Le ottime cucine asiatiche che puoi provare a Bologna

Pubblicato il 11 maggio 2025

Le ottime cucine asiatiche che puoi provare a Bologna

Diciamoci la verità: Bologna è una food city da paura, ma quando parte la craving per i sapori d’Oriente, qui non ci si limita più al solito sushi triste da asporto. La città sta diventando un melting pot gastronomico in cui le cucine asiatiche – vere, vibranti, street, tradizionali, fusion o spudoratamente pop – stanno trovando casa e cuori affamati. In questo articolo ci facciamo un giro tra i migliori posti asiatici di Bologna, quelli che ti fanno dimenticare per un attimo le tagliatelle e ti catapultano in Vietnam con una ciotola di pho, in Giappone con un gyoza perfetto, in Corea con un boccone di kimchi che ti svolta la serata.
Senza passaporto, senza voli low cost, solo con la fame giusta e lo spirito da explorer gastronomico.

Pho-llia alla prima cucchiaiata


Tra le toghe di Piazza dei Tribunali c’è un angolo in cui il Vietnam si racconta in piatti fumanti. Good Morning Vietnam è una dichiarazione d’amore: per il cibo, per l’accoglienza, per quella fusione impossibile da definire tra il Sud-Est asiatico e l’Emilia col calice in mano. L’hanno messo in piedi Thai e Marco, coppia nella vita e ora anche dietro il bancone: lei nata tra spezie e zenzero, lui cresciuto tra vigne e SoulWine a Casalecchio. Insieme hanno mollato tutto per creare un posto dove si mangia, si beve e si sta bene. Punto.
Dentro ci trovi i nón lá appesi al soffitto, sedute a mensola e un dehors che chiama la primavera. Ma soprattutto ci trovi il Pho: brodo limpido come un giorno di sole a Hanoi, tagliatelle di riso, manzo crudo che si cuoce nel brodo, coriandolo, menta e il twist balsamico delle spezie. E se non sei tipo da ciotole bollenti, c’è tutto un mondo di Com da esplorare: riso bianco con pollo al curry e latte di cocco, gamberi al tamarindo, manzo marinato o tofu piccantissimo, serviti sempre con verdure, salse e fiocchi di cipolla fritta come se piovesse.
E poi i vini. Non il solito bicchiere da compagnia: qui si beve bene, grazie alla selezione personale di Marco, tra biodinamici italiani e Riesling tedeschi con 85 g/l di zucchero residuo che ti fanno dimenticare la birra asiatica in un secondo. È Bologna che abbraccia Hanoi. Ed è un buongiorno che non finisce mai.

Good Morning Vietnam
Piazza dei Tribunali 6/A, Bologna 
Tel. 0510030674

Tokyo: andata e ritorno


C’è chi a Capodanno si fa esplodere i timpani con i botti e chi, tipo Musiani e Ribuffo, fa esplodere la scena gastronomica bolognese aprendo un izakaya giapponese vero, con cocktail che sembrano partoriti da uno speakeasy di Tokyo ma shakerati con l’anima del Nu Lounge Bar. Benvenuti da Sentaku Izakaya, il posto che tutti chiamano “novità dell’anno” ma che in realtà sembra già un’istituzione. E se ve lo siete persi finora: shame on you.
Dietro al bancone ondeggiante (letteralmente, è ispirato a Bali perché Nicolò Ribuffo aveva voglia di surfare anche in città), si nasconde un microcosmo calibratissimo dove ogni dettaglio fa brodo – pardon, umami. L’ambiente è caldo e minimal, con il legno che abbraccia e le luci che sussurrano “rilassati, qui si beve bene”. E si mangia pure da dio. La regia è in mano a Claudio Alessandro Musiani (quello che già spacca con Sentaku Ramen Bar) e a Ribuffo, che non solo ha lavorato due anni in un ristorante stellato di Tokyo, ma ha pure capito come portare la vibe nipponica nel cuore del quadrilatero bolognese senza risultare cosplay.
Sentaku non è un ramen bar, anche se è suo fratello. È un locale dove bere è serio quanto mangiare. I drink sono una bomba di nippo mixology studiata da Valentino Creatura (ex Paradiso di Barcellona), con almeno un ingrediente giapponese in ogni cocktail: yuzu, umeshu, kombucha ai lamponi… ce n’è per tutti. Il Mezcal & Apple Soda è un party in bocca, il Jaiquiri è puro zen, e il Nippo’s Champagne ti fa dire “Kanpai!” anche se sei bolognese doc.
Sul fronte food, dimenticate il sushi da supermercato. Qui si parte con i Karifurawā (cavolfiori spicy da dipendenza), si passa per i Bao con chashu o melanzana glassata, si vola con il Sake handroll e si atterra sulle leggendarie Nagoya tebasaki, le alette glassate da mangiare con i guanti. Ma il vero plot twist arriva con i Sando: il Katsu Sando (panino al latte con cotoletta di maiale) e il suo fratellino Egg Sando sono roba che ti fanno venire voglia di ordinare il bis anche col bottone slacciato. E chiudiamo con un tocco onesto: le Korokke (polpette fritte di patate) non sono il loro pezzo forte, ma hey, nessuno è perfetto.

