L'intervista a Davide dell'Union Club a Milano: il Dive bar di Città Studi

Pubblicato il 4 aprile 2018

L'intervista a Davide dell'Union Club a Milano: il Dive bar di Città Studi

Il bar sotto casa è uno stato mentale e il mio bar sotto casa è l'Union Club

Ti è mai capitato di entrare in un locale e di sentirti improvvisamente a casa? Anche se è la prima volta e anche se non conosci nessuno? L'Union Club  di Città Studi è uno di quei club che ti avvolgono, accoglienti, alla mano o, come si suol dire oggigiorno, veramente "friendly". Quello che mi ha sempre colpito tanto è la quantità di ospiti al bancone che conversano con le cameriere, esperte e simpatiche o con il titolare Davide che sembra conoscere tutti da anni e anni. C'è uno sgabello vuoto, mi avvicino e ci salgo su. Anche io oggi voglio fare due chiacchiere con Davide...

1- L’Union Club è spesso stato identificato come un locale “easy” dove puoi andare anche decidendolo all’ultimo, il club sotto casa dove trovare buona qualità a prezzi onesti in qualsiasi ora della giornata. Ti ritrovi in questa descrizione?
Sì, decisamente. Sono molti i clienti che arrivano da soli e poi finiscono con il passare la serata insieme alla gente che incontrano al bancone, sia che li conoscano di già sia che li incontrino per la prima volta quella sera. Non ti nascondo che una delle cose che mi diverte di più è far conoscere persone che a mio avviso hanno qualcosa in comune; magari sono sedute entrambe davanti a me ma non si conoscono e io con una battuta cerco di metterli in contatto. Allo Union sono nate molte amicizie e anche diversi amori.
È vero: per molti è il club sotto casa. Però attenzione: non è solo il “bar sotto casa” per chi abita in zona, lo è anche per chi abita lontano. E questo mi dà molta soddisfazione. Un cliente mi ha riportato una conversazione avuta con un amico:

Ci vediamo al bar sotto casa?
Sì, allo Union Club.
Ma è dall’altra parte della città!
Sì, ma il bar sotto casa è uno stato mentale e il mio bar sotto casa è lo Union.


Quanto alla politica dei prezzi, sì cerco sempre di fare in modo che siano onesti, sia all’aperitivo o dopocena sia a pranzo ma al primo posto c’è sempre la qualità.

2- Cosa rende questo locale così speciale? E qual è l’esperienza che si vuole far vivere a chi entra da quella porta?
Mi piace che chi entra allo Union si senta a casa e deve aver voglia di varcare la porta a prescindere dal fatto che quella sera sia in compagna o sia solo. Ma soprattutto, una volta uscito, deve aver voglia di tornarci. Perché questo sia possibile ho cercato di ricreare un ambiente caldo, informale e che faccia molto “casa”. Da qui la scelta di arredi vintage che si possono trovare a casa di tutti e la raccolta di oggetti stravaganti che invogli la clientela a partecipare alla collezione, portando gadget e ricordi dai propri viaggi. Ormai ho centinaia di palle con la neve provenienti dalle località più stravaganti, gente che mi dona suppellettili pieni di ricordi  da cui non vorrebbe separarsi ( ma deve a causa della convivenza, del monolocale appena comprato ecc..) e sa che ogni volta che torna “al bar” potrà rivederli/riviverli. Poi non mancano l’ironia e un po’ di sano cinismo. Da dietro al banco una risata o una battuta sono sempre in agguato.
E, ovviamente, si beve bene.

