Bolo by night: i posti giusti dove andare a ballare

Pubblicato il 13 ottobre 2025

Bolo by night: i posti giusti dove andare a ballare

Renton l’aveva detto: il mondo sta cambiando, la musica sta cambiando, le droghe stanno cambiando, perfino gli uomini e le donne stanno cambiando. E aveva ragione. Cambiano i corpi, le notti, i pensieri su cosa sia giusto o sbagliato. Tutto scorre, tutto si trasforma — anche la notte di Bologna.
Questa città è sempre stata un’anomalia nel panorama italiano: terra di rave e di psy trance, di dread e stroboscopi, di cappe e casse dritte. Qui la fattanza è una cultura. Bologna ti insegna cosa vuol dire far serata: dal bottellom all’after. Ti insegna a perderti e ritrovarti nello stesso weekend.
Ma anche sotto le Due Torri qualcosa si muove: l’epoca di Jeff Mills, Adam Beyer e Len Faki sembra lontana, la linfa della techno classica si è quasi esaurita. Ora la notte cerca nuove direzioni, nuovi suoni, nuovi corpi da mettere al centro.
La musica è plasmata dal mondo, e plasma a sua volta il mondo. E se il futuro è imprevedibile, resta una certezza: per capirlo bisogna mischiarcisi dentro.
Questa è la mappa per farlo.

Si parte da qui


Ogni carriera comincia in un posto così: palco basso, amplificatori segnati, cento facce che ascoltano in silenzio. A Bologna quel posto è il Locomotiv, incastrato sotto i binari del Dopolavoro Ferroviario. Dal 2007 è il trampolino della scena indipendente: una bocciofila rimessa a nuovo e trasformata in un rifugio per chi la musica la vuole abbracciare nella sua versione integrale, senza filtri.
Da qui sono passati Calcutta, Gazzelle, I Cani, Verdena, Colapesce, Pop X, M¥SS KETA. Gente che oggi riempie palazzetti ma che qui, tra le luci gialle e il sudore, ha imparato cosa vuol dire suonare davanti a un pubblico vero.
Il Locomotiv vive di contrasti: il rumore sporco delle chitarre che si scioglie nella techno delle tre di notte, l’odore di birra che si mescola alla nebbia del fumo, la Bolognina popolare che diventa capitale dell’indie italiano. Dentro, nessun divano, nessuna scenografia: solo palco, casse e la libertà di sbagliare.
È il punto di partenza e di ritorno di una generazione intera. 

Locomotiv Club
Via Sebastiano Serlio 25/2, Bologna
Tel. 347 570 688

Connessione permanente


Bologna, 1994. Dalle ceneri di uno dei centri sociali più vivi e discussi della città nasce un nuovo spazio che ne eredita il nome e lo trasforma in simbolo: Link, acronimo di L’Isola nel Kantiere ma anche, in inglese, “collegamento”. È esattamente questo: un punto di contatto tra mondi che raramente si toccano. Tra arte e politica, musica e pensiero, clubbing e sperimentazione. La prima sede, in via Fioravanti, è un ex magazzino farmaceutico. Cinque sale, un bar, una libreria, un piccolo internet point, e un’idea collettiva di cultura che mette insieme suono, video, teatro e performance. In quegli anni passano Aphex Twin, Massive Attack, Plastikman, Motus, Lenz Rifrazioni: la città guarda fuori e scopre che può stare dentro la mappa europea dell’avanguardia.
Nel 2004 la geografia cambia: il Link si sposta in via Fantoni, nel Cubo di cemento e ferro che oggi conosce chiunque abbia ballato almeno una volta a Bologna. Quattromila metri di spazio industriale, palco alto, impianto Funktion-One, capienza da festival. Qui si sono alternati Jeff Mills, Len Faki, Chris Liebing, Nina Kraviz, Ben Klock, mantenendo la stessa vocazione di ricerca, ma con una potenza sonora da club contemporaneo.
Gestito da Link Associated, continua a essere un punto cardine della notte bolognese: indipendente, resistente, con un’identità che non si lascia addomesticare. Un link permanente tra ciò che Bologna è stata e ciò che ancora non ha finito di diventare.