Sentaku Izakaya
Via Marchesana 6, Bologna
051 485 6974

Sentaku Ramen Bar
Via delle Lame 47/C, Bologna
0514982544

Ravioli che attraversano mondi


All’inizio pensavano fosse spam. E invece no: era Michelin. Quella vera, con la guida rossa e tutto il peso che si porta dietro. Ling’s Ravioleria Migrante ora ci sta dentro, a pieni voti, con i suoi venti posti contati in una traversa timida di via Murri. A colpi di ravioli, Lingfen Hu si è presa Bologna. E pure l’Italia. Classe ’93, nata in Cina ma cresciuta qui, ha cominciato cucinando per prendersi cura dei fratelli. Oggi, prende per la gola anche gli ispettori più snob d’Europa. Ma la sua non è cucina fusion, né etnica. È una rivoluzione. Un manifesto. È il racconto, al vapore, di chi attraversa confini e li trasforma in bellezza.
Dentro ogni raviolo, un passaporto timbrato: gamberi dell’Adriatico, cavolo, zenzero, ma anche patate e furmai, guanciale di Mora Romagnola e nocciole delle Langhe. C’è il Mediterraneo, l’Emilia, la Cina e un pezzo di cuore sardo (spoiler: non sono culurgiones). E poi le polpette di melanzane con yogurt e salsa di fragole, il pad thai con guanciale Zivieri, il bibimbap con uovo bio a bassa temperatura, la zuppa di miso con tofu e menta: piatti che viaggiano tra Oriente e Occidente senza dichiarare dogana.
“Orgogliosi delle nostre contaminazioni”, dice Lingfen. Non cerca definizioni, né etichette. Vuole che ti siedi, assaggi e capisca da solo che qui dentro si serve un’identità nuova, ibrida, incasinata, potente.

Ling's Ravioleria Migrante 
Via Leandro Alberti, 34/2C, Bologna 
Tel. 3515771536

Fuoco, pepe, storie, rivoluzione


“Occhio a quel piatto: se senti formicolare la lingua, è normale. È il pepe di Sichuan. Fa parte del viaggio.” Te lo dice con un sorriso Zazi, mentre ti allunga una tigella bollente farcita di maiale e spezie cinesi, roba che i colli bolognesi manco si immaginavano. Ti guardi intorno: lanterne rosse, stampe orientali, profumo di wok e coriandolo. Dietro il bancone Pan mescola uno spritz al mandarino, mentre Chao, in cucina, orchestra il caos. “Eravamo studenti, volevamo aprire un bar. Poi la pandemia ci ha spinto ai fornelli. E da lì, Amole.” Un nome che suona come uno scherzo, ma qui dentro non scherzano affatto. Il menù è un trip: ravioli neri al vapore con ripieno di mare e terra, pollo fritto croccante da stadio, anatra con salsa dolce fermentata. Il pollo Kung Pao arriva fumante: cipollotti, arachidi, peperoncini secchi, e una storia che affonda nella Cina imperiale. “Ogni piatto è una memoria, una botta di casa nostra mescolata alla balotta bolognese.” E tu, nel dubbio, ordini un gin tonic piccante e ti lasci travolgere. Perché qui, ogni boccone è un racconto. E ogni racconto, brucia.

Amole - Osteria Multiculturale
Via Riva di Reno 7/B, Bologna
Tel. 0512847226

Vapore nella notte


La nebbia ti appanna gli occhiali prima ancora che tu possa leggere l’insegna. Dentro, la cucina è tutta lì, dietro il bancone: ravioli che nascono sotto le dita, musica in sottofondo, il profumo del cipollotto che salta in padella. A servirti, magari, c’è Alberto, che fino a qualche anno fa mangiava e basta. O Sara, che intanto racconta – con occhi brillanti – di come da una battuta sia partito tutto.
Jiaozi è più un ricordo che prende forma, cuoce al vapore e ti si scioglie in bocca. I ravioli sono solo quattro, ma raccontano un mondo. Zhu, i classici di maiale e cavolo. Niu, col manzo che s’incastra coi funghi. Xia, un tuffo nel mare. E Shu, solo verdure, ma con un’intensità zen. Ti siedi su uno sgabello, ti scotti la lingua, ci torni.
Fuori è Bologna, dentro è Wenzhou. Ma non quella da cartolina: quella delle merende di mezzanotte, dei mercati notturni, dello scooter con la zia a caccia di ravioli caldi. Quella che Sara porta nelle mani quando prepara i Ban Mian col ragù di maiale, o i Tang Yuan ripieni di sesamo nero che sembrano dolci ma sono viaggi.
Jiaozi è una carezza fumante nel mezzo di via San Felice. Un posto dove le cose si fanno da zero, le verdure si tagliano a mano, e ogni piega racconta un pezzetto di casa. La loro, e – se vuoi – anche la tua.

