l’arcano delle sue vittorie.

Da quanti anni hai le mani sporche di farina e sforni pizze?
“Ho sempre fatto questo mestiere. Prima di aprire Pizzeria Vecchio Ponte, 17 anni fa, ho fatto il pizzaiolo in altri locali, poi ho lavorato a Gravina da “Antichi Portici”, da Fedele Guida. Siamo molto amici, lui è stato ed è il mio maestro e io sono il suo allievo più vicino da sempre. Fedele è un grande nel mondo dell’arte bianca e io l’ho sempre guardato con occhi innamorati. Ci stimiamo tantissimo. Ero piccolino quando ho fatto il mio primo corso da pizzaiolo con lui, poi ho lavorato nella sua pizzeria e dopo la chiusura abbiamo cominciato a girare insieme. Abbiamo fatto tantissime fiere nel mondo. Poi devo ringraziare mio padre che mi ha letteralmente buttato in questo mestiere. Lui era un operaio, un gommista, ora è in pensione. Ci ha creduto più di me, mi ha spinto tantissimo, mi ha aiutato e continua a farlo. Oggi abbiamo 17 dipendenti, siamo un’azienda: mia sorella si occupa dell’amministrazione, io e mia moglie siamo i titolari, poi abbiamo quattro pizzaioli, quattro signore in cucina, sei persone in sala. Insomma non è facile, devi stare sempre qui; poi io non mi fermo mai, mi piace inventare, sporcarmi le mani, proporre nuove cose ai nostri ospiti anche nell’arredamento della location”.


Oltre alle pizze qual è il tuo cavallo di battaglia?
“Il palino, una pizza in pala fatta con impasti rigenerati che somiglia a una pinza, ma è molto più morbida, non ti graffia il palato. Si tratta di pagnotte da 350 grammi che poi vanno a riposo per 48 ore. Ho scelto di proporre nel menù il palino perché ora c’è la moda del padellino. Io non amo seguire le tendenze, preferisco distinguermi e sono anni che facciamo la pizza in pala ad Altamura, tra i primissimi a farla. Attenzione, la pizza in pala non è la pizza a metro, è completamente diversa come procedura: la pasta viene stesa e condita sulla pala, e poi infornata”.


Usate lievito madre?
“Usare il lievito madre in pizzeria è letteralmente impossibile. Noi ci abbiamo provato, ma non si può. Usiamo il lievito di birra che non ha nulla di chimico, è tutto naturale. Nei nostri impasti adottiamo la tecnica antichissima della biga, che è un pre-impasto fatto con acqua, farina e lievito, poi messo a riposo per 24 ore a 18 gradi a temperatura controllata, così da permetterne la fermentazione. Il 50% delle pizzerie che dicono di fare le pizze con il lievito madre usano il lievito di birra. Con il lievito madre si possono fare solo i panettoni”.

Michele ami sperimentare, so che abbini il palino e le tue pizze al gin tonic…
“Devo dirti la verità, vorrei cambiare il metodo di mangiare e bere in pizzeria. Prova a sorseggiare un gin tonic o uno spritz mentre assaggi una pizza o un palino! Noi lo abbiamo fatto ed è eccezionale. I clienti lo stanno apprezzando molto. Abbiamo una selezione di gin artigianali, rum, cedrate siciliane, birre, oltre a tantissime etichette di vini, bianchi, rosati, rossi, Franciacorta e champagne. Ci stiamo specializzando nel beverage e stiamo cercando di spingere su questo. È un’esperienza culinaria da non perdere".


Qual è l’abbinamento che ti fa impazzire?
“Il palino amatriciana con il gin tonic, anche se il mio preferito è il palino con salmone marinato da noi, stracciatella, sale, zucchero, zest di arancia e limone, e tre pepi, anche questo da abbinare a un cocktail”.

In questi anni qual è stata la tua più grande soddisfazione?
“Abbiamo affrontato tantissime difficoltà. Io e mia moglie siamo genitori di due bambine, una di 5 e l’altra di 8 anni. Ci siamo sposati nel 2010 e la prima, Clara, è arrivata dopo 6 anni. Abbiamo lottato molto per averla, facendo il giro degli ospedali di tutta Italia mentre la nostra attività era già avviata qui ad Altamura. Quando è nata Clara è stato come se in una casa completamente buia si fosse accesa una luce pronta a illuminare ogni angolo, anche il più remoto. Il mondo che ci era cascato addosso si è rialzato. Chi non ha mai passato un periodo del genere non può capire. La seconda bambina invece è arrivata senza che vi fossero precise intenzioni, anche perché il ginecologo dopo la prima gravidanza ci ha detto che probabilmente non ne sarebbero arrivate altre. Invece è nata Marica, come un miracolo, una bambina che è energia pura. Loro mi danno la forza per fare sempre di più anche nel lavoro. Poi in questi anni abbiamo visto molte evoluzioni nel mondo della ristorazione e del mercato. Quando abbiamo aperto qui ad Altamura andava a gonfie vele l’industria dei salotti e si lavorava tantissimo. Dopo qualche anno è arrivata la crisi del settore e c’erano sere in cui avevamo solo 3 tavoli occupati; quella è stata una brutta mazzata. Fortunatamente si è trattato di un breve periodo, perché dopo poco ci siamo rimessi in carreggiata. Oggi non abbiamo posti nemmeno per il martedì, per il sabato c’è bisogno di prenotare almeno 6 giorni prima. Una delle mie più grandi soddisfazioni è sapere che un cliente è disposto a venire a mangiare da me anche alle 23. E questo era il mio sogno, che il mio locale fosse pieno dal martedì alla domenica”.


