La ricetta per il 2021 del Road 66 di Lecce: con 25 anni di esperienza è un'autorità

Pubblicato il 26 maggio 2021

La ricetta per il 2021 del Road 66 di Lecce: con 25 anni di esperienza è un'autorità

Siamo andati a fare quattro chiacchiere con Danilo Stendardo, fondatore di uno dei locali più longevi e più amati di Lecce, il Road 66. presidente provinciale dei locali serali per Confcommercio F.I.P.E. (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), e grande animatore di iniziative serali e notturne, ha un punto di vista privilegiato per analizzare la situazione dei locali dopo  questo anno appena trascorso tra le mille difficoltà. Ci ha raccontato i suoi progetti, ci ha fatto sorridere con in suoi ricordi, e ci ha raccontato cosa sta succedendo a un settore.

Ti saresti aspettato di festeggiare i 25 anni in questa situazione?
La risposta è abbastanza ovvia: assolutamente no. Pensa che ci eravamo già preparati dall'anno scorso a febbraio, appena festeggiato il 24 esimo, il 6 gennaio, e stavamo già preparando il 25esimo. Volevamo fare una cosa grandiosa, come si compete a un anniversario così importante, avevamo programmato due settimane di festeggiamenti, però sappiamo tutti come sono andate le cose.
Abbiamo quindi deciso di rimandare a quando potremo festeggiare come siamo abituati.


Da molti anni sei presidente provinciale della F.I.P.E. Che dati hai sulla crisi dei pubblici esercizi in Puglia?
Un dato che si fa sempre più rispondente alla realtà è quello di 390.000 imprese che hanno chiuso e che chiuderanno nel 2021, il 14,4% riguarda il settore dei pubblici esercizi su base nazionale.
Sul territorio non ho dati ufficiali, però conosco molti ristoratori: molti hanno chiuso durante il primo lockdown, e ora ne vedo tanti anche sui social che cedono la propria attività e la propria licenza. Ne ho visti 4 o 5 in vendita a Lecce proprio stamane.
Una cosa importante da sottolineare in questa situazione è che un imprenditore ha bisogno di programmazione, in modo da poter adattare e rivedere la propria organizzazione di gestione, così da poter tirare avanti a anche diverse mesi. Ma se tu Stato non dai certezze su come e quando poter riaprire, allora sì che si mette in seria difficoltà l’imprenditore.

Come hai rivisto o intendi rivedere il tuo lavoro in queste limitazioni e cosa hai imparato in questo periodo?
Ho circa 30 anni di lavoro alle spalle e la mia esperienza mi dice di giocare al rilancio.
Noi abbiamo rilevato un locale qui a fianco e lo stiamo restaurando. Il fatto è che, per fortuna, in questi anni abbiamo avuto tanto lavoro e questo ci ha permesso di avere le spalle coperte e ci ha dato la possibilità di rischiare. Con il nuovo locale acquisito stiamo facendo un ampliamento, in modo che se anche in futuro dovremmo rispettare il distanziamento sociale avremo la possibilità di avere anche più coperti di prima.
Cosa ci ha insegnato questo periodo? Innanzi tutto a stringere i denti e andare avanti. Qui stiamo parlando di perdite economiche molto gravi che il Governo non è sempre stato in grado di affrontare: gli affitti, le utenze, le merci che vanno a male. Chi non potrà stringere i denti, purtroppo, rischierà di cadere.


Come è nata l'idea 25 anni fa di aprire?
E' stato un caso: eravamo una comitiva  "del muretto", tutti tra i 16 e i 21 anni, e tutti lavoravamo chi in discoteca, come me, chi faceva il disegnatore, chi nei locali, chi faceva il pr. 
Una sera ci siamo incontrati tutti in una pizzeria a Lecce per una rimpatriata, e arrivano i proprietari di un club chiamato Piranha: ci hanno proposto di comprare il club perché loro si stavano trasferendo.
Era un prezzo vantaggioso anche se a noi sembravano tantissimi soldi. Siamo andati dalle nostre banche, o meglio dalle banche dei nostri papà, e abbiamo chiesto un prestito per comprare. Avevamo completamente sottovalutato l'impegno economico per i restauri, ci abbiamo messo un anno e mezzo per rifare il locale, lo abbiamo fatto con le nostre mani, impegnandoci tutti. Il nostro sogno era da sempre la "mother road", la madre di tutte le strade, da qui il nome Road66. 


Se dovessi dare un aggettivo solo per ciascuno dei protagonisti di questa storia?
Ho un aggettivo che li comprende tutti: meravigliosi. In questi anni ci saranno stati tra i 600  e gli 800 collaboratori, molti sono rimasti per poco tempo ma molti hanno lavorato con noi per 8 o 10 anni. Siamo stati una grande famiglia e sono anche felice che dalle loro esperienze al Road 66 sono nati diversi locali a marchio Road 66
Bisogna sottolineare che il Road 66 ha 25 anni e che per un pubblico esercizio, soprattutto al Sud Italia, sono davvero tantissimi

Dimmi il tuo miglior ricordo, così a caldo, dei tuoi 25 anni qui.
18/19 anni fa, ogni sera allo scoccare della mezzanotte c’era il delirio e si ballava sui tavoli. Ma l'aneddoto a cui sono più affezionato è che una sera, sul tavolo in legno al centro del locale, c’erano 6 Marines che si sfidavano a braccio di ferro.
Negli anni 90 devi immaginare che il locale era pieno di fumo, la gente si divertiva, vociava, cantava, e questi Marines enormi con dei bicipiti scolpiti, si giocavano le birre a braccio di ferro. E' il sapore e l'immagine predominante di quegli anni per me.

Dove ti vedi tra 10 anni?
Potrei dirti che mi vedo qui, perché questo posto è stata la mia casa per 25 anni. Però la verità è che anche se voglio rimanere dentro al Road vorrei rallentare un po'. Lavoriamo 7 giorni su 7, da tanti anni, senza pausa, e io non ho più l'età che avevo 25 anni fa.
Involontariamente le prime ferie sono state quest'anno con i vari lockdown, non ricordavo un capodanno a casa da una vita.


Cosa prevede il Road 66 nel suo secondo 25ennio?
Un atmosfera più country rock, caratterizzata dal legno scuro, mantenendo sempre il nostro stile. E poi curare ancora di più la qualità dell’offerta food e beverage: carni selezionate con lunghe frollature, cotture innovative e come sempre innumerevoli tipologie di birre.

  • GLI ADDETTI AI LAVORI

scritto da:

Mara Tarantini

Amo il Salento in ogni sua espressione, ma quella che preferisco è indubbiamente il pasticciotto. Come tutti ogni tanto sogno di essere altrove, ma poi mi siedo davanti al nostro mare, sorseggio un calice di Primitivo e mi sento la persona più fortunata sulla faccia della terra.

IN QUESTO ARTICOLO
×