Così parlò Floriano Pellegrino. Intervista al fenomeno (anche di costume) del Bros' di lecce

Pubblicato il 14 gennaio 2021

Così parlò Floriano Pellegrino. Intervista al fenomeno (anche di costume) del Bros' di lecce

Oggi siamo a Lecce, precisamente nella pancia del ‘Ristorante Bros’, dentro quel liquido amniotico di pietra gialla (propriamente detta leccese) che qui non funge solo da materiale laterizio ma è caldo riparo, è madre, è grembo della terra. Lo chef ci attende, riflessivo e guascone come sempre. Seguace dell’antica dottrina “Salentaoista” che recita: i sènte e tàce bona vita fàce (chi ascolta e tace fa buona vita), conserva il taglio degli occhi tipico degli uomini del passato dotati di grandi piani per il futuro. Lui è Floriano Pellegrino.


Ciao chef! Che notizie ci porti, cosa stai facendo in questo periodo?
Il tempo lo sto trascorrendo con tutto il mio team per preparare al meglio la rincorsa che verrà. Pianifichiamo ogni cosa nel minimo dettaglio per quando questa emergenza sarà passata. Pianificazione è la nostra keyword.

Capitolo Michelin. Ti chiedo qualche ricordo legato al prestigioso riconoscimento.
La cerimonia della guida 2020, l’ultima dal vivo, è stata fantastica! Sai, l’essere chiamati a cucinare al Gran Galà, che di solito è prerogativa dei tristrellati o dei cuochi del luogo, è stata una grande emozione. Che dirti invece dell’edizione precedente? Succede qualcosa di strano in me quando ci ripenso oggi, un fenomeno meraviglioso ma difficilmente spiegabile. E’ come se fosse stato ieri, certo, ma inquadro il tutto con una consapevolezza diversa data dall’età e dalle esperienze vissute nel mentre.

Sempre più attenzione è riposta verso tematiche come la sostenibilità e la lotta allo spreco alimentare.
Prendo in prestito le parole di Martin Scorsese: “ora più che mai dobbiamo ascoltarci a vicenda e capire come intendiamo il mondo”. 
La messa in sicurezza del pianeta è un qualcosa che deve riguardare tutti, difficile ovviamente ma non impossibile da raggiungere. Noi di bros’ anno dopo anno aumentiamo la nostra percentuale di attenzione verso l’ambiente. Siamo già sulla buona strada ma vorremo arrivare nel più breve tempo possibile ad essere sostenibili al 100% e ad avere impatto zero. Quando apriremo il nuovo ristorante Bros’ a Scorrano arriveremo a questo obiettivo.


Caliamoci ora, come degli psico-palombari, nella tua storia e nella tua mente. Che ragazzo è Floriano Pellegrino?
Floriano Pellegrino è un ragazzo partito dal niente, da un piccolo paesino di provincia, Scorrano, nel profondo Sud del Salento, con una forte rabbia ed una grande voglia di riscatto. Sono cresciuto in un’ambiente ostile sotto molti punti di vista: famigliare, territoriale, di formazione. Ho sempre avuto le idee molto chiare e il Floriano Pellegrino che vedete oggi è esattamente quello di ieri, solo con molta più consapevolezza dei propri punti di forza.

Come ti definiresti usando un solo aggettivo?
Testardo, oltre ogni limite.

Quanto sei figlio del Salento e quanto cittadino del mondo?
Il Salento è la mia casa. Mi sento legato a questa terra in maniera viscerale, come se fossi stato pizzicato da una tarantola e ne fossi divenuto suo eterno amante. Sono partito perché a volte partire è l’unico modo per esorcizzare i problemi ma, allo stesso tempo, ero anche motivato ad imparare tutto quello che potesse rendermi uno chef di alto livello fuori dalla mia casa. La contaminazione è avvenuta naturalmente e oltre alle lingue, al modo di vivere e di agire differente, ho interiorizzato la disciplina e l’attitudine al sacrificio e al lavoro. Unendo il locale della mia terra e il globale della mia crescita professionale ne è scaturito il Floriano di oggi.


