Ci sono piatti che si mangiano con la bocca. E poi ci sono piatti che si consumano con la memoria, con il desiderio, con la fede. In questo luogo, il gusto non si serve: si celebra. Questo è un culto laico. Una religione del profumo. Una liturgia carnale. Culto Trastevere alza ulteriormente l’asticella del gusto e propone un menù che supera la fantasia. Luca Grasso ci conduce verso lidi mai sperimentati e la nuova drink list a tema divinità perdute ideata dal bar manager Giorgio Menotti ci proietta in un iperuranio di sapori e fragranze. 

Carpaccio di salmone: il battesimo del ricordo

Nel momento esatto in cui il piatto arriva a tavola, si sente qualcosa smuoversi. Non è solo fame, è un senso di appartenenza misteriosa. Forse perché questo piatto non parla una lingua sconosciuta: parla quella dell'infanzia. Il pan brioche, dorato e fragrante, ha qualcosa della colazione rubata al silenzio. Ma sopra non c'è burro: c'è una sovrapposizione di tempo e sapore, una reminiscenza degli anni Ottanta vestita di panni vintage. Il salmone, marinato a lungo, cullato per ventiquattro ore in un abbraccio di sale, zucchero e spezie, viene consegnato come un messaggio da decifrare. La panna, che una volta era simbolo di comfort, è trasformata dalla vodka e viene liberata di quella patina retrò. L’erba cipollina punge, il limone accende. Poi arriva la scorza candita: una reliquia dolce, un’ostia profanata e resa sensuale. È il passato che si lascia divorare, un boccone alla volta.

Cocktail in abbinamento: Yahagui, il dio affamato
Beefeater 24 Gin, sedano, albicocca. Un cocktail che diverte e non annoia mai. La freschezza dell'albicocca esalta la particolarità del sedano e il gin si esalta come in un preludio mistico. Un paio di sorsi e sei pronti per lasciarti andare. 

Spiedino di polpo e peperoni: un viaggio mistico

C’è qualcosa di ancestrale, quasi dionisiaco, in questo piatto che brucia e abbraccia allo stesso tempo. Il polpo, cotto a bassa temperatura, non è solo morbido: è un oracolo che prima ha lottato e poi ha ceduto. Dopo viene grigliato, inciso dal fuoco, marchiato come le carni votive dei templi. Accanto, i peperoni brillano come frutti proibiti. La salsa verde, pungente e piena di sole, spalanca la bocca e prepara il palato. Le olive nere raccontano di sabati pomeriggio d’agosto e della pazienza che serve per aspettare. La paprika dolce, portata qui come sabbia da un vento iberico, è il fumo dell’altare e racconta storie lontane.



Cocktail in abbinamento: Anubis, il giudice delle anime
Beefeater Gin, Pratum Amaro, Lattuga, Pesca, pompelmo Orsini. C’è il verde intenso della lattuga, ma c’è anche la morbidezza languida dell’albicocca, come una veste profumata addosso alla pelle salata. Il sorso scivola come un canto, si ferma un istante sulla lingua e poi scompare. Ma lascia un segno che non si dimentica.

Raviolo alla piastra: un incontro particolare

Immagina due culture che si guardano negli occhi, senza chiedere permesso. Da una parte, la mano orientale che impasta farina di riso e 00, cercando il croccante, la tenuta, l’equilibrio. Dall’altra, il cuore mediterraneo che spinge dentro pollo e peperoni. Poi c’è la salsa teriyaki al lime, che avvolge tutto con una dolcezza intrigante, come un bacio che pizzica. Questo raviolo è libero dagli schemi e ti conquista il palato con la sua insostenibile leggerezza. C’è chi ha chiesto il bis e chi mente.

Cocktail in abbinamento: Ate, la dea dell'inganno
Absolut Vodka, basilico e cetriolo. Verde su verde, come muschio fresco su pietra calda. Un sorso che è respiro vegetale, quasi taumaturgico, ma poi si rivela carezza salata, un sussurro sotto pelle. Un drink che coniuga il meglio dell'istate con la freschezza piacevole dell'autunno. 

