Tredici trofei dorati sono esposti dietro le ante retate di un’enorme credenza in legno, la stessa in cui fanno bella mostra di sé bottiglie di birra di noti marchi, amari, vini di tutti i tipi e persino un tajine. Barattoloni pieni di pasta di grandi formati e sacchi di blend di farina per pinsa in 5 tipologie troneggiano su una robusta trave, guardando dall’alto la distesa di tavoli e sedie di legno scuro come civette appostate su un ramo di quercia; al centro un grande camino con mattoncini a vista, spazzolati e dal design curato, conferisce alla sala un calore che evoca casa e cibo buono: così appare al nostro ingresso Osteria da Roberta, che dall’agosto 2018 si trova in quella zona di Lecce divenuta oggi cerniera tra la periferia e Porta San Biagio, ossia i primi 600 metri di via Leuca.
A terra lastroni di un colore brunito e tutt’intorno il giallo paglierino dei muri, su cui, nell’ala destra della stanza, sono scritti in un elegante corsivo i versi di “Le osterie” di Alda Merini. La proprietaria, Roberta Bergamo, ne è appassionata «Ho una fascinazione per lei, perché l’avevano etichettata come “pazza”. La verità è che nessuno lo è e tutti lo siamo un po’».

Una rivelazione inaspettata

Il 27 ottobre, Osteria da Roberta ha ricevuto il riconoscimento di “Miglior Pinseria romana al Mondo” dalla guida 50 World Best Pinsa, alla sua prima edizione. Il locale salentino si è piazzato primo superando non solo la pinseria francese “La Pinsa di Anton” di Isla-sur-la-Sorgue, in Provenza, ma pure la romanissima “La Pratolina” nel Rione Prati della Capitale. «Non ce lo aspettavamo, la notizia ci ha letteralmente colte di sorpresa. – afferma candidamente Roberta Bergamo – Tutto è cominciato una sera di fine estate, ai primi di settembre: è entrato un signore, si è seduto nel nostro giardino interno e ha ordinato due pinse pur essendo da solo. La cosa è sembrata inusuale, visto che già una pinsa intera è in grado di saziare abbondantemente, ma sarebbe diventato tutto ancora più “sospetto” più tardi, quando una delle ragazze, portandogli una sperlunga di frittini, lo ha visto tirare fuori taccuino e penna e annotare qualcosa sotto il titolo “Pinseria da Roberta”. Abbiamo pensato che fosse uno dei tanti food blogger e invece a fine serata quest’uomo ha voluto incontrarmi di persona, rivelando di essere Bruno Petronilli» Dopo molti complimenti per la cena, il giornalista e critico enogastronomico ha ammesso di aver raggiunto Lecce di proposito su consiglio insistente di un amico, non prima di aver macinato molti chilometri per vari assaggi fra la Sicilia, la Calabria e il brindisino. «Mi ha confidato di aver girato diverse pinserie nel mondo (America, Australia, Europa…) e di star lavorando alla prima guida che raggruppasse e classificasse le 50 migliori pinserie al mondo. Sarò sincera, non l’abbiamo presa sul serio. Poi è arrivata una telefonata e siamo stati convocati al We-Gil di Trastevere…»

L’incontro con la pinsa: quasi una folgorazione sulla via di Damasco

Ma come nasce questa passione, che diventa viscerale, per la pinsa? Da un colpo di fulmine nato per caso. «Un giorno, nel periodo in cui mi stavo trasferendo a Lecce, ricevetti la telefonata di un collega cuoco, che si era da poco inserito in un ristorante di cucina italiana a Parigi: mi parlò di una pizza un po’ sui generis, romana, di forma allungata, dall’impasto straordinario, molto buona. Mi informati, andai a cercarla e quando vidi le bolle dell’impasto me ne innamorati. Chiamai Pinsa School, mi recai a Roma a seguire il corso e al termine assaggiai la mia prima pinsa. Sembra surreale, ma è la verità.»

I cavalli di battaglia

Sono ben 42 le varietà di pinsa disponibili sul menu cartaceo e digitale dell’osteria, distinte tra romane, rosse e a base bianca. «Amatriciana, Gricia, Cacio e pepe e Carbonara vanno per la maggiore, tutte condite con ingredienti del territorio e realizzate con il blend tipico della pinsa (ossia riso, frumento e soia) a marchio Corrado Di Marco. Ma ce ne sono tante altre molto gradite: penso a quella con patate e salsiccia, o a quella radicchio, gorgonzola e noci; alle due pinse alla ‘nduja, l’una con cipolla e pecorino, l’altra (la Madre santissima) con salame piccante e stracciatella, o alle 3 vegane  fra cui quella con melanzane, zucchine, carciofi e pomodori.

