Alle pendici dell’altopiano delle Murge, nel cuore del borgo di Bitetto c’è un posticino, caldo e raccolto, dove lasciarsi stupire da una delle pietanze più tradizionali e al contempo più versatili e innovative della cucina mediterranea…gli spaghetti!
I rebbi della forchetta che ballano un walzer di gusto e di equilibri con quei fili golosi, croce e delizia di camicie bianche e insidiose bilance, intingoli e sughi che sprizzano piacere, pollice e indice che spingono la mano a roteare di 180 gradi o giù di lì che pare quasi una danza d’iniziazione a prova di sinapsi…l’acquolina e il dubbio amletico per eccellenza: avvolgere il boccone come galateo comanda o tirar su d’un fiato gli spaghetti con la bocca?

Il cibo è democrazia, atto politico e promessa d’amore.
E allora varchiamo la soglia di Dorotea, la spaghetteria che prende il nome dalla mamma dello chef, Antonio Iacovelli, e si mostra così com’è la famiglia che le ha dato vita: genuina, vera, estrosa e unita. Una zazzera ribelle da scorpione impenitente, color argento alla soglia dei 40 anni – il 22 novembre – un paio d’orecchini, piercing al labbro inferiore, tatuaggi, loquace a singhiozzo e mani di fatica. Si è fatto da sé Antonio, ne conosce l’orgoglio e il prezzo, ingredienti segreti di ogni suo piatto. Non li vedi ma li senti, eccome, boccone dopo boccone, in un bagno di verità che nell’era delle emozioni fake e mordi e fuggi è gemma preziosa.
“Qui in casa mia il cestino del pane non si chiama coperto – esordisce – ma benvenuto, perché è dal pane che si capisce cos ti aspetterà a tavola”.
Il pane è principio, cura, stretta di mano e carta d’identità.
“Il mio commensale trova pane caldo di Altamura, tarallo al calzone e pane ai mirtilli. Se è buono il pane è buono tutto, e la scarpetta a fine pasto è liberatoria. È straordinario osservare chi inizia piano piano a sbocconcellarlo e poi si lascia andare fino a sfrasciare in libertà”.
Così comincia questo nostro viaggio, l’energia di un ragazzo che fin da bambino respira aria di tavole imbandite grazie a papà Oronzo che lavorava in una sala ricevimenti, e fatica e studia e si forma. L’alberghiero, poi i fornelli e il 24 novembre 2006, due giorni dopo aver festeggiato i suoi 22 anni, chef Antonio battezza la sua creatura.
“Modulata giorno dopo giorno a seconda di gusti, clientela, esigenze – racconta -. C’è qualcosa che però non è cambiato né mai potrà: la scelta della materia prima e l’onestà di ogni singolo piatto. In cui metto me stesso”.
Testiamo l’anima della storia.
Un calice di primitivo di Manduria dolce, color sangue di piccione dalla carta a prevalenza pugliese di Dorotea e tuffiamo le papille in un carosello di paste che vien da farsi crescere i baffi solo per poterli leccare.

In un ristorante così votato alla pasta, la scelata della materia prima diventa fondamentale: pastificio Bruno ha appena lanciato la sua linea "le trafilate" una pasta di grano duro monorigine, trafilato al bronzo che in questa degustazione abbiamo assaggiato; un prodotto contemporaneo, perché attento alla qualità della materia prima e alla lavorazione artigiana, con un risultato di grande interesse. Ecco come è andata.
Lo shop online del pastificio Bruno

In un angolino intimo in fondo alla sala, mentre papà Oronzo accoglie i gastronauti che arrivano alla spicciolata per un mezzogiorno di fuoco e sapori, chiudiamo gli occhi per assaporare gli odori e toccare le creazioni del padrone di casa con i sei sensi, umani compreso. Pasta trafilata al bronzo, racconto locale di una visione senza confini che arriva da Acquaviva: pastificio Bruno.
Sfila sul red carpet del pranzo un piatto di caserecce di semola 100% italiana con pomodoro giallo di Sicilia, salsiccia “pezzente” ovvero a punta di coltello, cacio ricotta di pecora affumicato e un tocco di peperone crusco croccante. L’ingrediente principale, la pasta, è callosa e ruvida al punto giusto per accogliere il condimento e sposarlo. Non si sente grasso, ma solo esplosione di terra, con la sapidità delle scaglie leggere di formaggio e l’acidità gentile del pomo che preparano ad una esperienza ancora lunga.

