A Tricase non ci arrivi per sbaglio, soprattutto nel dedalo di vicoletti del centro storico che ospita Lemì Cozze & Gin, un tempio del mangiare bene che si trova fuori dai grandi centri e dai percorsi battuti.
Eppure, così come fanno i canti delle sirene, la cucina dello chef Ippazio Turco automaticamente ammalia ogni palato nel quale riesca a imbattersi. Lo fa con semplicità, identità, piacevolezza e autenticità.


Dietro ai suoi piatti è evidente un’approfondita conoscenza delle materie prime, della loro lavorazione, dei metodi di cottura e degli accostamenti vincenti, sintomo di una padronanza del mestiere tutt’altro che improvvisata.
Del resto non è un mistero che Ippazio Turco abbia alle spalle anni e anni di esperienza nelle più importanti cucine europee e non solo, dove si è formato professionalmente e ha preso ispirazione.


E ovviamente non gli manca un vissuto sul territorio, che per lui non ha segreti: originario di Tricase, lo chef salentino è un "consumato" conoscitore dei prodotti di mare e terra che concorrono alla creazione dei suoi piatti. Tra i suoi meriti più grandi quello di portare in tavola e nobilitare anche i pesci più poveri, spesso bistrattati senza motivo.
Siamo andati a trovarlo nel suo regno e abbiamo ripercorso con lui ogni momento del suo percorso professionale.

Intervista a Ippazio Turco

Ippazio raccontaci com’è nata la tua passione per la cucina?

Per sbaglio, forse per capriccio. Ricordo che avevo 12 anni quando iniziai a fare il garzone di pizzeria con l’obiettivo di comprarmi un paio di scarpette Fila.
La mia era una famiglia umile di 4 figli e in casa non erano permessi esuberi.
Fu così che dopo quattro sabati di lavoro – mi pagavano dodicimila lire a giornata – riuscii a togliermi lo sfizio.

Comprate le scarpe, però, non hai smesso di lavorare. Giusto?

Esatto. Dopo un anno imparai a fare le pizze e d’estate, durante la pausa dalla scuola alberghiera, mi aspettavano le stagioni fuori porta. Dapprima come pizzaiolo, poi a livello più ampio nella gastronomia. Una gavetta proseguita ai fornelli dello Zanzipub, un ristoro a 360° che aprì mio fratello nel 1986, e persino all’estero, in Spagna, in Francia e in Grecia.
La mia sete di conoscenza e la passione sopraggiunta per questo mondo tanto affascinante si facevano di volta in volta più intense, tanto che non appena possibile frequentavo corsi di formazione o facevo stagioni in tantissime realtà, anche in ristoranti stellati e bistellati.

In questo periodo ti sei reso conto che il tuo futuro sarebbe stato ai fornelli?

Credo di essere diventato un cuoco di mare un po’ per coincidenza e un po’ per l’amore che ho sempre nutrito per esso, fin dall’infanzia. E poi, senza ipocrisia, posso affermare che quello ittico è il miglior prodotto che abbiamo in Salento in grado di concorrere con quelli del centro nord Italia.
Lavorando in ristoranti di un certo livello ho iniziato ad appassionarmi anche all’impiattamento, al mondo delle salse durante gli stage in Francia, alla naturalezza della cucina in Grecia, alla cucina di avanguardia in Spagna.
E quando avevo serata libera spendevo tutta la mia paga tra bistrot e ristoranti, all’insegna del “bon vivre”. Credo che si impari anche così, prendendo spunto dai migliori e godendo dei frutti del proprio lavoro.

Il primo piatto che ricordi di aver cucinato?

Il primo in assoluto fu un pezzo di pane abbrustolito accanto al forno con mozzarella, pomodoro e basilico. Avevo 12 anni e lo trovai squisito. Più avanti con l’età ricordo che allo Zanzipub cucinavamo tantissimi piatti di penne all’arrabbiata e alla boscaiola, all’epoca ricette innovative per il Salento.

Nel 2004 coroni il tuo sogno e con tua moglie Margherita aprite un locale tutto vostro...

La prima versione di Lemì, che è l’acronimo dei nomi della nostra famiglia (Luca, Eugenio, Margherita, Ippazio più Cristiano, il piccolo di casa che è nato dopo la creazione del locale), nasce nel 2014, mentre è dal 2018, con il cambio di sede, che prende una connotazione più popolare così come ricorda la nuova denominazione Cozze & Gin.


