Storia e tradizione della festa d'Ognissanti nel Salento: ma tu le conosci le Fanfullicchie?

Pubblicato il 1 ottobre 2025

Storia e tradizione della festa d'Ognissanti nel Salento: ma tu le conosci le Fanfullicchie?

Riccioli di caramelle che si trovavano davanti al Cimitero soltanto una volta l'anno

"Ogn'anno, il due novembre, c'è l'usanza per i defunti di andare al Cimitero. Ognuno l'adda fà chesta crianza; ognuno adda tené chistu penziero".
Recita così l’inizio di una delle poesie popolari che amo più di tutte, quella del grande Totò. Quando arriva questo periodo dell’anno, così importante e sentito da grandi e piccini, non posso fare a meno di pensare a queste righe che condensano al loro interno la bellezza dell’amore per i propri cari e al tempo stesso l’importanza delle tradizioni. 


E no, non chiamatela “roba da boomer”, perché le usanze delle generazioni che ci hanno preceduto, anche quando non lo sappiamo, sono incastonate dentro di noi come le radici di un albero. Ecco perché, quando le scopriamo e decidiamo di conoscerle più a fondo, hanno un sapore unico al mondo. Come quello delle fanfullicchie, caramelle fatte in casa tipicamente salentine, che un tempo rappresentavano l’unico dolce alla portata di tutti, vendute solo una volta l’anno nei pressi del cimitero di Lecce. 
C’è un alone di mistero ad avvolgere la loro storia e soprattutto la loro origine, ma pare siano state inventate in occasione della Fera te lu panieri, una festa nata nel lontano 1600 per celebrare l’investitura a vescovo di Luigi Pappacoda, colui che ottenne per Lecce il patronato dei santi Oronzo, Giusto e Fortunato. In origine questa caramella veniva infatti offerta ai bambini poveri e orfani durante la festività di Ognissanti e per tutta la settimana dei defunti, insieme alla consegna “della spasa di monsignore”, da parte dello stesso Pappacoda. Quella “spasa” divenne poi “la fiera dellu panieri”, in piazza Duomo. Era lì, tra bancarelle di prodotti tipici locali, giochi di legno e altri oggetti sfiziosi, che questi boccoli di zucchero colorato hanno fatto la loro comparsa per la prima volta. Ne esiste anche un’altra versione, in cui lo zucchero caramellato appare corto e tozzo, come uno gnocco, prendendo il nome in questo caso di “bombolone”.


Un altro famoso personaggio che ha scritto una pagina importante della storia delle fanfullicchie è il gelataio ambulante Franco Castelluzzo, detto Franchino o Franco dei gelati, che sin dai primi anni ’70 deliziava tutti con il suo richiamo e con i suoi coni al gusto di limone, cioccolato o arcobaleno; a vantarne la paternità del revival e, soprattutto, ad averle portate davanti all’ingresso del cimitero è però suo cognato Antonio Sergio,  detto Uccio, che un po’ di anni fa rilasciò una bellissima e spontanea intervista davanti alle telecamere di Salento Web tv. Rosa, gialle e verdi i colori più ricorrenti, ai quali corrispondono altrettanti gusti: fragola, menta, anice, banana. 

Per decenni la loro presenza costante e non proprio silenziosa serviva per tenere buoni i bambini più piccoli durante la visita ai parenti defunti, rappresentando l’unica parentesi festosa e colorata anche per gli adulti in un contesto, per ovvie ragioni, non particolarmente carico di brio. 
C’è chi le cerca ancora, con pazienza e dedizione, in queste fresche giornate che accompagnano il ponte d’Ognissanti leccese, sperando che la loro assenza degli ultimi anni non si cronicizzi, lasciando il posto a un nuovo ritorno di questi riccioli zuccherati fatti in casa con pochi ingredienti ma con tanto, tantissimo amore. 

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scritto da:

Grazia Licheri

Le parole sono gocce che muovono il mondo. Per questo vivo ogni giorno le mie emozioni e lascio che prendano forma attraverso la scrittura. Amo comunicarle agli altri attraverso racconti e articoli creativi, ma soprattutto… amo la musica e il buon cibo.

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