Un'esperienza alla vineria InAlto, tra vino, luci basse e sapori veri nel cuore di Bari vecchia

Pubblicato il 1 luglio 2025

Un'esperienza alla vineria InAlto, tra vino, luci basse e sapori veri nel cuore di Bari vecchia

Piazza Mercantile è già piena quando arriviamo. I tavolini si rincorrono lungo il perimetro della piazza, tra chiacchiere fitte e bicchieri che tintinnano. Alziamo lo sguardo: le luci calde del dehors di InAlto Vineria brillano senza eccessi, come se sapessero che la vera protagonista, lì dentro, è un’altra.


Ci sediamo. Lo staff, formato da personale gentile ma senza fretta indiscreta, ci chiede se preferiamo iniziare con un bianco o un rosato. Lo prendiamo come un invito alla fiducia, e lasciamo fare. Nel frattempo sfogliamo il menu: pochi piatti, scritti con la semplicità di chi sa che non serve alzare la voce per farsi notare. Comincia così la nostra da “InAlto”. Una vineria che non è solo vineria, ma un angolo quieto dove la cucina pugliese si racconta al ritmo lento di un sorso alla volta.


La prima cosa che ci arriva al tavolo è una frisa integrale. Niente di pretenzioso, ma basta un morso per capire che qui le cose si fanno sul serio. Sopra: datterini gialli e rossi che sanno di sole, basilico fresco e burrata pugliese che si apre cremosa senza strafare. È una partenza garbata, ma piena di equilibrio: dolcezza, acidità, freschezza.
 


Subito dopo arriva lei: la pinsa. Impasto leggero, quasi nuvola, ma con bordi croccanti. Sopra c'è un gioco di contrasti: prosciutto crudo pugliese tagliato spesso, stracciatella come se piovesse, una crema di carciofi vellutata e quel verde acceso della rucola che spezza tutto con una nota amara e fragrante. È un piatto che ti coccola, ma non ti stanca.
 


Chiediamo un calice di rosato, ci portano un Tramari di San Marzano ed è la compagnia perfetta per il tagliere misto. Questo è generoso, senza essere esibizionista, con salumi pugliesi pieni, robusti (il capocollo su tutti), formaggi nostrani con stagionature diverse, e poi confetture artigianali e un patè di pomodori secchi che mi costringe al bis. Qui il territorio si sente davvero, senza folklore.
 


Il piatto che non ci aspettavamo? Il club sandwich alla pugliese. Lì per lì pensi: “Un club sandwich?”. Poi leggi: pane tostato di Altamura, rape, crema di ricotta, capocollo di Martina Franca. È un boccone che tiene insieme tutte le anime di questa terra: la rusticità, la sapidità, la verdura amara e quella cremosità bianca che rende tutto più rotondo. Un colpo basso, ma in senso buono.
 


Quando arriva la focaccia ai 7 cereali, fatta in casa, capiamo che qui il pane non è un accompagnamento, è una firma. Dentro c’è mortadella, stracciatella e granella di pistacchio. E qui c’è anche un po’ di malizia: il dolce della mortadella, il grasso tagliato dalla stracciatella, il crunch aromatico del pistacchio. Tutto in pochi morsi.


Chiudiamo con un panino farcito, il più semplice sulla carta, ma con quell’aria da "merenda salata" fatta bene, senza distrazioni. Non è solo street food da vineria: è cura, attenzione al dettaglio. Il pane è buono, il ripieno equilibrato. Niente effetto wow, ma quella soddisfazione da pane e companatico che ti rimette a posto.

Ebbene, InAlto Vineria è il posto dove torneresti non per provare qualcosa di nuovo, ma per rimetterti al tuo posto nel mondo: con un buon bicchiere, del buon pane e quella lentezza che oggi vale più di un lusso.

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