3- Perché hai deciso di aprirlo e ricordami un po’ la sua storia?
Lo Union Club ha aperto ad agosto del 2000. Io all’epoca avevo poco più di 20 anni e con mio fratello Stefano, finita l’esperienza del Circolo Pietrasanta, volevamo aprire un locale fatto a nostra immagine, il locale che avremmo sempre voluto frequentare noi con i nostri amici.
Dopo aver scandagliato diverse zone e diverse soluzioni, ci siamo concentrati su Città Studi, perché vicina all’Università e perché non era ancora presa d’assalto da locali. E così abbiamo trovato questo posto, che all’epoca era un bar diurno, tavola fredda , molto vicino anche al Teatro Ciak: abbiamo pensato subito che fosse perfetto. E così è stato. All’inizio si svolgevano anche piccoli spettacoli di cabaret, improvvisazioni di comici diventati clienti e concerti dal vivo (Vinicio Capossela era di casa) ma poi, per mantenere un buon rapporto con i vicini (che a Milano spesso è difficile, purtroppo), abbiamo preferito smettere. Stesso motivo per cui, da dopo all’aperitivo, non si può uscire dal locale con il bicchiere (mi porto avanti con la risposta a una domanda che arriva sempre: “No, nemmeno se ti do un bicchiere di plastica a posto di quello di vetro”). Una cosa che mi fa molto divertire – e, non nascondo, mi dà anche non poca soddisfazione – è che per i “local” ormai lasciare dentro il bicchiere, al bancone o sul tavolo 1, quando si esce per una sigaretta o per una telefonata è un gesto talmente automatico, che fanno anche in altri locali dove non è richiesto.

4- Qual è la tua storia? Da quanto fai questo lavoro e perché hai deciso di intraprendere questo percorso?
Ho iniziato a fare questo mestiere da subito, appena ho finito le scuole superiori. Mio fratello, che è il maggiore, faceva già questo lavoro e io, nel tempo libero, mi divertivo ad aiutarlo. È stato quindi un percorso naturale, che ha intrapreso con noi anche nostra madre, Letizia, la Regina dei pranzi allo Union e un po’ la seconda mamma e la consigliera di tutti i clienti affezionati. Ora sono passati quasi 20 anni da quando ho iniziato, ma non smetto mai di studiare e di aggiornarmi.

5- Qual è la tua più grande soddisfazione in questo lavoro?
Vedere un cliente nuovo che torna e torna e torna. Vedere il sorriso di approvazione di un cliente dopo il primo sorso di un cocktail, specialmente se l’ordinazione era: “Dai, Davide, fai tu”. Sapere che ormai lo Union Club  è come il bar sotto casa anche per chi la casa ce l’ha a decine di chilometri di distanza. Vedere che la clientela allo Union Club “fa famiglia” e che ormai frequentarlo diventa un tratto di riconoscimento: molti clienti si riconoscono per strada – anche fuori Milano – e si salutano perché “sono dello Union”. Proprio qualche giorno fa due ragazze, che non si frequentano ma si conoscono perché vengono qui spesso, mi hanno scritto mentre entrambe erano in vacanza in Kenya (anche se non insieme): si sono incrociate per caso e riconosciute in una stradina sperduta di un paesino africano. Una di loro mi ha detto “Non è il mondo a essere piccolo: è lo Union che è grande”. E poi devo ammettere che andare a visitare altri locali, nuovi o comunque aperti successivamente, e ritrovarci qualcosa che sa di Union mi dà soddisfazione. A volte mi chiedono se non mi dia fastidio: no, anzi. Se un’idea è presa a esempio, vuol dire che funziona.

6- Qual è l'offerta dello Union Club?
A pranzo, mia madre Letizia propone piatti in diverse soluzioni: dal piatto unico al pasto completo fino al solo primo o secondo con contorno. Il tutto a prezzi contenuti, ma senza mai andare a discapito della qualità. La sera il buffet dell’aperitivo (dalle 18.00 alle 21.00) prevede sempre proposte calde e fredde: dai classici prodotti da forno ai panini al latte imbottiti, dalle paste fredde alle frittate e alle verdure crude e cotte. Ci sono alcune proposte che non possono mancare, come le ormai famose Patate lesse fredde della Lety. Ci sono mamme che vengono a chiedere la ricetta perché i figli le decantano, ma c’è un piccolo segreto nella preparazione che non viene svelato.