Jiaozi Ravioleria Cinese
Via San Felice 86/B, Bologna
Tel. 3517615761

Fumo, fuoco e soju in vena


Non c’è menù che tenga quando il profumo ti schiaffeggia prima ancora che tu ti sieda. È carne che sfrigola, kimchi che bolle, fumo che ti entra nei vestiti e nei pensieri. Sei in via Emilia Ponente, ti siedi da Banchan e sei già altrove. Una cameriera gentile ti spiega tutto con un sorriso zen mentre ti mette in mano le pinze: oggi cucini tu, ma non sei solo. C’è la griglia incandescente, il Bulgoghi che si fa caramello sotto i tuoi occhi, la pancetta che esplode in gochujang. E intorno una tavola che trabocca: piattini misteriosi, ravioli che sembrano cuscini, tofu che si scioglie come burro caldo. È un’orgia di sapori, ma con classe.
Poi arriva lui, il Bibimbap. Una ciotola bollente, una tavolozza di colori, un uovo che ti guarda come a dire: “Mescola tutto, fidati.” E quando lo fai succede la magia: il riso si tosta, le verdure danzano, la salsa piccante ti pizzica le labbra. È come un bacio con la lingua, solo più buono.
E mentre il sushi sfila elegante come una modella timida, tu sei già ubriaco di sapori. Il soju scivola giù come un segreto raccontato a mezza voce. E per un attimo, solo per un attimo, Bologna diventa Seoul.

Banchan Korean Restaurant
Via Emilia Ponente 76/A, Bologna
Tel. 051310960

Fidati e lasciati stupire


Chiudi gli occhi. Sei seduto al banco di Seta, sotto le luci morbide di Corte Isolani, e davanti a te c’è solo lui: lo chef Byron Verano. Le mani si muovono come una danza, la lama accarezza il tonno, e non devi fare nulla se non fidarti. È questo l’omakase, bellezza. Un atto di fede gastronomico che parte in silenzio e ti esplode in bocca.
Qui il sushi non è solo pesce su riso, è una forma d’arte viva, che cambia ogni sera, che segue il pescato del giorno, l’umore del mare e l’estro dello chef. C’è la gallinella selvatica che si scioglie in una ponzu fatta in casa, c’è la capasanta bretone che sussurra dolcezza prima di lasciarti un bacio salato di riccio disidratato. E poi il toro, in ogni sua veste: akami, chutoro, otoro, kama. Se non ti tremano le ginocchia, non lo stai mangiando nel posto giusto.
Ma Seta è anche materia, architettura, visione. È il sogno di Maurilio Zaccone, calabrese di sangue e nipponico d’anima, che ha messo eleganza, rigore e cuore dentro ogni singolo centimetro di questo scrigno. Il tè arriva con la stessa dignità del sakè, la panna cotta allo yuzu con alga nori sembra un haiku. E ogni piatto ti racconta una storia, se hai voglia di ascoltarla.
Non è economico. Ma l’incanto non ha mai avuto il prezzo del fast food.

Seta Sushi Lab
Corte Isolani 2/B, Bologna
Tel. 0510039367

Cuori, cervelli e hot pot


Se non hai mai mangiato un tendine di manzo in brodo piccante, amico mio, è tempo di farlo. E non in un posto qualsiasi, ma in un locale dove il compromesso non ha cittadinanza. The Carnivore Union è una trincea bollente per palati coraggiosi, un hot pot autentico, crudo, vero. Nessuna messa in scena per gli occidentali, nessuna scorciatoia turistica: qui si fa come si fa nel nord della Cina, senza filtri. Scegli il brodo — ne hanno sei, dal gentile al demoniaco — poi lanciati in una pesca miracolosa di ingredienti da cuocere al tavolo: cuore di maiale, lingua d’anatra, intestino d’oca, trippa, sanguinaccio, ma anche lotus root, patata cinese, ravioli alla piastra e polpette di mare. Tutto si immerge, tutto si trasforma. Alla fine, ti bevi pure il brodo, perché sì, ci sta. Il personale ti guida, se serve, ma l’esperienza è tua, ed è totalizzante. Sporcarti, mescolarti, scoprire: è questo il bello. Un’orgia di sapori, un rito fumante, una sfida da accettare. Se hai fegato. Anche letteralmente.