Melanzana alla Norma: un rito che non finisce mai

C’è un ciclo nascosto in questa preparazione: nascita, morte, rinascita. La melanzana viene prima cotta lentamente, come un respiro trattenuto. Poi viene fritta: immersa nell’olio tra schiocchi e profumi. Infine viene infornata per farla tornare asciutta, matura, eterna. Il sugo di pomodoro arrosto è la veste rossa del rito, memorabile come i ricordi dell’infanzia. C’è anche il pomodoro fresco e un tocco vellutato di pesto di basilico. E come dimenticare la ricotta salata, neve copiosa su un vulcano spento. Ogni forchettata è una liturgia interiore, un ritorno a casa che non conosce coordinate.

Cocktail in abbinamento: Micltlant, il signore dei morti
Havana 3 Rum, menta, fragola, panna. Sembra innocente come un giorno d'estate sempre blu, invece è lussurioso ed elegante come un nettare a cui non puoi dire di no. Non pensavo fosse possibile ripercorrere fragranze cosi diverse da loro, ma grazie a Culto Trastevere mi son dovuto ricredere. Ti stai chiedendo cosa c'azzecca una melanzana alla norma con un drink così complicato? Vai da Culto e regala al tuo palato qualcosa di sensazionale. 

Manzo tonnato in tartare: un sogno a occhi aperti

Qui la carne si presenta nuda, cruda, vulnerabile. Ma non ha paura. Viene glassata con fondo bruno, una carezza scura che ne intensifica il tono, la profondità. Sopra, la salsa tonnata: quella vera che non si finge gourmet, ma che sa di casa e domenica, di tovaglie pesanti e ricordi familiari che rimangono indelebili nel tempo. I fiori di cappero sono le mani che sistemano tutto, che rendono bello ciò che è già vero.

Cocktail in abbinamento: NYX, la madre della notte

Nordés Gin, Fusetti Bitter, cioccolato, Garbata Vermouth rosso, yogurt e ciliegia. Con una tartere così altalentante di sapori, ci voleva la madre della notte. Un cocktail che accarezza la lingua e poi punge. Che non si concede, ma si conquista. Un morso, un sorso. E il domani può attendere. 

Carpaccio alla scarola: il Vangelo secondo Campania

Un piatto che non si limita a essere buono: ti racconta un’intera geografia emotiva. Il carpaccio di manzo è la tela. Lì sopra, olio, aglio e peperoncino danzano con agrumi e confettura di albicocche, in una tensione perfetta tra dolcezza e fuoco. Poi arriva la scarola in chips, che scrocchia sotto i denti e ti riporta in quel giorno d’agosto dove stavi tanto bene. La terra di olive chiude tutto come una campana di cenere. Un piatto che profuma di autenticità e tradizione.

Cocktail in abbinamento: Erebo, l'abisso senza fine
Botran Ron Reserva Blanca, Botran 15 Ron, pepe di Sichuan, chartreuse, vaniglia, kiwi, lime. Un bicchiere perfetto per un piatto che ti riporta bambino e che non smetteresti mai di mangiare. 

Culto Trastevere: un viaggio che non finisce mai

Quando il bicchiere è vuoto e sul piatto resta solo la traccia di un’emozione, ci si rende conto che non si è semplicemente cenato. Si è vissuta una messa pagana del gusto, una cerimonia fatta di mani, tempo, pensiero. Un rito in cui ogni sapore è stato scelta e coraggio, memoria e slancio, radice e volo.
Culto Trastevere non è un locale.


È un luogo della mente, un altare contemporaneo dove la cucina non ha paura di contaminarsi, dove l’innovazione non distrugge ma ascolta la tradizione e la riscrive con rispetto e audacia. Qui, la Campania parla giapponese. Il Lazio abbraccia il Messico.

La Sicilia flirta con la Spagna. Tutto è vero perché tutto nasce da una domanda sincera: “E se questo sapore potesse essere anche altro?” In un quartiere dove le pietre sanno raccontare e i vicoli si stringono come abbracci, Culto ha fatto quello che nessuno osa fare: ha reso la cucina un ponte tra ciò che siamo stati e ciò che potremmo diventare.

E così, tra un morso e un sorso, ci ritroviamo a credere di nuovo nel miracolo più semplice di tutti: quello di un piatto che stimola i ricordi, di un cocktail che profuma di futuro e di un luogo che sa tenere insieme il sacro e il profano, il vecchio e il nuovo, il cuore e il palato.

Benvenuti da Culto Trastevere.

(credits: gentile concessione Culto Trastevere) 

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