Alla sera panini, piadine, bruschette e taglieri vengono serviti fino all’1. C’è una lista, ma la maggior parte delle persone si informano degli ingredienti e si inventano il loro panino. Ormai ce ne sono alcuni famosi che hanno preso il nome del creatore e che potrebbero entrare di diritto nel menu, ma che lascio appositamente fuori perché per lo stesso cliente è segno di maggiore intimità e appartenenza alla “famiglia Union” il conoscerne l’esistenza, saperne il nome e ordinarlo senza doverlo leggere sul menu. Faccio un esempio che vale per tutti: il panino Mimmo, preparato con tonno, pomodoro, rucola, scamorza affumicata o mozzarella, maionese e tabasco.

7- Tempo fa mi parlasti di alcune mostre che si tenevano qui. Chi le organizza? Chi espone? Quali tematiche e tipologie?
Sì, ci sono mostre di quadri e di fotografie più o meno ogni mese. Sono gli artisti, loro stessi clienti oppure amici di persone che frequentano lo Union o che vi hanno esposto, a contattarmi. Mi fanno vedere qualche loro lavoro e poi decidiamo come e quando fare. La selezione non avviene in base ai miei gusti, ovviamente, ma in base all’approccio di chi mi contatta: che lo faccia per hobby o per lavoro, deve avere a cuore l’esposizione e prenderla seriamente. Finora non mi è mai capitato di rifiutare qualcuno e ho sempre avuto proposte interessanti. Probabilmente c’è anche una sorta di un autoselezione alla partenza.

Per quanto riguarda le tematiche, non ci sono paletti, basta che dietro vi sia un progetto serio. Idem per le tipologie: hanno esposto pittori astratti e figurativi, fotografi, fumettisti, illustratori, ritrattisti e anche caricaturisti. Uno in particolare qualche volta si presta per performance dal vivo e realizza al momento caricature dei clienti. Ah, non sono mancati nemmeno live painting, durante i quali artisti hanno dipinto tele sul posto. L’allestimento, molto semplice, è a cura dell’artista, cui è richiesto di essere presente al vernissage, ma spesso vengono anche altre sere per portare propri conoscenti o semplicemente per chiacchierare con qualche interessato. Sui muri dello Union c’è comunque una traccia di chi è passato a esporre, perché molti vogliono poi lasciare qui una delle loro opere. Alcuni hanno anche venduto dei pezzi esposti a clienti trovati grazie alla mostra.

Detto questo inizia ad armeggiare dietro al bancone: tagliuzza il  cetriolo, vedo che prende vodka e ginger beer e...lime. Il tempo di ricollegare e...

Ecco, questo è il nostro Moscow Mule, assaggia... 

E me lo porge. Bello, fresco, inebriante.

8- Grazie Davide! Andiamo avanti...Come definiresti il locale con tre aggettivi?
Accogliente, vicino (comunque e sempre, anche quando si vive/lavora in zone lontane), familiare. E ne aggiungo un quarto (anche se può sembrare che pecchi di presunzione): bello.

9- Pensi mai prendo e mollo tutto?
No, sinceramente non l’ho mai pensato e non ho la minima intenzione di farlo. Non ti nascondo che non è tutto rose e fiori: lo Union è aperto 7 giorni su 7 e a volte è stancante e faticoso. Ecco, mi è capitato spesso di pensare di voler fare uno stacco un po’ più lungo, una mini vacanza insomma, questo sì, ma alla fine lo faccio raramente.

10- Progetti per il futuro

Sorride e con un occhio biricchino mi risponde solo...

"No comment!"

Lo ringrazio, finisco il Moscow Mule e addento le famose Patate della Lety. Aveva ragione: sono speciali. Il locale inizia a riempirsi e penso: "che strano, è solo lunedì!". Mi spiega che è normale...e sorride. Nei suoi occhi vedo tutta la soddisfazione per un lavoro che, è chiaro, adora. E i risultati si vedono. Lo ringrazio e gli do appuntamento a prestissimo...

  • INTERVISTA

scritto da:

Irene De Luca

Agenda, taccuino, registratore e macchina fotografica. Attenta alle nuove tendenze ma pur sempre “old school inside", vago alla ricerca di ispirazioni, di colori, di profumi nuovi per raccontare una Milano che poi tanto grigia non è.

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