Carnivore Union
Via Centotrecento 1/B, Bologna
Tel. 051266052

Niente sushi, solo godimento vero


Davanti alla porta di Yuzuya c’è sempre una fila ordinata. Persone in silenzio, testa bassa, come se sapessero di entrare in un posto che merita rispetto. O forse solo fame. Quella fame che non ha voglia di tempura a caso, ma di qualcosa che profuma di casa. Anche se non è casa tua.
Dentro, profumo di miso e cipollotto, voci basse, tovagliette in legno, piatti piccoli, eleganti, spiazzanti. Il karaage è quello che tua nonna avrebbe fatto se fosse cresciuta a Kyoto. Lo sgombro ha la malinconia di qualcosa che stava meglio in mare. E il riso… non è un contorno. È un protagonista silenzioso che lega tutto, come certi amori che non fanno rumore.
Tsuruko e Takako ti guardano dalla cucina, concentrate. Non serve parlare. I piatti raccontano tutto: la formula Teishoku, la regola dell’Ichi-ju San-sai, quel maki solitario – lo Yuzuyamaki – con dentro sette ingredienti e zero vezzi. “Il sushi? No. Qui i pesci muoiono stanchi. E noi vogliamo rispetto, non compromessi”.
Alle 21 chiude la cucina, alle 22 tutti fuori. Senza discussioni. Una danza precisa, lieve, in equilibrio tra Bologna e Tokyo. Non c’è bisogno di capire tutto. Basta sedersi. Masticare piano. E restare in silenzio per un attimo, mentre il sapore finisce di parlare per te.

Yuzuya
Via Nicolò Dall’Arca 1/I, Bologna
Tel. 0510415021

Fusion che fa scintille


Una ciotola, una polpetta, un roll. Dentro, due mondi. Sicilia e Giappone si abbracciano a Bologna con la stessa passione con cui Noriko e Daniele – coppia nella vita e nel gusto – fondano Sicilyn. Lei, chef giapponese cresciuta a suon di dashi e origami. Lui, palermitano doc e comunicatore nato. Insieme hanno creato un laboratorio di fusion che non è né sushi tradizionale né cucina sicula classica, ma qualcosa di nuovo, azzardato e incredibilmente armonico. Immagina il temari con gamberetti di Mazara, riso e una salsa di capperi da urlo. Poi il gunkan con bottarga di tonno e maionese al wasabi. E se non ti basta, c’è il bagel con salmone teriyaki e primosale siciliano. Ogni piatto è un mash-up sonoro, un vinile vintage che suona Tokyo su una spiaggia a Mondello. Sushi donut, chirashi con avocado e mozzarella di bufala, tartare di tonno che fa l’occhiolino al Mediterraneo. Il tutto curato in ogni dettaglio, con ingredienti selezionatissimi e un’estetica da food-art. Non è solo una cena, è un viaggio in due direzioni che si incontrano a metà boccone. Unico avvertimento: crea dipendenza.

Sicilyn Gourmet Siciliano - Giapponese
Via Massarenti 54/F
Tel. 3395871134

Dim sum e delirio mistico


Haowei. Sì, lo so: sembra un nuovo modello Huawei, ma qui la connessione è tutta con lo stomaco, non con la rete. Scatti la foto al menù, poi ti dimentichi il telefono per due ore. Perché in questo ristorante cinese niente è lasciato al caso: il raviolo non è solo raviolo, è un rituale sensoriale. Trasparente come un pensiero pulito, dentro c’è il gambero, l’essenza dell’Oriente, il crunch mentale che ti sveglia anche senza caffè.
Ordini le costine all’imperiale e ti sembra di ricevere un messaggio dal tuo io zen: dolcezza e forza, glassa e morsi di verità. Poi arrivano le sfere di gamberi al vapore e tu cominci a parlare in mandarino interiore. Nessuna piroetta fusion, qui si va dritti al cuore: gusto pieno, identità netta, porzioni che parlano chiaro e sapori che non chiedono scusa.
È un delirio mistico da condividere in due o più, come il menù degustazione che è tipo Netflix ma da mangiare. Tutto arriva uno dopo l’altro come i dischi belli: involtini, ravioli, riso, carne, gamberi, costine, pasta. Non c’è un calo. Solo beat. Solo fame. Solo felicità.

Risorante Haowei
Via Giovanni Casoni 2/C, Bologna
Tel. 051357359













 

  • RISTORANTI E CIBI ETNICI

scritto da:

Lorenzo Trisolini

Classe ’94, curioso per natura e sempre con lo zaino pronto. Dopo una laurea a Bologna e un’esperienza in Australia, ci sono tornato sei anni dopo, scoprendo una città che sa sempre sorprendermi. Osservo, ascolto e racconto quello che vale la pena vivere

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