In queste due parole, infatti, sono racchiuse l’essenza e la filosofia sulle quali si basa il nostro operato. Da un lato la scelta di puntare su una cucina di mare popolare, e quindi quale miglior mollusco delle cozze per rappresentare le prelibatezze che portiamo in tavola?!
In secondo luogo il gin, di cui sono grande appassionato e distillatore.
Adoro passare le giornate nelle campagne della zona e scovare botaniche sempre diverse da utilizzare per la distillazione.

In un Salento forse ancora immaturo iniziasti a raccogliere riconoscimenti e soddisfazioni. C’è una lunga lista di gastronomi e giornalisti che hanno elogiato la tua arte culinaria...

Il Corriere della Sera nel 2011 definì il nostro gelato ai ricci di mare il piatto dell’anno e il giornalista Roberto Perrone mi citò tra i suoi 10 chef preferiti, tra cui figuravano personaggi del calibro di Bottura, Cannavacciuolo, Esposito etc…
Sulle pagine de Il Venerdì di La Reppublica scrissero che la mia, pur essendo una cucina senza stelle, illuminava il Salento. E ancora il New York Times inserì il gelato ai ricci di cui sopra tra i 10 più strani (e buoni - ndr) al mondo.
Non da ultima la richiesta da parte di Eataly di rappresentare la Regione Puglia all’EXPO, al termine del quale registrammo record di incassi, secondi solamente all’Emilia Romagna.
Fu in quell’occasione che mi venne l’idea di improntare lo stile del nuovo ristorante su un’idea di cucina popolare e accessibile a tutti.

Il segreto per il successo di un buon ristorante?

Studiare in continuazione, proporre una cucina dinamica, mai banale, al contempo salutare, e non smettere di aggiornarsi.
E poi anche il fatto di stare al passo coi tempi sia dal punto di vista delle ricette, che dei metodi di lavorazione delle materie prime e delle cotture.
Tra le apparecchiature all’avanguardia che non ci siamo fatti mancare, infatti, annoveriamo un macchinario per aromatizzare gli oli a freddo tramite ultrasuoni, la cella di macerazione ad ozono per il pesce dry aged e non da ultimi forni e griglie di ultima generazione, che consentono anche cotture a bassa temperatura senza l’utilizzo di plastica.

Attenzione alla materia prima, dunque, ma anche all’ecosostenibilità…

Ormai stiamo andando in quella direzione e non possiamo tornare indietro.
Alla base della nostra filosofia, infatti, c’è un profondo rispetto per gli ingredienti, per una scelta alimentare gustosa, ma al contempo sana e salutare, oltre che per l’ambiente.

Come definiresti la tua cucina?

Con un generico “mediterranea”. Tra i principali protagonisti della mia spesa quotidiana c’è il pescato fresco di Ionio e Adriatico, per cui va da sé che le mie ricette seguono profondamente la stagionalità e la territorialità.


Ho splendidi ricordi d’infanzia legati alla cucina di mare, in particolar modo a ricette che prevedevano l'utilizzo dei pesci poveri, come gli spigaluri, gli sgombri, le caure (i granchi) della domenica. E grazie alle nuove tecniche di frollatura a ozono di cui disponiamo, quotidianamente ho il piacere di portare in tavola piatti unici che valorizzano e nobilitano i pesci meno commerciali, come lampughe, pesci serra, cefali, barracuda e via dicendo.
Le carni si asciugano, si concentrano i sapori e la texture rimane più amabile e masticabile. È la cosiddetta tecnica dry aged che sta prendendo piede di recente e che noi utilizziamo ormai da quattro anni.

Quali sono i tuoi cavalli di battaglia che non escono mai dal menù?

Sul gradino più alto del podio ci sono i totani arrosto con le patate, un piatto all’apparenza molto semplice, che è una vera e propria esplosione di gusto. La difficoltà sta nel renderli morbidi all’interno e croccanti fuori attraverso un particolare procedimento di lavorazione che richiede oltre 48 ore di preparazione.
In questo caso ho scelto di rendere moderno un piatto che mia madre faceva sempre quando ero bambino, rivisitando una tradizione marinara in voga in diverse regioni del sud Italia.


Un altro imperdibile l’ hamburger di sgombro e cipolla in agrodolce, che di recente ho eseguito anche in televisione al programma “ È sempre mezzogiorno” condotto da Antonella Clerici, dove spesso vengo ospitato per cucinare piatti di mare rappresentativi del Salento.

Tra le novità della primavera l’introduzione dello scrigno di stagione. Di cosa si tratta?

