intervista el refolo

Pubblicato il 15 marzo 2025

intervista el refolo

Cosa si può dire di un posto già conosciuto, ma senza essere banali? Cosa raccontare che un local non conosca già in una delle zone più amate di Venezia? Potrei raccontarti che Massimiliano è quell'amico che ti sembra di conoscere da sempre, pronto a posare per una foto per la sua intervista mentre mantiene lo sguardo attento sui suoi ospiti. Mentre aspetto davanti al Refolo, tra uno spritz e un calice di rosso, che Massimiliano sia libero per rispondere alle mie domande, mi guardo attorno e mi ripeto che Castello è ancora orgogliosamente veneziana, per molti ma non per tutti. 

Massimiliano, mi hai chiesto di farti un'intervista non banale e quindi io ci provo. Raccontami: come si rimane bacari veneziani nel 2025? 

Imparando ad amare ancora di più la propria città nel momento in cui la si osserva con gli occhi degli altri e si percepisce la fortuna di vivere in una zona ancora fortemente veneziana ma, al tempo stesso, con la voglia di trovare storie nuove da raccontare. "Refolo" è un libretto che ho trovato qualche tempo fa che racconta una storia d'amore non molto diversa da Romeo e Giulietta, con due fazioni opposte che si battono perché i due innamorati non convolino a nozze. La storia di per sé è molto banale ma quello che mi è piaciuto è che il Refolo è il vento del cambiamento, un vento che riesce a scuotere la realtà e portare qualcosa di nuovo.

C'è molto della tua storia in quello che possiamo vedere oggi…

Moltissimo, se consideri che dopo i trent'anni ho iniziato a studiare di nuovo: per prima cosa, il corso da sommelier per prendere dimestichezza con i vari vini e poterli raccontare meglio. Del resto, dopo aver lavorato per tanti anni in un ambiente tecnico (Massimiliano lavorava nel settore informatico, n.d.r.), è normale cercare di capire come funziona il dietro le quinte, così da sentirmi sicuro quando devo raccontare la storia dietro un singolo calice. Di fatto, avere la tecnica ti permette di capire cosa e come raccontarlo, caso per caso e ospite dopo ospite, perché ogni vino e ogni dettaglio hanno la loro storia.

E, a proposito di storia, ti sei aiutato tanto con le tue letture…

Nel racconto di Elio Zorzi, Osterie veneziane, la cosa che più mi ha colpito è l'approccio all'osteria stessa: estremamente democratica, perché in osteria entrano tutti. Agli occhi del ristoratore, tutti gli ospiti sono uguali, indipendentemente dalla loro storia o dal motivo che li ha portati in città. Credo che si possa rimanere ancora fortemente veneziani, legandosi proprio a questo concetto: non importa chi sei o da dove vieni, quello che bisogna mantenere dalla tradizione è questa idea di servizio uguale per tutti e alla portata di tutti. È compito dell'oste mantenere questo forte spirito di convivialità e, soprattutto, l'approccio informale.

Cosa mi dici, invece, della cicchetteria?

Anche in questo caso, farei riferimento ad un testo in particolare: le cronache di Marin Sanudo. Già nei suoi scritti del 1500, Marin Sanudo pone l'accento su come a Venezia non si alleva e non si coltiva, eppure sulle tavole veneziane si mangiano i prodotti migliori al mondo. Allo stesso modo, io non sono legato ai prodotti a chilometro zero, non soltanto almeno, ma decido di importare da tutta Italia le eccellenze gastronomiche che mi incuriosiscono. Ogni cicchetto diventa un matrimonio impensato, come ad esempio il cicchetto che hai provato con soppressa e friarielli. Ci sono molti nostalgici che si lamentano che non ci sono più le ombre di vino "come una volta" ma che la selezione è sempre più ampia, forse troppo...eppure, da tradizione, una volta esistevano i bastioni in prossimità dei canali, facili per venire approvvigionati dai vini provenienti da tutta Italia. Un tempo, non si pensava al bicchiere di vino come un momento da aperitivo, ma era semplicemente un modo per fare una pausa durante il lavoro.

Insomma, sei praticamente “l'oste rustego”!

Ti direi di sì, ma nel senso di rustico perché ti raccontiamo, ti invogliamo a provare qualcosa di diverso. Se credi in un progetto, rinunci al cliente che cerca solo il classico spritz o quel vino visto e rivisto. È proprio una presa di posizione: dopo tanta formazione, tante prove, tanta ricerca, c'è un orgoglio dietro nel servizio che non è quello di chi riceve un ordine ed esegue, ma ha un fattore umano incredibile.

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