Prova numero due, ché lo stomaco gaio ringrazia: linguine in bisque di gamberi con pepe di Sichuan, Habanero e tartare di gambero rosa al limone. Il primitivo va che è una bellezza, non ce ne voglia chi là dove c’è pesce chiede solo bianco, se il cibo è atto politico ci sta un tocco d’anarchia e ribellione!
Fresco, gradevole, estivo. Un richiamo alle radici di Puglia e dei suoi mari, con la sferzata del piccante che colpisce l’aroma del limone e ne fa poesia senza eccedere. Equilibrio, si chiama, quasi l’avesse preparato un bilancia e non uno scorpione. Fresco e contrasto dunque, fino alla pace sancita da quell’incontro tra Oriente e Mediterraneo che vorremmo vivere e gustare ovunque, su ogni scenario, e ben oltre una tavola ben apparecchiata.
Liberiamo il palco, pardon il palato per la prossima esibizione, in un crescendo che è tutt’altro shuffle, bensì studiato con cura da Antonio. Vanno di scena gli spaghetti, piatto d’elezione, ancora votati al mare: tartare di tonno, pepe di montagna, caciocavallo impiccato e croccante di pane di Altamura. Ancora territorio, ancora Puglia di bosco e di riviera, ancora freschezza e ruvidità con una iperbole speziata quanto basta. C’è la spinta ma non si corre oltre i limiti di velocità, è un battere e levare di sapori e di accordi, una sinfonia insomma che lascia dietro l’angolo l’assolo, troppo monotono per un creativo - di muscolo e nervo – come lo chef.

Viaggiare a tavola? Si può! Anche senza spostarsi di un solo centimetro dalla tavola.
Percorriamo un po’ di chilometri toccando, secanti, due tradizioni culinarie del sud Italia, tra Puglia e Campania con un piatto tipico della scuola amalfitana: la pasta alla Nerano.
A Bitetto però si servono le pipe rigate Bruno, alla Nerano. Di base un seghettino leggero e gustoso alla zucchina, ortaggio che ritroviamo in chips croccanti, aglio e mentuccia a guarnizione e accompagno. Un bel po’ di pecorino di Moliterno per legare il tutto e il calice di vino è bell’ e finito, occorre un refill!

Giusto giusto per l’esplosione finale, quel salto in avanti che ci porterà indietro, alla cucina economica delle nonne, alle maioliche e alle piastrelle, ai sughi che bollivano per ore, invocavano fettine di pane da inzuppare e riunivano le famiglie, grandi o piccole che fossero.
La nostra personalissima madeleine ha la forma e il sapore di un piatto di orecchiette con sugo di pomodoro rosso del Gargano, braciola di angus pregiato e fonduta di parmigiano. Non chiedeteci se ci sia posto per quest’ultima deliziosa prova perché sarebbe superfluo.
Passato e futuro si incontrano boccone dopo boccone e scrivono pagine di memoria e sapori senza tempo.
Il cibo è un atto d’amore, dicevamo qualche rigo più su, ve’?!
Pastificio Bruno - Via Abruzzo 88, Acquaviva Delle Fonti (BA). T: 3331773721
Spaghetteria Dorotea - Via Andrea Costa 21, Bitetto (BA). T: 3473748939
Via Andrea Costa 21, Bitetto (BA)
Via Abruzzo 88, Acquaviva Delle Fonti (BA)