Fornai duri e puri, la terza generazione del panificio Angelini di Martina Franca

Pubblicato il 1 ottobre 2019

Fornai duri e puri, la terza generazione del panificio Angelini di Martina Franca

In principio furono i bamboccioni del ministro Padoa-Schioppa poi i choosy della ministra Fornero passando per gli “inoccupabili” giovani italiani di Giovannini. Di fronte a questi epiteti, non proprio gentili dati dai grandi signori ai giovani italiani, c’è una folta schiera di ragazze e ragazzi che il lavoro, anche quello più pesante, non lo hanno mai rifiutato, anzi se lo sono andati a cercare a costo di sacrificare un po’ di quella giovinezza leggera e sì pure scapestrata e dormigliona, che anche chi condanna, probabilmente, avrà vissuto.
C’è chi pur di portare avanti una tradizione e un nome ha smesso le vesti del giovinetto e puntato la sveglia alle prime luci dell’alba perché essere la terza generazione di una famiglia di fornai è si una fortuna in tempi di scarsezza di lavoro, che richiede, però, una forte motivazione e abnegazione quasi totale quando di anni se ne hanno poco più di venti. I due Luigi, che di cognome fanno Angelini, sono la rappresentazione vivente di questa “meglio gioventù” pronta a sacrificare le serate di baldoria, tipiche di quella che oggi viene definita la tardo-adolescenza, per portare avanti la tradizione dell’Antico Forno Angelini di Martina Franca. 



 
Un lavoro duro il vostro, una scelta dovuta forse, la rifareste?
Io ho sempre pensato di voler fare questo nella vita – risponde per primo il Luigi senior, 34 anni e un figlio di pochi mesi -, mi è sempre piaciuto accompagnare mio padre quando veniva a lavorare nella notte, ero piccolino avevo forse cinque o sei anni ma volevo a tutti i costi essere con lui. Mi piaceva proprio quell’idea di svegliarmi e alzarmi durante la notte per accompagnare mio padre a fare il pane e aspettavo con ansia il momento in cui papà preparava la prima focaccia e ce la faceva mangiare ancora fumante. Nell’incoscienza dell’infanzia sembrava tutto bellissimo. Ancora lo è ma, sicuramente, non è un lavoro facile. Però se c’è la voglia e quel lavoro piace lo si porta avanti senza pensare che domani la sveglia suonerà nuovamente alle quattro del mattino. I nostri padri sono stati un esempio per noi – aggiunge il cugino omonimo poco più che ventenne - e nonostante le difficoltà siamo convinti di aver fatto la scelta giusta. Anzi la rifaremmo, possiamo considerarci fornai duri e puri. 



Voi siete la terza generazione di un’attività iniziata da vostro nonno di cui entrambi portate il nome Luigi, cosa sapete della storia di questo panificio?
Il forno è risalente alla fine del diciannovesimo secolo. Ora lo portiamo avanti io e mio cugino, mio omonimo, e siamo alla terza generazione della nostra famiglia. Il primo è stato mio nonno che ha iniziato a lavorarci come dipendente della vecchia famiglia proprietaria, dopo che mio nonno ha preso tutto in gestione è iniziata la tradizione della famiglia Angelini, dapprima con mio padre e i suoi fratelli e adesso con noi. Quando mio nonno ha iniziato a lavorare, il nostro era un tipico forno di paese, come si usava una volta cioè luogo in cui si cuoceva il pane preparato a casa nelle famiglie. Oggi diremmo un’attività conto terzi. Più tardi abbiamo ricevuto la licenza per produrre e vendere pane e siamo andati a incrementare la produzione. Dopo cento anni di storia siamo riusciti ad innovare un po’ tutto, dai prodotti, al tipo di lavoro, ai macchinari. Ma l’antico forno a legna rimane sempre il cuore della nostra attività.



