“Tengo a precisarlo: la mia non è una cucina fusion tra Italia e Indonesia. Se ci sono contaminazioni, queste restano circoscritte al Sudest asiatico, a Tailandia e Vietnam.”
E’ sicuro di sé, Marco Feltrin, quando racconta il suo Fèria, primo e unico ristorante di alta cucina indonesiana a Treviso. E ne ha ben donde, vista la variegata esperienza e le mille peripezie vissute per mezzo mondo, prima di rientrare a casa: dove tutto, come sempre, è cominciato.
 
“A Treviso ho fatto il pizzaiolo a 19 anni. Dopo un annetto ho deciso di iscrivermi a Lingue e Letterature Straniere, a Padova. Che non ho portato a termine… Mi sono reso conto che non avrei potuto svolgere l’insegnante o simile. Per puro caso, così, sono tornato a lavorare in cucina, proprio qui: fra queste quattro mura che oggi sono mie, vent’anni fa c’era la Vineria.

Dopodiché ho lavorato un anno intero a Jesolo, in Piazza Mazzini. A quel punto del percorso mi sono reso conto di aver bisogno di un maestro, di un ambiente più strutturato, per crescere ancora. Così mi sono recato a Londra.”

Una grande classico dei giovani che, per così dire, vogliono “scappare”

“Esattamente. Infatti a Londra ho potuto lavorare nel primo posto strutturato ad un certo livello, inserito in una brigata di 8 persone, ciascuna col proprio ruolo ben definito.  Era l’Harry’s Bar, facevamo cucina italiana, atmosfera da film con scarpate e piatti che volavano… Ma ho imparato moltissimo. Penso che la mia generazione di cuochi abbia visto l’ultimissima ondata della vecchia scuola, prima che il mondo della cucina cambiasse in senso contemporaneo.”

Quando la svolta verso il mondo del fine dining?

“Il fine dining mi ha affascinato da subito. Sicché, volendo arricchire ancora le mie competenze, dopo l’Harry’s Bar ho girato altri locali,, perlopiù ristoranti francesi stellati, ma anche da Heinz Beck sempre a Londra. Ma l’esperienza che mi ha davvero aperto la mente, e i cinque sensi, è stata quella svolta da Nobu, sempre nella capitale inglese. Il non plus ultra della cucina Nikkei Fusion: materie prime, rigore, pulizia giapponese e spezie, colori, fantasia del mondo peruviano. Idee nuove, esperienze mitiche, come il catering per un Gran Premio di Formula 1. Un paio d’anni che mi hanno cambiato… Ma anche fatto arrivare al limite, intendiamoci.”

Londra dopo un po’ può diventare snervante

“E’ stata stimolante fra i 20 e i 30, poi però anche basta. Così ho deciso di andare a Sidney: tre anni magnifici con un bel contratto, in un posto magnifico, in mezzo a gente un po’ più tranquilla e leggera degli inglesi “britannici”.”

L’Australia è un Paese dove molti giramondo decidono di fermarsi

“E in effetti stavo anch’io facendo un serio pensiero all’idea di stabilizzarmi definitivamente lì… Quando però, durante un viaggio a Singapore, ho incontrato la donna che sarebbe diventata mia moglie: Sriyanti. Nel giro di un annetto lei mi ha convinto, con il suo amore, a spostarmi in Indonesia, a Giakarta, la sua città. Lì ho fatto l’executive chef del ristorante italiano di un hotel a 5 stelle. La mia clientela era perlopiù indonesiana, e ciò mi ha permesso di apprendere in via indiretta i loro gusti, e anche i loro segreti. Proprio in quel periodo ho formulato la mia idea di cucina che ho poi portato qui, al Feria.”

Allora veniamo alla storia recente: il ritorno in Italia

“Sono rientrato qui a Treviso nel maggio 2021. Per qualche tempo mi sono voluto guardare attorno con calma; poi, per ragioni affettive, ho scelto di aprire Feria, e di aprirlo qui, tra le stesse mura in cui avevo già lavorato da ragazzo. Fortunatamente in famiglia si occupano di arredamento, così ho potuto mettere subito in piedi un bel progetto: negli ultimi anni prima del Covid, qui c’era stato l’Undicesimo Vineria, l’ultimo ristorante stellato di Treviso, quindi non bastava cambiare semplicemente il nome a queste mura. Serviva dare al locale una nuova identità forte, a partire dall’interior design.”

E a gennaio 2022 l’apertura vera e propria, con un’idea di cucina che a Treviso non si era mai vista

“Sì, due inverni fa. Volevo proporre una cucina che arriva dalla parte opposta del mondo, ma con la qualità che conosciamo soltanto in Italia. Io prendo i sapori del sud-est asiatico, ma per esaltarli e bilanciarli applico le tecniche apprese nei ristoranti che mi hanno formato. Ciò su cui punto molto, in particolare, è la costante ricerca di equilibrio e armonia nei sapori, cosa molto impegnativa quando si gioca con note forti e affatto scontate.”

Mi fai un esempio?

“Un piatto che abbiamo in carta dall’inizio: il Rendang, uno dei piatti nazionali indonesiani. Un curry di manzo, con note di cannella, cocco e tamarindo. Nella versione indonesiana è uno spezzatino super-secco, perché il loro manzo è piuttosto magro, e loro si focalizzano sul sapore della salsa. Qui noi abbiamo cercato di mantenere il sapore concentrato di questa salsa, abbinandola però ad un manzo maturo, molto saporito, che scottiamo appena. Diciamo che abbiamo scomposto il piatto, sostituendone l’unico punto debole con un’eccellenza italiana.”

E se uno non vuol saperne della carne?

“Nessun problema, anzi! Il Tempeh, per esempio, è una fantastica alternativa: fermentazione della soia, che, a differenza del tofu, bello liscio, conserva ancora i chicchi al suo interno. Viene fermentato per 1-2 giorni e poi fritto, quindi glassato in una salsa di soia dolce e zenzero. Piatto vegano eccellente, perché vanta una consistenza molto vicina a quella della carne, e un sapore davvero buono e deciso.”

Com’è la “risposta” del pubblico trevigiano, finora?

Molto buona. Ci sono parecchie persone che si avvicinano al Fèria, incuriosite. Magari alcuni si aspettano qualcosa di diverso: un fusion Asia-Italia, o Asia-Europa, di alto livello… Ma non è così: noi vogliamo conservare un’identità forte, non assimilabile ad alcun altro locale della zona. Da queste parti non è facile proporre una cucina così distante dai canoni tradizionali o dalle mode del periodo. Ma noi ci stiamo provando e per il momento sta andando bene. Una grande soddisfazione.

A proposito di soddisfazione: cos’è che ti rende più orgoglioso?

Direi la spontaneità della brigata: il sommelier Regis Ramos Freitas, i collaboratori, io siamo persone del tutto spontanee. Non recitiamo una parte, non abbiamo maschere, la nostra professionalità è la nostra spontaneità. Ci tengo molto, ci teniamo molto.

Ultima curiosità: Fèria, cosa significa? C’entra qualcosa con Feltrin?

Affatto: non c’entra nulla né con l’Indonesia né col mio cognome. Avendo io vissuto, specie in UK, con tanti spagnoli, sono stato influenzato profondamente dalla loro mentalità festaiola. Ho voluto così cercare un termine che si collegasse all’idea di sagra ispanica, e anche alle ferie, alle vacanze: Fèria!

Feria Restaurant
Via della Quercia, 8 - Treviso
Telefono: 04221748017
 

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    Via Della Quercia 8, Treviso (TV)

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