Michele Muraglia, patron di Est Vinum et Cibus, ci ha servito una cena ricca di storie umane e alimentari

Est Vinum et Cibus è un punto fermo per chi ha voglia di cenare con cose buone, pulite e giuste. Trattandosi, infatti, di un’osteria Slow Food, in carta ci sono ingredienti che raccontano storie di biodiversità, produzioni eroiche e sapori incredibili. Michele Muraglia ci mette testa e cuore in ogni referenza che dà forma a cantina e dispensa del suo locale. Passo dopo passo, è riuscito a portare ad Andria (BT) vini che sono piccoli atti di follia di produttori scovati a colpi di passaparola e curiosità. Ma che sia un formaggio o una fetta di mortadella o un amaro, qui non si sconfina mai oltre l’Umbria. Il motivo? Un atto di orgoglio e di protezione per un centro-sud Italia sempre bisognoso di cura.
 
Dopo aver attraversato piazza Catuma e aver imboccato via Carlo Troia, si viene accolti dal tepore di un ambiente in cui passione e competenza sono i protagonisti. Michele e il suo staff ci fanno accomodare e ci raccontano le novità. In cucina, sempre salde e inossidabili, ci sono le mani di Luca Gallo, cuoco dell’Alleanza Slow Food, Francesco Pollice e Vito Tesse.

Stasera abbiamo voglia di un buon calice e buone storie. Così iniziamo da un piatto speciale: la selezione di salumi firmata Michele Muraglia.
 

Capocollo, lonzino, guanciale di Don Francesco, un’azienda di Stigliano, Val D’Agri, in cui il maiale nero lucano, allevato allo stato semi-brado, sprigiona tutto il suo sapore. Il capocollo è profumatissimo e insolito. Siamo abituati a fettine dall’ampio diametro, venate di grasso. Qui siamo davanti a un prodotto diverso, unico, e per questo indimenticabile. La sinfonia di sapori si completa con il boccone di lonzino e la sontuosità del guanciale.

Il tutto innaffiato da un buon calice di metodo classico da bombino nero firmato Rivera.
 
Luca ci avverte: ha una sorpresa per noi. Da qualche anno in Puglia non si parla d’altro che di spaghetti all’assassina. Le varianti si sprecano. I sostenitori e i detrattori del piatto, pure. Da Est, però, non si seguono le mode: si creano. Per questo Luca, con un sorriso misterioso, ci prepara la sua frittata di assassina.

“Forse non tutti sanno che - ci racconta - i proprietari del ristorante Al Sorso Preferito prima di Francavilla erano i Fusaro, una famiglia andriese. Il capofamiglia lavorava alla Dogana di Bari, mentre moglie e figlia gestivano il locale. Quindi, di fatto, la culla degli spaghetti all’assassina porta anche qualche gene andriese. Inoltre, lo chef Francavilla era foggiano, il che sposta le origini del piatto un po’ più a nord di Bari. Noi abbiamo innovato la ricetta, unendo la tradizione campana della frittata di pasta, per portare il crunch di questo piatto a un altro livello”.
 
Il risultato è una frittata di pasta in cui croccantezza, piccante e agrodolce del pomodoro ci sono, ma non dove ci sarebbe da aspettarseli. Quindi niente spaghetti bruciati, ma un bel bucatino avvolgente, piccante al punto giusto, che coccola il palato catturando il pomodoro in modo perfetto. Fidatevi: è un’esperienza che vale la pena fare.

A rinfrescare il palato arriva un sorso profumato e sgrassante di Valle d’Itria Bianco IGP delle Cantine museo Albea.
 
Un’altra novità che farà salivare gli esploratori del gusto più coraggiosi è l’hamburger di pecora. Il produttore di questa ricetta fatta su misura per il menu di Est è Domenico Muserra. Il creatore di Macelleria Boncarni consegna di persona carni e salumi, guidando da Acquaviva delle Fonti fino a ogni cliente.


“Osservando quanto fossero apprezzate le costine e altri tagli di pecora, abbiamo scommesso sul nostro desiderio di arrosticini, mettendo a punto il mix perfetto per creare un hamburger capace di avvicinare anche le nuove generazioni a una carne dal sapore antico”.
 
Ci giunge un profumatissimo hamburger avvolto in uovo al tegamino, provola affumicata, bietolina ripassata Disponibile anche in versione panino, vi consigliamo di prenderlo al piatto per gustare appieno il sapore della carne e il mix con gli ingredienti sapientemente preparati dalla cucina.
 
Nel calice giunge Terra Aspra, un Merlot del 2012 biologico di Tenuta Marino. I vigneti che danno vita a questo Rosso Basilicata IGP respirano l’aria del Parco Nazionale del Pollino, con vigne ben oltre i 500 metri.
 
Qui il predessert non è il classico sorbetto, bensì l’altra parte dell’espressione “tagliere di salumi e formaggi”. Michele insiste per servirci la sua selezione prima del dolce e, come sempre, ha le sue ragioni.
 


Come spiega Michele nella nostra intervista, il tagliere di formaggi perfetto - o in questo caso piatto - lo si riconosce già dalla scia che lascia all’arrivo al tavolo.
 
Il primo boccone è quello di un caprino fresco, con appena quindici giorni di stagionatura, anche questo nato in una fattoria biologica dell’areale del Pollino. L’inizio ideale di una degustazione.
 
Segue il pecorino stagionato dal Dna abruzzese. A Farindola si tiene in vita un procedimento produttivo antico, fatto solo di mani, latte, sale e donne. Il tutto regolamentato da uno stringente disciplinare. Qui si gode tra consistenza e piccantezza, create dalla stagionatura.
 
Ma è sul Due consistenze di Schiavone che lascerete il cuore: questo “produttore pazzo” come lo definisce Michele, crea un formaggio di capra di razza garganica fatto da latte nobile in cui, grazie alla lavorazione pressanica della parte esterna, usata per i formaggi a lunga stagionatura, si conserva una parte interna fatta con lavorazione lattica. La crosta fiorita è ricoperta da fiori eduli dei monti Dauni: un omaggio estetico e di gusto irripetibile.

Prepariamo il palato al dolce con un sorso di Malvasia Laus di Martinez, un Terre Siciliane IGP di grande gusto.
Il dessert lo firma l’anima storica della cucina di Est, Francesco Pollice. In questa serata in cui l’aria si fa più fresca, lo strudel di pasta sfoglia con crema e pesche (o percoche o mele o mela annurca, quando ci sono) ci offre un tripudio di dolcezza, colore e calore, che in questo inizio d’autunno ci sta benissimo.

Chiudiamo l’esperienza con Blockhaus, un amaro che porta con sé i sapori della genziana, menta, issopo, arancia amara e la storia fortini scavati nella roccia. Perché tutto a tavola ha una storia: bisogna solo sedersi con i giusti narratori e lasciarsi affascinare dal racconto (gastronomico e non).

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