Il tuo rapporto con lo staff?
“È un rapporto di amicizia, però nello stesso tempo cerco di mantenere gli equilibri che inevitabilmente si possono incrinare quando ci sono molte teste da mettere d’accordo. Io sono il leader, tengo le redini, non abbandono mai la nave e la sera alle 3 e mezza devo sempre essere l’ultimo a chiudere il locale, l’ultimo a uscire”.


Come è cambiato in questi anni il mondo delle pizzerie?
“Ormai tendono tutti a seguire le stesse mode, sembra che non riescano a pensare con la propria testa. Noi facciamo tutto, ma cerchiamo di fare sempre qualcosa di diverso, rivisitare e inventare tanti altri impasti e ricette. Non mi piace copiare dai miei colleghi, né ripetermi e appiattirmi. Cambiare la tecnica di impasto è la prima cosa, è ciò che trasforma il sapore”.

Invece, per quanto riguarda i prezzi?
“Tutti mi dicono che ho prezzi bassi. Le mie fantasie del pizzaiolo hanno dei prezzi nella media, mentre se guardi le classiche sul menù hanno dei costi ormai introvabili”.

Una margherita 4.50 euro non si trova più da nessuna parte, forse nemmeno a Napoli o negli street food. 
“Un paio di mesi fa costava ancora meno, eppure noi diamo un prodotto di altissimo livello. Quasi tutti hanno alzato i prezzi dai 6 agli 8 euro, eppure noi abbiamo avuto un aumento di soli 20 centesimi su ogni pizza, non ha senso alzare di 2 euro i prezzi, è un modo solo per dare addosso al cliente. È aumentata la salsa, va bene, ma ci costa solo 5 centesimi in più a cucchiaio e ciò non giustifica gli incrementi. Sulle fantasie del pizzaiolo il discorso, invece, fila perché comunque ci sono prodotti che usiamo che ci costano molto di più di prima, come ad esempio le alici del Mar Cantabrico. Noi amiamo questo mestiere e lo rispettiamo profondamente. Penso che alla base di ogni rapporto ci sia il rispetto, che sia con il cliente o con il dipendente”.


Qual è il segreto del successo di questo posto?
“Il nostro staff grandioso e la passione incredibile che ci mettiamo giornalmente. Ogni tanto uno dei miei ragazzi entra in crisi perché magari le prenotazioni sono così tante che non sa dove inserire un tavolo in più e io mi fermo e capisco quanto abbiamo costruito in questi anni. La dritta per inserire un piccolo tavolino per accontentare il cliente la trovi e il fatto che ci sia qualcuno che è disposto a venire da noi a qualsiasi ora è una soddisfazione pazzesca. Significa che lavoriamo bene. Io ho un desiderio, vorrei diventare il leader della pizza sia a pranzo che a cena nei dintorni e sarei anche il primo a farlo. Prendiamo le fantasie del pizzaiolo, magari “Zucca e Gamberi”, ecco, i topping sono primi che io ho assaggiato e ho trasformato in condimenti per le nostre pizze e sarebbero perfetti per il pranzo. Perché devi avere la base del piatto in ceramica per mangiare un primo, quando potresti avere una base di pizza?! È la stessa cosa, anzi, mangiare la pizza a pranzo è uno spettacolo, io la mangerei ogni giorno. Abbiamo aperto a pranzo solo nel periodo del lock down per l’asporto”.


Come è andato quel periodo?
“Alle 21 ci ritrovavamo seduti a guardare quante macchine passavano, con il locale deserto. È stato un periodo terribile. Io e mia moglie abbiamo pensato al bene dei nostri dipendenti e abbiamo chiesto per loro la cassa integrazione anticipata, garantendo ogni mese lo stipendio. Desideravamo comprarci una villetta e invece abbiamo dedicato quei soldi ai nostri ragazzi, perché se avessimo aspettato l’Inps i pagamenti sarebbero arrivati dopo un anno”. 


Nelle tue parole leggo una tenacia senza fine, come se avessi voglia di prendere a morsi la vita…
“Quest’attività mi ha salvato. Ti rivelo una vicenda che mi ha segnato e non so nemmeno perché ho voglia di raccontarla, ma credo che sia il modo più giusto per spiegare la mia intraprendenza. Nel 2003 ho avuto un brutto incidente con i miei amici, un frontale in cui morì una ragazza. Sono stato ricoverato due mesi in ospedale con i reni perforati. Avevo solo 18 anni allora e quel colpo lì lo sento ancora, lo sento dentro e non mi è mai passato. Non lo dimostro e non l’ho mai dimostrato, ma non sono riuscito a dimenticarlo. Quel trauma mi ha reso così. È come se si fosse aperta una porta e sia entrato non so dove, riempendomi di una fame di vita che prima non avevo. Sono rinato anche grazie al mio lavoro, in cui mi sono buttato a capofitto. Da quel momento ho avuto voglia di fare tutto, di spaccare il mondo della ristorazione e del settore pizza. Tutta questa forza che ho proviene da quell’incidente, una ferita che non si rimarginerà mai, ma che ha dato un altro senso alla mia esistenza. Desidero raggiungere assieme a mia moglie e al mio staff le vette più alte, non posso abbandonare nessun sogno, ci devo riuscire. Lo devo a me, alla mia famiglia e ai clienti che ogni giorno ci onorano della loro fiducia”.

Pizzeria Vecchio Ponte - Via Araldo Di Crollalanza 27, Altamura (BA). T: 0803112339

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