San Lorenzo è un quartiere che vive di contrasti: la vita notturna e la quiete delle famiglie storiche, i giovani universitari e la romanità più autentica. In mezzo a questo crocevia di voci, da qualche anno c’è un posto che sembra aver trovato la chiave giusta per far convivere tutto e tutti: Saporito. Ci incontriamo con Marco, proprietario e anima del locale, che ci racconta come da un’eredità di famiglia e da un’intuizione nata in un momento difficile sia nata una storia di passione, sacrificio e tenacia.

Saporito nasce da una scommessa, ma anche da un legame di sangue.

Il locale appartiene alla mia famiglia da fine Ottocento» racconta Marco con orgoglio. «Era la proprietà di mia madre, e prima ancora dei suoi genitori. Qui dentro, dove oggi c’è il bancone, c’erano una volta le celle dei carabinieri. Poi è diventato deposito di autobus, officina, galleria d’arte… fino a quando è arrivato il franchising di 100 Montaditos, che però ha lasciato tutto in condizioni disastrose». 


Quando la situazione è precipitata e nessuno sembrava volerci più investire, Marco decide di provarci lui. «Avevo appena finito gli studi in economia, gestivo un barber shop accanto e dissi a mia madre: “Se mi vieni incontro, lo prendiamo noi”. Così, il 2 giugno 2021, è nato Saporito».

«Siamo partiti in due: io e un cuoco. E da lì, piano piano, è iniziata la scalata»

Marco parla di quei mesi con una luce negli occhi che racconta più delle parole. «Era subito dopo il Covid, l’università ancora semi-chiusa, il quartiere stanco. Ma quella calma ci ha dato il tempo di imparare, di capire i nostri errori. All’inizio aprivamo solo la sera. Poi è arrivato l’aperitivo, poi i pranzi. Oggi siamo aperti dalle 12 a mezzanotte, tutti i giorni».

Il segreto, dice, è stato crescere un passo alla volta. «Io ragiono così: piccoli obiettivi, ma concreti. Prima migliorare la cena, poi consolidare il pranzo. Ora sto lavorando sulla fascia aperitivo. Ogni cosa fatta bene, senza salti nel buio».

«San Lorenzo non è solo giovani e birrette. È un quartiere che ti abbraccia se lo rispetti»

«Siamo nella parte più bella del quartiere», spiega Marco. «È una via tranquilla, luminosa, piena di attività. Qui convivono gli universitari, le famiglie storiche, i single, i turisti. C’è tanta romanità, quella vera. E noi abbiamo scelto di rappresentarla anche nel menù».

La romanità è infatti un pilastro di Saporito: «La nostra carbonara è finita tra le migliori dieci di Roma per RomaDay dopo appena due anni di apertura. È stato un riconoscimento che ci ha riempiti d’orgoglio».


E accanto ai piatti della tradizione romana, Marco ha scelto di puntare sulla pizza napoletana. «È stata una scelta di testa e di cuore. Nel quartiere tutti fanno la romana, quindi volevamo distinguerci. Abbiamo fatto costruire il forno da un artigiano napoletano, un’opera d’arte. E oggi posso dire con orgoglio che la nostra è tra le più buone di Roma».

«La clientela non l’abbiamo costruita, si è creata da sola».

Quando gli chiedo come si costruisce una community così affezionata, Marco sorride: «Non c’è stato un piano di marketing. È successo in modo naturale. Mi piace chiacchierare, conoscere le persone, ricordarmi i loro nomi, i gusti, le storie. E la gente lo sente. Da me vengono ragazzi, famiglie, professori universitari, persino qualche volto noto… ma qui sono tutti uguali, tutti a casa».

Questo spirito accogliente, però, ha anche un prezzo. «Forse il mio difetto più grande è essere troppo buono» ammette. «Nel mondo della ristorazione dovresti essere più freddo, più distaccato. Ma io non ci riesco. Per me lo staff è come una famiglia. Quando qualcuno sta male, io sto male. Quando uno ha un problema, lo vivo anch’io. Però so che dovrei cambiare un po’».

«Saporito è la mia vita. E anche se costa tanto, non la cambierei».

La giornata tipo di Marco inizia presto e finisce a notte fonda. «Faccio tredici, quattordici ore al giorno. Se manca qualcuno, faccio io: sala, cucina, gestione. Ho imparato tutto sul campo. Non posso delegare molto, perché tutto passa da me. È un impegno enorme, ma quando la gente entra e mi saluta per nome, capisco che ne vale la pena».


E la vita privata? «Mia moglie mi conosce da prima di Saporito. Sa che non esistono weekend, feste, ferie. Ma mi capisce, perché anche lei è una stakanovista. Ci compensiamo. Quando riusciamo a ritagliarci un momento insieme, ce lo godiamo fino in fondo».

«Saporito senza di me? Sarebbe un altro locale».

«Me lo chiedono in tanti: se un giorno lascerei la gestione diretta a qualcun altro. Ti dico la verità: non lo so» confessa Marco «senza la mia presenza cambierebbe tutto. Non in peggio, ma in modo diverso. Oggi tante persone vengono anche solo per scambiare due parole con me, per l’atmosfera familiare. E quella non la puoi replicare».

Poi, dopo una pausa, aggiunge: «Sì, ci sono giorni in cui penso che lavoro troppo per quello che guadagno. Che potrei avere una vita più semplice. Ma poi penso a quante persone ho conosciuto, a quanti sorrisi ho visto in questi quattro anni… e capisco che non lo cambierei per nulla al mondo».

Un locale che ha il cuore grande quanto la sua cucina.

Saporito oggi è una realtà viva, sempre piena, che unisce qualità e calore umano. È un ristorante, una pizzeria, un punto d’incontro — ma soprattutto è la storia di un uomo che ha saputo reinventarsi, imparare tutto da zero e costruire, giorno dopo giorno, un pezzo di comunità. «Saporito è la mia casa» dice Marco prima di congedarsi. «E ogni persona che entra qui, per me, è un ospite».

Saporito Ristorante Pizzeria San Lorenzo
Via Tiburtina, 141 - Roma
Telefono: 0645675240


(foto: gentile concessione Saporito) 

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