Una storia di pragmatismo e tenacia tutta al femminile

L’invito a Roma per la premiazione da parte di 50 World Best Pinsa è il momento in cui al civico 5 di via Sicilia cominciano a pensare che stia succedendo davvero: la notizia con tanto di foto viene ripresa ovunque, dall’Ansa ai quotidiani, dai piccoli giornali a quelli di tiratura nazionale, e solo allora Roberta e il suo staff capiscono di non essere dentro a un film. Del resto, in un mondo a trazione così maschile come quello dei panificati (pane, pizze e pinse), la prima regola per le donne è ancora oggi “mai illudersi” ma lavorare a testa bassa col coltello tra i denti. Quella dell’osteria in questione, infatti, è una squadra di sole donne: Irene, classe 1990 e la figlia Gaia, giovanissima (27 anni). Nessuna di loro ha un ruolo esclusivo, ci dice, ma tutte si occupano di tutto. Una scelta di campo precisa, che è anche una risposta a qualche delusione forte da parte degli uomini, su cui però Roberta non indugia a facili pietismi. Non calca troppo la mano sul perché, non ce n’è bisogno, ma il suo coraggio e forse l’emozione per gli scogli superati, anche a livello familiare, emergono in tutta evidenza dalla voce e dagli occhi sognanti e lucidi di Roberta. A tal proposito, se già non ce ne fossimo accorti, ci mostra gli attestati di partecipazione e le targhe conquistate nelle diverse competizioni sostenute negli anni, per esempio 6° campionato di pizza al fungo di Gravina, campionato di pizza piccante in Calabria e tante altre. A testimonianza dei successi di Roberta, ci sono anche le grandi coppe ad effetto «Il primo campionato a cui partecipai, nei dintorni di Salerno, aveva 400 partecipanti uomini e me come unica donna: arrivai seconda nella categoria di pizza romana. Al momento della premiazione stavo per andar via, certa che non mi avrebbero chiamata». D’altronde, quella di pinsaiola è solo l’ultima delle pelli che Roberta ha cambiato: nata professionalmente come operaia tessile, ha lavorato in diverse concerie del territorio e poi, dopo molti lavori diversi, entra come lavapiatti nella sua prima cucina, quella di un agriturismo. Più tardi ha avuto altre esperienze a San Cataldo, Gallipoli, fino a diventare ristoratrice nella sua Magliano, nel 2016.

Un menu che profuma di rivalsa



Per tenere fede alla propria insegna di osteria però, il menu ha mantenuto un piccolo ventaglio di portate diverse dalla pinsa: si va dai maritati al pomodoro alla pasta alla crudaiola, passando per le orecchiette in due versioni (salsiccia e ricotta e pomodoro con burrata); per i secondi, invece largo alla tradizione salentina e pugliese con pezzetti di cavallo, polpette al sugo, arrosto misto e zampetta di Sammichele (una salsiccia con pomodoro e scamorza, tipica del barese). A fare da corredo, ovviamente, ci sono contorni di verdure grigliate, patate in varie cotture, insalate e taglieri di salumi. «Da quando abbiamo aperto a Lecce, abbiamo affiancato alla scritta “osteria” anche l’indicazione “pinseria”, anche se non in evidenza, cosa che prima o poi dovremo modificare. A quei tempi era pur sempre un rischio e per quanto l’idea ci intrigasse, non volevamo puntare tutto sulla pinsa.» Dopo un anno l’osteria dovette togliere la vecchia cucina, perché c’era stata l’esplosione della pinsa romana. La fama del locale cominciò a crescere principalmente grazie al passaparola, ma anche supportata dal sito www.pinsaromana.org, dove l’Associazione Originale Pinsa Roimana, nata nel 2001 – e che custodisce il disciplinare –, mappa tutte le pinserie certificate in Italia e nel mondo come, appunto, quella di Roberta (che ha la matricola 078). «Se penso alla persona che era al mio fianco nel 2018 che non voleva inserissi la pinsa in menu: diceva che non avremmo attratto abbastanza gente perché quel prodotto era poco conosciuto...e non ci avrebbe portati da nessuna parte.» Ricorda la “signora salentina della pinsa romana”. Oggi “Da Roberta” è anche sui social ma, vista la ribalta ottenuta da fine ottobre, c’è da aspettarsi che i follower aumentino di molto e che il tam tam sia solo agli inizi.
 
Osteria da Roberta - via Sicilia n° 5 - Lecce. T: 327/9334846
 

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