Non è una novità che questo ristorante, rinomato per la sua cucina di mare e la bellezza dei suoi ambienti, che valorizzano uno scorcio tra i più suggestivi del litorale jonico salentino, sia nella top ten delle cose da fare quando si è in questo lembo di terra. Lo sanno bene gli autoctoni, che lo custodiscono come uno scrigno e lo frequentano d’estate e d’inverno, e i turisti, che ne hanno definitivamente decretato il successo da almeno un paio di decenni.
Ma ciò che è davvero interessante è che qui la ricerca gastronomica non si ferma mai, non si accomoda su allori che potrebbero durare un’eternità. Questo è un luogo in continua evoluzione. Perché la differenza, prendendo in prestito e parafrasando le parole di Ignazio da Loyola, non è solo tra dove si mangia bene e dove si mangia male ma tra dove si mangia bene e dove si mangia meglio.
Ecco, qui è meglio. Per la selezione della materia prima, per un servizio impeccabile e gioviale, per una carta vini che il mondo l’abbia in gloria e per un progetto di cucina che ci ha conquistate, dall’antipasto al dessert.


Il giovane chef Fabio Vulpitta è un concentrato di autentica passione per la sua terra – ancor più per il suo mare – che conosce fin nei reconditi grazie a esperienza e studio. Come spesso accade, l’esperienza è familiare, ha origine nell’infanzia e ha a che fare con la conoscenza di gusti e profumi ancestrali. Poi si innestano studio e ricerca che lo conducono, e ci consentono di provare attraverso i suoi piatti, esperienze memorabili.
Il suo progetto di esaltazione e celebrazione della cucina di mare ha a che fare non solo con ingredienti notoriamente pregiati – che certo qui non mancano – ma soprattutto con quelli apparentemente “poveri” e, ancor più, quelli sconosciuti ai più, anche a chi da queste parti ci è nato e cresciuto. A partire dalle alghe, con risultati eccezionali al palato e mirabili in termini di sostenibilità concreta (anche in collaborazione con i pescatori di quest’area marina protetta).

Il nostro percorso comincia con il frutto di mare più popolare: la cozza. Portata a livelli inesplorati grazie a tecnica, contaminazioni e il desiderio di riportare alla mente ricordi che poche cose come il cibo sanno far riemergere. L’antipasto è, quindi: Cozze in tempura alle polveri (peperone, curry, patata viola) e salsa di provola.
Versione elaborata e centratissima del super classico cozze-crude-e-provola. Da mangiare con le mani, rigorosamente consigliato, facendo la scarpetta con le cozze tra polveri e fonduta di provola. Abbinata, dal bravissimo e sorridente sommelier Mattia che ci accompagnerà in tutto il percorso, a una bollicina Franciacorta 2019. Un inizio che già vale il viaggio ma che invita a esplorare il resto con gioia e curiosità.


La seconda entreé ci conquista definitivamente: Insalata di mare.
Gli ingredienti ci sono tutti (sedano, carote, molluschi, crostacei, frutti di mare), ma ricreati in una formula che sorprende, avvolge, seduce. 
La crema di sedano (sedano montato) è fresca e ricca, le carote marinate al limone e salsa champonzu, in sottili listarelle, danno croccantezza e il piacere della verdura fresca, gamberi cozze seppioline e calamaretti (siamo in inverno, è la loro stagione) sono lasciati nella loro essenza da una semplice cottura al vapore (ma non ci avventuriamo nella tecnica di precisione) per un risultato che colpisce al cuore. Le alghe – alga uva (abbiate fiducia, un’incredibile versione vegetariana del caviale), salicornia&more fanno la differenza. È come mangiare sugli scogli, un’esplosione di mare. “Ho imparato dai pescatori e dalle trattorie”, si limita a dire lo chef, come non avesse fatto un capolavoro. Siamo solo al secondo piatto – la richiesta era di non esagerare ma non si resiste – e già soddisfatte. L’abbinamento è perfetto con un Sauvignon blanc 2022.


Il primo piatto è una piccola perla di artigianalità, sostenibilità e gusto: Spaghetto home made da grano Senatore Cappelli e alga con granchio blu.
Questa “specie aliena” di crostaceo è meno pratica da utilizzare in cucina rispetto alle specie locali (lo chef ce lo conferma, su nostra pressione: la brigata ci passa le ore) ma è buonissima e il suo utilizzo è un contributo autentico, non declamato, all’equilibrio ambientale. Il pomodoro messo in infusione con bucce di limone e olio evo fa il resto, donando al piatto una nota aromatica citrica che quasi prevale. I germogli di lupino a guarnire non restano un banale condimento. Tutto è una scoperta. Una Verdeca del territorio ci accompagna piacevolmente nel viaggio.


Arriviamo al secondo con descrizione didascalica: Grigliata di mare. Ma già sappiamo che non sarà così elementare.
E infatti, sebbene l’essenza di una “semplice” grigliata sia tutta lì, il piatto è non solo di grande bellezza nella composizione ma ha un segreto che lo rende superlativo: la base è una seppia in sfoglia, marinata con limone, acqua di mare e colatura di alici. Il resto (nel nostro caso orata, dentice, triglia, gamberi) è frutto di una cottura appropriata per ciascuna tipologia e dimensione. Potrebbe essere un magnifico piatto unico. Abbinato a un rosato naturale locale, scelta perfetta come le altre.


Infine, il dolce. Si chiama Pink e lo è: rosa, viola. Quasi artefatto alla vista finché non lo si assapora. Il gusto è quanto di più lontano la mente associ a elementi sintetici. Gli ingredienti sono freschi e stagionali (le barbabietole sono quelle dell’orto di Tonino, membro storico dello staff, per intendersi) e antichi e moderni. Mousse con barbabietole e amarene ricoperta di cioccolato “pink”. La spugna realizzata con cherry e crema inglese all’alchermes. Praticamente due secoli di storia della pasticceria e gelateria in un dessert. Abbinato a un sidro di pere spumantizzao da applausi.
Il tutto su una vetrina di mare che sembra un quadro. Che dire, ci torneremo, e di corsa.
Ah, il pane della casa e l’olio con cui è servito sono buonissimi. Ma non esagerate ché le porzioni sono abbondanti, non propriamente fine dining.

Ristorante Aqua - Via Strada dei Bacini, 89 - Porto Cesareo (LE). Tel. 0833560660

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