Quali sono i passi formativi che hanno influito di piu’ sulla tua crescita, sino al farti diventare “l’angelo ribelle” della ristorazione contemporanea?
Sicuramente il crescere in un ambiente “ostile”, come detto poco fa, ha formato la mia personalità e mi ha aiutato a incanalare le mie energie verso un senso di autoaffermazione. I viaggi hanno aperto la mia mente e consolidato ancor di più gli obiettivi che mi ero prefissato. Lavorare in importanti cucine fuori dalla comfort zone di casa propria non è facile. Non è per tutti. Necessita di un grande lavoro quotidiano sulla propria persona oltre che un grandissimo senso di sacrificio. Il lavoro duro in quelle cucine e la “guida” soprattutto del mio mentore Martin Berasategui, sono stati i pilastri della mia formazione.

Svelaci un piatto che ormai ti identifica e una pietanza che, quand’eri piccolo, adoravi.
Sono molto legato alla cicoria cruda. Tutto ciò che è legato alla terra mi riporta indietro nel periodo della mia infanzia. La cicoria cruda era una merenda per noi più piccoli, ma non solo, era un alimento sano che iniziava il pranzo o la cena, un’abitudine che negli anni molti giovani hanno perso, ma che io continuo a mantenere nella mia alimentazione. Un piatto che ormai mi identifica è sicuramente “Ricotta forte cotta, ricci”, emblematica del mio percorso personale e gustativo, di forti contrasti.

Elenca tre “piatti indimenticabili” che hai provato in giro per il mondo.
Smorrebrod in Copenaghen, la paella a Valencia e la rana in Francia.

 “Pellegrino” dal latino “per agere” ovvero andare per campi, viaggiare. Quanto è importante per un uomo il viaggio e quanto per uno chef conoscere, amare a praticare la natura?
Probabilmente era già insito nel mio nome questo senso di irrequietezza e la grande volontà di allargare i miei confini. Il viaggio è importante in primis per un uomo e poi per uno chef. E’ difficile spiegare cosa sviluppi nella nostra psiche, ma so che per me è stato una salvezza. Uno chef deve avere una grandissima conoscenza e altrettanto un grandissimo rispetto di ogni singolo ingrediente. Credo che tutti dovremmo soffermarci un po’ di più su tutto ciò che manipoliamo e che poi entra in contatto con il nostro essere.

cioccolato, latte, ginepro


Da che idea nasce e cosa vuole essere il progetto Sista by Isabella Potì?
È un progetto che nasce da un punto di vista imprenditoriale con l'obiettivo di diversificare, e invece da un punto di vista artistico nasce per dare rilievo alla nostra pasticceria. Abbiamo creato un concept identitario individuando un unico prodotto, la crostata che, insieme al soufflé, è un dolce identificativo di Isabella.

Il pubblico. A chi si rivolge?
Si rivolge a tutta la nostra community e tutte le persone che ci seguono. È un progetto che permette di ampliare il target di Bros' sia in termini di potenzialità di spesa sia d'età. Infatti, con una spesa minima i nostri followers hanno adesso la possibilità di portarsi a casa un prodotto rappresentativo del nostro mondo e il nostro mondo di essere.
Dopo la collaborazione con Algida sul Cornetto e adesso su Carte D'Or, è uno dei primi prodotti che facciamo io e Isabella alla portata di tutti.

Ci sveli qualcosa in anteprima sui prossimi passi del progetto Sista by Isabella Potì?
Nella prima fase del progetto, quella di lancio, questo si basa su una dark kitchen, ma l'obiettivo è quello di dargli una propria casa. Possiamo anticipare che abbiamo intenzione di portarlo in giro, non solo per l'Italia, ma anche nel resto del mondo.

  • INTERVISTA

scritto da:

Mario Pennelli

Annata 1988. Cantastorie professionista, consulente enogastronomico per hobby, sommelier per volere del fato. Ha scritto tre libri che glorificano la sua Patria, la Puglia. Da allora è in tour permanente, come i Rolling Stones o Albano, per raccontarla, permettendo così ai forestieri di scoprirla e agli indigeni di ri-scoprirla.

IN QUESTO ARTICOLO
  • Bros'

    Via Degli Acaya 2, Lecce (LE)

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