Qui, il mordi e fuggi resta solo un'intenzione: la voglia di sedersi e provare tutto ha quasi sempre la meglio

Matilda Carboidrati è la risposta giusta se sei a dieta (ma mica tanto), vegetariano (sì, ma appena appena), se hai voglia di qualcosa di buono (anzi, mooolto buono). Ma soprattutto è il posto giusto se vuoi una buona pizza, ma buona per davvero. Siamo in via Benedetto Brin 3, a Terlizzi. Qui, il 31enne Marco Bellifemine ha stabilito il suo regno, quello della “pizza Slow ma non troppo”, nata dall'amore per l'arte bianca e per l'eccellenza. Dalla farina al filo d'olio evo a crudo che chiude la prepazione, niente è mai lasciato al caso. Ecco tutto quello che c'è da sapere sul nuovo refugium peccatorum dei pizza lovers.

Chi è Matilda?

Personaggio chiave del film Leon, protagonista dell'omonima canzone degli Alt-J, nome per una bambina che verrà e di una persona molto speciale che è già qui. Insomma, per Marco, il nome Matilda è un nucleo attorno cui far girare mille idee gastronomiche. L'aggiunta della parola Carboidrati ha uno scopo preciso: chiamarla pizzeria “pareva brutto”.


Varcata la soglia di un locale storico per la città di Terlizzi, si viene accolti da luci soft, lavagnette con su scritte le pizze del giorno o le birre alla spina: da Matilda Carboidrati c'è sempre qualcosa di nuovo. Ma non fatevi ingannare dall'idea che sia un mordi e fuggi un po' più stiloso.


Superato il bancone dell'ingresso, si accede a una saletta che può accogliere fino a 25 persone, in cui si può vivere in santa pace una più completa esperienza gastronomica di Matilda Carboidrati.


Il tavolo migliore se sei in coppia? Il divanetto accanto ai mattarelli-attaccapanni (fatti dallo stesso Marco). La scelta più adatta se sei in gruppo? Quello più lungo, che accoglie i visitatori all'ingresso della saletta. Se invece sei un foodie e vuoi a tutti i costi l'angolo instagrammabile, scegli il tavolino d'angolo, a destra.

Tra menu e forno

Nato a giugno 2020, a cavallo tra i due lockdown, Matilda Carboidrati è un tempio della pizza. Si parte da una farina 100% tipo 1 bio del Molino Varvara di Gravina e, dopo la biga, si passa a una maturazione che va tra le 48 e le 72 ore.


La cottura avviene in un forno rotativo di ultima generazione, con una particolare pietra ottenuta dalle sabbie di fiume. Ha la stessa resa di un forno a legna, senza averne la sporcizia che la cenere lascia sotto la pizza.


Da Matilda Carboidrati è tutto espresso. Vuoi un panzerotto da portare via o mangiare in piedi? Viene fatto al momento, preparato e fritto con tutti i crismi per poter dare il massimo a ogni boccone. Così come accade per tanti altre preparazioni, Marco è molto attento alla qualità degli ingredienti, che aprono uno stargate su esperienze gastronomiche vere. Ad esempio, se sei un fanatico della Capricciosa, non troverai le olive nere, ma quelle vere, le taggiasche. Come si dice, il diavolo è nei dettagli.

Parmigiana e Mozzarella, che passione!

Ci sono alcuni cavalli di battaglia che, per chi è ormai un habitué di Matilda Carboidrati, non possono mancare. Uno di questi è la Parmigiana, talmente amata nel locale, da essere servita come antipasto, farcitura del panzerotto e condimento della pizza.


Tra le venti ricette proposte, ce n'è una che proprio non puoi perderti: la Matilda. La base entra in forno solo col pomodoro. Poi, all'uscita, vengono aggiunte fette di mozzarella di bufala, prosciutto crudo, basilico e olio evo. Ah, qui la mozzarella viene messa sempre così: per citare un celebre film, “altrimenti ci arrabbiamo”.

In realtà, questo è l'unico modo per sentire davvero il sapore degli ingredienti attentamente selezionati per offrire la migliore esperienza di gusto con una pizza. Alcune cose come i pomodorini semi-dry di De Carlo, il Guanciale o il Fiordilatte rigorosamente di Gioia del Colle possono essere valorizzate solo così.


La pizza nasce come piatto povero, su cui si metteva tutto per trarre il meglio con il poco a disposizione. Mettendo il Fiordilatte all’uscita, se ne percepisce il sapore grazie al contrasto caldo freddo, l’impasto non si ammorbidisce, è più fragrante e puoi accorgerti in maniera chirurgica di quanto è fresco il prodotto. Dopo la sosta da Matilda Carboidrati, la mozzarella sulla pizza la mangerai solo così.

Oltre la pizza c'è di più

Per chi non cede alla velocità e si vuole concedere una cena da Matilda Carboidrati, la cena può iniziare con un Ciccio Bruschetta, una Focaccia appetizer, qualche Stick di patate al forno o la Parmigiana della nonna. C'è spazio anche per un Carpaccio di tonno affumicato con grandella di noci e olio evo o della variante con Manzo salmistrato con pesto di rucola e Parmigiano.


Ma la vera chicca della carta è il tagliere di salumi e formaggi. Ne hai mangiati mille, lo sappiamo, ma solo un cercatore d'oro come Marco, pignolo e ostinato, poteva portare a Terlizzi la carne salada del Trentino, la mortadella di cinghiale, la Finocchiona o il blu erborinato di bufala de Il Parco, unica bufaleria accreditata in Puglia. Niente Capocollo di Martina Franca: piuttosto assaggiate Il Mattone in crusca, un salame tipico di Martina Franca, noto anche come Pagnotella.

Chiude la cena un fumante Sigaro alla Nutella. Anche i più golosi, qui, non hanno scampo.

Cosa si beve da Matilda Carboidrati


Se l'abbinamento pizza-birra è iscritto nel Dna della nostra tradizione culinaria, il consiglio di Marco è quello di osare con un calice di vino. Tre cantine in carta: Varvaglione con la sua malvasia “12 e mezzo”, Adelphòs bianco e rosato della Cantina Donato Angiuli e alcuni rossi di Cantina San Donaci. Ma per i veri appassionati, il consiglio è di puntare su Uno', Nero di Troia di Elda, una cantina di Troia, in provincia di Foggia.


Il bicchiere della staffa? Un sorso di Jägermeister, di Amaro del Diavolo o, per i timorati di Dio, di Amaro del Frate. Per i più tradizionalisti ci sono una grappa barricata e un cicchetto di limoncello.

Cosa non chiedere mai da Matilda Carboidrati

Se sei venuto qui per una pizza da asporto, se l'aspetti al tavolo o a casa, non chiedere mai “Quanto ci vuole?”. Qui le cose si fanno lentamente ma non troppo. E non di rado Marco risponde, senza ironia, “due giorni”, il tempo tecnico per avere un impasto perfetto.

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