Una “tavolozza” composta da 4 assaggi che hanno come protagonista il pescato di stagione cucinato in quattro diverse ricette. Una scelta che mi permette non solo di puntare su una materia prima freschissima, ma anche di abbattere i costi e proporre un fuori menù conveniente e sempre diverso.
In questo periodo abbondano le seppie e quindi mi sto sbizzarrendo a proporle in ogni veste: c’è la tagliatella di seppia cruda condita con olio, limone e misticanza, il fritto di piccole seppie, fave e verdure, la seppia media fiammata con mandorle tostate e cicorie, per finire con le polpette di quinto quarto e insalata di piselli.


Una portata che racchiude in sé quattro piatti, da condividere oppure da gustare singolarmente.
A maggio e giugno ci saranno gli sgombri, a luglio e agosto i tonni, a settembre le lampughe e via dicendo. Ogni mese è una sorpresa.

E come in un bistrot parigino, il menù spazia tra antipasti, secondi e dolci. Fai tutto tu?

Sì, qualsiasi piatto porta la mia firma.
La domenica a pranzo, in aggiunta alle portate che vengono scritte a mano in una lavagnetta che raggiunge tutti i tavoli, c’è anche un primo piatto rigorosamente di stagione. In questo periodo si tratta di un risotto con asparagi selvatici, salicornia e gamberi rosa.


Anche tra i dessert amo dare più opzioni, con proposte come il magnum al cioccolato o la mousse di ricotta alla vaniglia che conquistano i più golosi, per arrivare al gelato di mandorle verdi con estratto di menta o alloro o ai sorbetti tutto frutto come quello ai gelsi per chi vuole stare più leggero.

L’ingrediente che non può mancare nel tuo carrello della spesa?

La patata, perché accompagna egregiamente tanti pesci.
Un piatto sempre molto richiesto che la vede protagonista è la spigola in tre consistenze di patate. Il motivo di tale bontà risiede nella particolare intensità delle patate di Tricase che, coltivate in aridocultura (in collina povera di acqua) possono contare su un gusto più deciso.

E quello segreto?

Le erbe che crescono spontanee nel nostro territorio. Come la pimpinella, la paretaria, la brucacchia e così via. Si tratta di cultivar vegetali locali spesso sconosciute ai più, ma che invece hanno tanto da raccontare. Amo utilizzarle nella mia cucina, perché rendono unici i miei piatti.

Il gin è un’altra tua passione. Cosa stai distillando in questo periodo?

Come anticipavo poc’anzi sono un grande appassionato di botaniche e uno dei miei divertimenti più grandi sta nel girare tra i boschi di Tricase e dintorni e trovare profumi nuovi per i miei gin homemade, come la nepitella, l’origano, l’aneto, il ginepro...
A breve ne imbottiglio uno ai fiori di mandorlo.
Confesso che, soprattutto d’estate, il gin tonic dello chef va a ruba e sono in molti a chiederlo mentre pasteggiano. Anche in questo caso equilibrio e bilanciamento, così come in cucina, sono regole basilari.

D’estate puoi contare anche sul supporto di tuo figlio Luca. Vero?

Sì. Attualmente sta facendo un’interessante esperienza a Londra, ma per la stagione estiva sarà il mio braccio destro, prima di ripartire per Dubai.
Sono felice che stia crescendo e che faccia il suo percorso, ovviamente nella speranza che segua le orme del papà ...

Un cenno all’ambiente, che ricorda un’antica locanda di pescatori finemente restaurata e con tocchi di stile.

Un ristorante di cucina popolare per forza di cose doveva trovare casa in un ambiente easy e informale, al contempo raffinato, dove la gente si sentisse a proprio agio.


Un locale dove fossero evidenti richiami al mare, come le reti da pesca e i quadri che impreziosiscono le pareti, e al contempo non ci si sentisse in obbligo di seguire nessuno schema predefinito. Durante l’estate, inoltre, i tavolini esterni riempiono tutta la piazzetta antistante e non di rado c’è un sacco di gente che inizia con un aperitivo a base di gin tonic e crudi di mare per poi fermarsi a cena. Come dicevo è un format giovane e dinamico, senza regole fisse.

Progetti futuri?

Scrivere un libro che racchiuda il mio vissuto e le mie ricette. Iniziano a essere tante se pensi che ogni settimana me ne invento una nuova, e quindi vorrei accorparle in un unico volume.


Lemì cozze e gin - via Tempio, 20, Tricase (LE). T: 3475419108

Le foto sono di ​Daniele Met Photography

  • RECENSIONE
IN QUESTO ARTICOLO
×