Martino Granzon, Chef e proprietario di Trattoria al Sasso a Teolo è un giovane (chissà se anche lui si definirebbe tale essendo in quell’età limbo dove potresti essere definito con un mucchio di appellativi) convinto delle proprie idee ma sempre pronto a rimetterle, quindi rimettersi, in discussione e, cosa ancora più importante, è proprio come la sua cucina: elegante, riflessiva, emotiva. 

Non capita spesso di trovare Chef di poche parole, chiaramente non abbiamo fatto indagini antropologiche ma per nostra esperienza ci sentiamo di dire che Martino è, tra molti, un “unicum”: schivo alle domane e capacissimo di driblare le risposte, una volta che capisce di potersi aprire non solo non si risparmia ma ama anche aprirsi ad un dialogo a due vie dove ad un certo punto non ricordi più se sei l’intervistatore o l’intervistato.
Sì insomma, tutto questo per dire che siamo tornati a trovarlo e tra le mille difficoltà e stanchezze che questo lavoro porta con sé, siamo felici di averlo ritrovato ancora e sempre appassionato di una cosa sola, l’unica che conta: la cucina. 

Martino, due parole per chi non ti conosce ancora e poi passiamo all’intervista vera, che ne dici? 


Sì direi che è d’obbligo una piccola presentazione. Allora io sono Martino Granzon, Chef e proprietario di Trattoria al Sasso, locale che ho rilevato nel Luglio 2023 ma che prima di me si porta dietro una storia familiare ma anche culinaria molto importante grazie a Lucio Calaon e Lorenza Dal Santo, storici titolari della trattoria dal 1950. Prima di arrivare qui a Teolo ho passato oltre dieci anni nelle cucine di mezza Europa facendo esperienze tra le più disparate e poi, quando si è presentata questa ambiziosa occasione, ho deciso di tornare a casa - letteralmente perché nasco in zona Colli Euganei - e buttarmi a capofitto in questa nuova esperienza. E così continuo a fare ancora oggi, oggi che le mie giornate sono scandite dalle mille cose da fare in cucina ma non solo. 
Con me pressoché dall’inizio Elia Tecchiato, sommelier incredibile e grande amico ormai e Sofia, tassello fondamentale in sala. 

Perfetto ora che ci siamo scaldati possiamo iniziare: come stai? 


Sto bene, stiamo bene anche se non lo nascondo, il periodo è sempre molto complesso e imprevedibile e questo non ci permette mai di poterci rilassare un secondo per goderci quello che abbiamo costruito. Le persone, le loro voglie, le loro aspettative ma anche le loro abitudini e possibilità sono molto cambiate negli ultimi anni e mi rendo conto di quanto la cucina debba necessariamente evolversi, cambiando con loro. È un lavoro obbligatorio questo lo so, però è un lavoro che richiede molta fatica e anche molta apertura mentale che qui certo non mancano ma sai, sommandosi a tutte le altre mille cose a cui già pensiamo durante il giorno beh, rende tutto ancora più tosto. Sono comunque felice, da che abbiamo iniziato ho la sensazione di aver raccolto diversi obiettivi e creato una piccola base di clienti che ci scelgono, tornano e soprattutto che hanno capito cosa stiamo provando a fare. 

Eh, cosa state provando a fare? 


Eh, forse sarebbe bene dirlo con forza: non stiamo provando a fare nulla di folle, nulla di proibitivo, nulla di imprevedibile, anzi. Trattoria al Sasso è un locale che ha raccolto un’eredità importante che abbiamo fortemente voluto mantenere senza snaturarla ma adattandola quanto più possibile all’idea di cucina che volevamo proporre. Chi ci viene a trovare troverà entrambe le anime e le troverà, spero, ben bilanciate, tra una Faraona di Bresse e una più innovativa Cesar Salad Euganea o, ancora, tra un gazpacho e una tartare di vitello con salsa tonnata (mio tributo agli anni francesi) servita al naturale  con polvere di cappero, a ricordare un vitello tonnato. Sì, a modo nostro abbiamo anche polenta e sopressa. 

Una cucina di cuore, ricordi ma anche una cucina che guarda al futuro?


Sì, senza dimenticarci però da dove arriviamo, perché sono consapevole che anche questo sia importante. Sai, molto spesso per me almeno la vera difficoltà di questo lavoro sta nello semplificare le idee che arrivano, renderle comprensibili agli altri e fattibili per chi le deve lavorare. Non basta pensare ad un piatto serve anche capire come verrà accolto, come verrà visto e io provo sempre a mettermi nei panni di chi si siede in sala e lo vede arrivare, mentre lo creo penso sempre a cosa penserei lo vedessi per la prima volta. È un lavoro complesso che spesso mi fa anche dubitare delle mie idee iniziali, e questa è la parte forse che meno apprezzo, ma è un lavoro che devo - che dobbiamo - fare come categoria perché se non vi è un dialogo diretto tra cucina e cliente allora per chi cuciniamo? Io non voglio cucinare per me stesso, certo voglio fare quello che amo e che credo sia giusto ma voglio anche che sia in grado di arrivare. Negli anni il lavoro più grande che abbiamo fatto qui è stato proprio questo, cercare di trovare una nostra identità in cucina. 

E l'hai trovata?


Forse dovresti chiederlo ai clienti più che a me, però sono felice del risultato raggiunto, questo sì. Credo si possa e si debba fare molto altro ma è un buon punto di partenza quello che abbiamo costruito. Se mi chiedessero com’è la mia cucina credo la definirei “istintiva” posto che definirla a parole per me è complicatissimo. Ci sono dei gusti, dei prodotti, delle immagini che segnano tanto le persone quanto gli Chef e su quelli posso poco perché da un lato sono il mio tratto distintivo dall’altro probabilmente sono anche il mio tallone d’Achille e poi c’è una costante evoluzione che arriva dal dialogo, dallo studio, dal rapporto con gli altri e con il mondo che ci circonda.


Ti faccio un esempio: Elia ha una cosa incredibile che io gli invidio moltissimo ovvero sceglie i vini in base sicuramente al suo gusto personale e alla sua competenza e poi si tiene sempre un piccolo spazio di manovra per scegliere quei vini che piacerebbero a quel preciso cliente.


Non per forza sono vini che lui berrebbe ma sono vini che, conoscendo i gusti dei nostri clienti, già focalizza per loro. Per molti questo è scendere a compromessi, per me questo è fare il miglior servizio possibile. 

Ci scegli un piatto che racconti maggiormente il tuo ultimo menù estivo? 

Urca, complessa questa. Faccio molta fatica a risponderti perché ogni piatto a modo suo è qualcosa che mi e ci rappresenta però ci provo e ti dico “Strawberries Fields forever”. È un dessert che non voglio svelare troppo ma che prende il nome da una bellissima canzone dei The Beatles che mi piacciono molto e che per questo ma anche per gli ingredienti utilizzati è un pò un ricordo felice di noi da bambini. Sai credo molto che la cucina debba sicuramente essere buona e di qualità ovviamente e che debba uscire al giusto prezzo e tutto il resto, ma sono convinto che la soddisfazione o meno di una persona passi anche per la capacità di creare ricordi in quel luogo. Mangiare con chi si ama non è mai solo mangiare, è fermare un istante che sarà per sempre più o meno felice e questo influenzerà anche il ricordo del cibo. 

Trattoria al Sasso
Via Ronco, 11 - Teolo (PD)
Tel. 0499925073

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