Link
Via Francesco Fantoni 21, Bologna
Tel. 051 6313246

La febbre continua 


Il rumore lo senti già fuori, tra le file di macchine parcheggiate in via Maserati. Ogni weekend migliaia di persone entrano nel Numa, arena da oltre duemila posti dove Bologna si trasforma in metropoli. Luci, laser, proiezioni: un club costruito come un impianto, con due livelli che si incastrano alla perfezione: sotto la pista enorme, il palco, il ledwall che abbraccia la sala; sopra la cucina e la terrazza da cui si guarda la folla come da un balcone sopra la città.
Dal 2011, anno della rinascita dopo l’epoca del Ruvido, il Numa ha cambiato faccia alla notte bolognese. Venerdì l’EDM e la techno spingono fortissimo, sabato il Mamacita di Radio105 riempie tutto di hip hop e reggaeton, con pubblico da mezza Italia. In consolle sono passati Sven Väth, Fritz Kalkbrenner, Don Diablo, Gigi D’Agostino, Ofenbach, Jax Jones.
Dopo il restyling del 2016 il locale è diventato una macchina perfetta: impianto Funktion-One, area Grey Goose e ristorante da 300 coperti. 

Numa Club
Via Alfieri Maserati 9, Bologna
Tel. 051 363591

Purple Disco


Prima c’era uno schermo. Poi il buio, le luci, il suono. Nel vecchio cinema Variety, tra le poltrone smontate e il pavimento che ancora odora di pellicola, nasce nel 1988 uno dei luoghi più longevi della notte bolognese. Qui, dove un tempo si guardava, si comincia a ballare. Palco, platea, tendaggi: tutto resta, ma si trasforma. Il Matis diventa uno spazio pensato per i grandi set, per i suoni che rimbalzano sulle pareti come battiti in un torace.
Negli anni ’90 Bologna scopre la febbre house, e tra queste mura passano Frankie Knuckles, Satoshi Tomiie, Tony Humphries, mentre la città si allinea alla Riviera con serate firmate Pascià, Peter Pan, Pineta, Villa delle Rose. Nel 2018 arrivano Marco Tiraferri e i fratelli Buffagni, la mente dietro i club di Riccione, e il Matis cambia di nuovo ritmo: nuovi impianti, nuove luci, nuovi formati. Da allora, We Love Echoes celebra la storia della house italiana, mentre festival e ospiti internazionali — Richie Hawtin, Benny Rodrigues, DJ Pierre — tengono viva la sua eredità.
Capienza da 800, cuore da mille.
Casteldebole come una piccola Ibiza sotto le Due Torri.

Matis Club
Via Rotta 10, Bologna
Tel. 327 3317669

Berlin calling

Si chiama Kindergarten, ma è tutt’altro che un asilo. Dentro non crescono bambini ma generazioni di nottambuli, DJ e anime elettriche. Niente colori pastello, qui il ferro domina. Le pareti sono gabbie, la consolle è chiusa in una struttura metallica che vibra insieme al basso. Buio fitto, luci minime, atmosfera berlinese: Bologna underground nella sua forma più pura.
Nato nel 2006 dentro un’ex officina in via Calzoni, il locale prende il testimone dell’Estragon e lo porta nel territorio dell’elettronica estrema. Prima un progetto culturale, poi un club diventato simbolo. Techno, house, industrial, punk, noise: ogni serata una diversa declinazione del caos. Qui hanno suonato Richie Hawtin, Sven Väth, Autechre, Skin, Bloody Beetroots, Marracash, in un mix di linguaggi e generi che solo Bologna poteva tenere insieme.
Il Kindergarten è piccolo — poco più di 400 persone — ma ogni volta sembra un pianeta chiuso, dove il tempo non entra. Di giorno è associazione, corsi, attività sociali; di notte è una camera pressurizzata di suono e libertà.
Da quasi vent’anni è il rifugio dell’underground: niente moda, niente facciata, solo musica che ti attraversa e ferro che la contiene.