Innovazione che sposa la tradizione quindi. Usate ancora qualche ricetta del passato?
Il prodotto più tipico, la cui ricetta risale al primo periodo del panificio Angelini, è la cosiddetta focaccia a “jor de fuc”, in italiano potremmo tradurre con “all’ora del fuoco”. Veniva fatta dall’impasto del pane e infornata con l’intento di sapere quando il forno era arrivato alla temperatura giusta e non era necessario aggiungere altra legna, aspettando poi che calasse la fiamma per infornare il pane. È una focaccia che, ancora adesso si produce e piace tantissimo, in origine era bianca, con la patata, oggi la prepariamo anche condita. È il primo prodotto ad essere infornato quando il forno ha raggiunto temperature altissime, quindi, ha tempi di cottura molto brevi, cinque minuti al massimo. Non è cotta in teglia ma direttamente sulla pietra nel nostro forno di 20 metri quadrati ancora rivestito con le stesse “chianche” (pietre) originali dell’epoca.



Bene abbiamo parlato di tradizione, di storia e di passato ma tornando al presente, cosa significa oggi essere un artigiano e confrontarsi con competitors agguerriti e che riescono a soddisfare un mercato sempre meno attento alla qualità piuttosto che alla quantità e velocità dell’offerta?
È diventato molto difficile fare l’artigiano e il panificatore nello specifico, con la liberalizzazione delle licenze e l’avvento della grande distribuzione c’è molta concorrenza. Però credo che il nostro punto di forza sia proprio quello di aver lasciare il prodotto originale e genuino come una volta. In questo senso non abbiamo mai avuto grandi problemi a rimanere sul mercato. D’altro canto, è vero anche che è necessario sempre tenersi aggiornati. Di farine, ad esempio, se ne producono sempre di nuove così come le richieste e i gusti del cliente si evolvono e cambiano. Accanto al pane tradizionale abbiamo ampliato la nostra offerta, anche nelle quantità, a discapito per esempio della quantità del primo.

 Andando più nello specifico cosa è che vi contraddistingue, perché la gente del posto o i forestieri scelgono o dovrebbero scegliere i prodotti dell’antico forno Angelini?
Il nostro punto di forza rimane comunque il forno a legna, forse uno dei più grandi d’Italia, cerchiamo di produrre tutto sulle sue antichissime “chianche” in modo da avere un prodotto differente e assolutamente unico. Da noi i clienti sono sicuri di trovare almeno due prodotti che è difficile poter trovare da qualche altra parte: il pane tradizionale o casereccio e la focaccia “jor de fuc” che produciamo nello stesso modo da circa un secolo. La genuinità è la caratteristica di tutti i nostri prodotti da forno preparati con il lievito madre e senza uso di conservanti o additivi chimici.  

Tra i prodotti della tradizione ci sono le famose “pucciatidd di Pasqua” cosa sono?
Si tratta di un prodotto stagionale, tipicamente pasquale. Sono dei grandi taralli fatti con le uova e rivestiti di glassa di zucchero (gileppo o scelepp) che si preparano ancora in famiglia e si offrono durante la Settimana Santa. Una preparazione molto lunga che prevede anche una notte di riposo prima della cottura. Per questo prodotto torniamo alle origini offrendo come allora un servizio alla comunità. Le famiglie, infatti, portano a noi questi taralli ancora crudi e noi li inforniamo e cuociamo per donar loro il sapore di una volta.



Puntare sulla genuinità dei prodotti è una scelta che trova d’accordo molti genitori (Luigi senior è da poco diventato padre, ndr) forse oggi più attenti all’alimentazione dei propri figli. Oltre al pane e alla focaccia quali sono i prodotti di punta della vostra attività?
I taralli, le frise, i biscotti e i prodotti secchi in generale, è un settore sui cui puntiamo molto. Per i bambini o anche per gli adulti che non vogliono rinunciare a uno snack sano e genuino, abbiamo pensato a delle confezioni da passeggio, da merenda o da portare a scuola, ognuna da cento grammi. Nessuno spreco ma tanta genuinità. 





Crediti Fotografici: foto @2night shooting di Gaga Jovanovic






 

  • GLI ADDETTI AI LAVORI

scritto da:

Stefania Di Ceglie

Fuori tempo, qualche volta. Fuori luogo, molto spesso. Fuori rotta, sempre e per scelta. Curiosa e perennemente alla ricerca del sorprendente, sono allergica alle convenzioni e ai déjà vu. E soprattutto alla birra calda.

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