Angelo ci racconta le sue passioni e come portare il profumo della Sicilia e Padova

Pubblicato il 29 settembre 2021

Angelo ci racconta le sue passioni e come portare il profumo della Sicilia e Padova

Parlare con Angelo Bisicchia – di Bisicchia Bistrot, Rusticheria Siciliana – mi ha ricordato cosa significhi credere in ciò che si fa, anche quando tutto rema contro e il sogno sembra solo una pazzia. Ma soprattutto, mi ha ricordato la gioia di arrivare, che poi arrivare, forse sarebbe meglio dirla con le parole dello stesso Angelo: “Qui ancora dobbiamo incominciare”.

Dici di dover ancora incominciare ma di strada ne hai fatta parecchia non credi?


Era il 1945 quando la mia famiglia aprì la prima crispelleria, settantacinque anni e tre generazioni dopo io sono qui a far conoscere la mia città e la mia Sicilia non solo all’Italia intera ma anche all’Europa. Ho fatto molta strada certo, anche in termini proprio territoriali. Sono felice e soddisfatto di come questo progetto sta evolvendo, sto ricevendo – soprattutto qui a Padova – un risultato che speravo ma che sai, quando lo tocchi con mano fa ancora più piacere. Mi sto godendo questo momento ma tempo qualche giorno mi rimetterò subito al lavoro perché appunto, dobbiamo ancora incominciare.

Ma come si mantiene la qualità, quando si sceglie di operare a così tanta distanza da “casa” e con una scelta di un franchising? Come riesci a garantire la qualità in ogni punto?


Questo è stato forse il risultato più difficile da ottenere, ma allo stesso tempo l’unica cosa sulla quale io ho puntato tutto investendo tempo e denaro, nonché gli ultimi dieci anni della mia vita. È un progetto quello di Bisicchia Rusticheria Siciliana che arriva dopo diverse prove, spesso fallimentari, che altro non hanno fatto se non mostrarmi la via corretta. Non mi bastava esportare un prodotto siciliano, non volevo che fossero soltanto gli ingredienti a parlare; volevo che profumasse di Sicilia. Ecco perché ho mantenuto l’azienda familiare a Catania e ho scelto di realizzare lì i prodotti che esporto. Certo, fin qui è stato semplice, trasportarli senza farne perdere nessun aspetto, quello sì che è stato complicato. Oggi però sono contento: so che quando il cliente prende una pasta alla norma, se chiude gli occhi si ritrova in Sicilia. Per me questa è l’unica vittoria. La più grande.

Questo è il terzo locale a Padova, in cosa si differenzia dagli altri? Ma soprattutto: Padova ti ha proprio stregato no?


Ah, io amo Padova. Sai sono un ex rugbista, per tantissimi anni sono venuto qui in trasferta a giocare e ogni volta che mi capitava di tornare ero felice. Ecco perché quando vi è stata l’occasione di aprire qui non me la sono fatta proprio mancare. La tripletta? Quella è dovuta alla grande risposta della città che nemmeno con la pandemia ci ha fatto mancare il suo affetto e costante presenza. Questo locale si differenzia dagli altri perché è un bistrot. Diciamo che ho sviluppato due differenti formati: bistrot e takeaway. Mi piaceva poter offrire al cliente entrambe le possibilità e sembra che questo piaccia, soprattutto perché avendo posti a sedere sia dentro che fuori riesco ad accontentare un po’ tutta la clientela.

Non a caso leggo una carta vini che sembra un inno all’amore per il Veneto, sbaglio?


No no. Io credo moltissimo nella cooperazione: tra persone, tra idee, tra territori. Ho un grande rispetto per le tradizioni e i luoghi che queste raccontano e poi è inutile girarci attorno: il Veneto, ma la stessa Padova, offre vini incredibili che nessuno si lascerebbe sfuggire. Mettere questi prodotti nel mio menù è stata una scelta importante, una scelta fatta per amore e rispetto, di una città e di un territorio che dal primo giorno ci ha ospitato e fatto sentire a casa. È il giusto ritorno per l’amore ricevuto e poi è un connubio perfetto con moltissimi prodotti che qui proponiamo.

Quindi hai anche un piatto Veneto preferito?

Ah la polenta. Impazzisco per la polenta, la mangerei sempre!

Ora che siamo diventati quasi amici te lo devo chiedere: è nato prima l’arancino o l’arancina?


Ride. Poi si fa serio. Poi accenna di nuovo un mezzo sorriso. Ma dici sul serio? Guarda scrivi così: “Io so che c’è l’arancino, poi, se ci sono altre varianti noi non lo sappiamo". 

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scritto da:

Anna Iraci

Nata a Padova qualche anno fa, appassionata di film gialli e pizza diavola, meglio se assieme. Giocatrice di pallavolo nel tempo libero e, nel restante, campionessa di pisolini. Saltuariamente (anche) studentessa. Da grande voglio scrivere, ma siccome essere grande è una rottura, intanto bevo Gin&Tonic. Con il Tanqueray però.

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