Der Kindergarten
Via Alfredo Calzoni 6/H, Bologna
Tel. 051 9983962

L’ultima utopia

Nel ’95 un gruppo di studenti e artisti entra in un teatro abbandonato di via Irnerio. Lo ripulisce, lo riaccende, gli dà un nome che è già un manifesto: Teatro Polivalente Occupato. TPO. Tre lettere che diventano parola d’ordine, bandiera, battito. Dentro si fa teatro, si suona, si discute, si sogna di cambiare il mondo. Non c’erano sponsor né biglietti VIP, solo un’idea: che un’altra città, un’altra società, fosse possibile.
Oggi di quella utopia resta l’eco, ma il suono è cambiato. Le gabbie ideologiche si sono svuotate, ma quelle sonore si riempiono ogni weekend. Giovani, fuori sede, corpi accesi che ballano sotto gli stessi muri dove vent’anni fa si scrivevano volantini e si montavano scenografie di protesta.
L’anima è più quieta, ma c’è. Sta nei poster sbiaditi appesi accanto alla consolle, nei microfoni che un tempo servivano per urlare e oggi servono per cantare. Il capitalismo ha vinto quasi tutto, ma qui dentro resiste un margine, un modo di dire “no” ballando.

Centro Sociale TPO
Via Camillo Casarini 17/5, Bologna
Tel. 051 0935902

Il rifugio 


Si racconta che una notte, dopo un concerto a Modena, Bob Dylan chiese ai suoi di portarlo al Covo. Aveva sentito dire che a Bologna c’era un club dove il rock non si esibiva: resisteva. Arrivò tardi, i cancelli chiusi, le luci spente. Restò in macchina per qualche minuto, in silenzio. Poi disse solo: “È bello sapere che esiste.” Da lì nasce la leggenda — e forse anche qualcosa di vero.
Il Covo apre nel 1980, in un quartiere segnato dall’eroina e dalla disillusione. Yanez e Dedu, due ragazzi con una fede cieca nella musica, trasformano un vecchio casolare in un rifugio sonoro, un luogo per chi non voleva arrendersi.
Nel tempo diventa un santuario laico: qui passano i Nirvana nei loro primi tour europei, gli Arctic Monkeys, gli Interpol, i Franz Ferdinand, e mezza scena indie prima che diventasse moda. Negli anni ’90 Max Bonini lo trasforma in un club vero, all’inglese, dove i live e i dj set si mischiano come birra e sudore.
Oggi, tra le sue 400 anime stipate a ogni serata, resta lo stesso spirito: underground, crudo, irriducibile.

Covo Club
Viale Zagabria 1, Bologna
Tel. 051 505801

Apocalypse now


Il dragoncello è una pianta che cresce dove non te l’aspetti: nei crepi del cemento, lungo i binari, ai margini dei parcheggi. Forse è per questo che l’hanno chiamato così, Estragon. Negli anni ’90, a Bologna, serviva un posto che avesse la stessa testardaggine: capace di attecchire tra capannoni industriali e voglia di suonare forte. È nato così, con un gruppo di operatori culturali che voleva dare alla città un’arena vera, indipendente, lontana dai teatri e dai club patinati.
Il primo live è dei Modena City Ramblers, poi la lista diventa enciclopedia: Franz Ferdinand, Mogwai, Queens of the Stone Age, Afterhours, Elisa, Subsonica. Oggi, nel capannone di via Stalingrado 83, l’Estragon resta il punto fisso della musica live: 1.200 metri quadri, palco monumentale, due bar, folla fino a mille persone. Rock, indie, electro, reggae: tutto passa da qui.
Dentro si mescola di tutto — metallari, fuorisede, turisti, punk, ragazzi sotto palco con la reflex — e nessuno stona. Perché a Bologna, da trent’anni, il suono che conta cresce sempre nello stesso posto: tra il cemento e le radici del dragoncello.

Estragon 
Via Stalingrado 83, Bologna
Tel. 051 323490


Foto tratte dalle pagine social dei rispettivi locali.

 

  • CLUBBING

scritto da:

Lorenzo Trisolini

Classe ’94, curioso per natura e sempre con lo zaino pronto. Dopo una laurea a Bologna e un’esperienza in Australia, ci sono tornato sei anni dopo, scoprendo una città che sa sempre sorprendermi. Osservo, ascolto e racconto quello che vale la pena vivere

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