Cosa si mangia a Lecce e provincia per l'Immacolata

Pubblicato il 7 dicembre 2021

Cosa si mangia a Lecce e provincia per l'Immacolata

Tutto quello che non deve mancare a tavola secondo la tradizione

Chi mi conosce lo sa: amo definirmi per metà campana, per metà di origini sarde ma orgogliosamente salentina da tre generazioni.

Nelle mie vene scorre, insomma, un sangue ben mixato. Forse è per questo che, di fatto, nella mia famiglia le tradizioni locali non sono mai state particolarmente sentite. Ma proprio perché ne ho un po’ sofferto la mancanza, mi piacerebbe recuperarle per farle conoscere a mio figlio, e negli ultimi tempi mi sono lanciata in “uno studio matto e disperatissimo” delle mie radici.

Che poi, diciamocela tutta, le rivisitazioni leccesi di devozionale in senso stretto hanno ben poco visto che, di solito, le giornate di “digiuno” precedono (o sono esse stesse) giornate di abbuffate apocalittiche. A volte, da piccola, ho persino ipotizzato fosse un semplice rituale preparatorio “per fare spazio” ai grandi pranzi di famiglia.

Un altro must salentino che mi ha sempre fatto sorridere è il “digiuno e astinenza” previsto per la vigilia dell’Immacolata, quando i nostri nonni ci svegliavano al mattino presto ricordandoci come un mantra: Osce se mangia solo puccia. SOLO e SOLTANTO puccia, poi fino a sera non si tocca altro.

pittule de Il Ristoro dei Templari



E arrivavi a tavola con l’ansia di chi si aspetta di trovare nel piatto un tozzo di pane scondito. Ma quello che si prospettava davanti ai tuoi occhi era di tutt’altra natura. Intanto odore di frittura sin dall’ingresso della città e pittule in quantità industriali, perché “ti la Mmaculata la prima ffrizzulata, ti la Cannilora l’ultima frizzola”.

puccia dell'Angolino di via matteotti


Poi arrivava il faccia a faccia con la famigerata puccia, un panino alto 20 cm e con una così elevata densità di mollica al suo interno, che morderlo diventava una missione impossibile.
Bandita la carne in maniera improrogabile, la devozione consentiva però di farcirla con tonno,  alici, carciofi o pomodori sott’olio, formaggio, olive, capperi e tutto ciò che la fantasia dei commensali proponeva. Risultato finale, altri 10 cm di spessore. Alla faccia del digiuno.
Ma noi salentini siamo così, dolcemente buongustai. Come quei bambini che ne combinano di tutti i colori ma hanno un’espressione talmente simpatica da farti scappare una sonora risata quando invece dovresti rimproverarli.
Quegli stessi sapori, profumi e ricordi, li ritrovo ogni volta che mangio in qualche locale leccese che ha fatto della puccia il suo cavallo di battaglia. In particolare, me ne vengono in mente tre, che mi sono rimasti bene impressi e sono tra i più rinomati perché davvero storici o buonissimi.


Il primo è sicuramente Civico 7 (viale Japigia 7 T: 3397191212). Seguono  L'Angolino di via Matteotti (via Matteotti, 31 - T: 3468361999) nel centro storico e La Puccia lungo la circonvallazione di Lecce (Viale Leopardi, 36 - T: 3886273218).

Menu tradizionale dell'8 dicembre

Tubettino risottato al baccalà Masseria Stali


Dopo questa parentesi, torniamo a noi. Abbiamo detto che di solito il digiuno prevede abbondanti pranzi di famiglia, sempre all’insegna della tradizione. E qual è il menu dell’8 dicembre? In effetti per questa giornata non ci sono indicazioni particolarmente precise o pietanze fisse. Quello che però di solito non doveva mancare è il baccalà, in tutte le salse: con il sugo, per fare da condimento a un taglio di pasta piuttosto piccolo come i vermicelli; oppure in pignata con le patate. Meno comune ma altrettanto storico, il cosiddetto “grano stumpato”, che veniva cotto nel sugo e servito con abbondante formaggio grattugiato.

Per mangiare al ristorante

Il ristoro dei templari

 
Adesso il menu previsto dai ristoranti per questa ricorrenza è molto più libero e variegato, mantenendo pur sempre un doveroso legame con le tipicità locali. Ad esempio, per mercoledì 8 la Masseria Stali (Via Vicinale Cisterna Vecchia, 8 - 73010 Caprarica di Lecce - T. 349 7439463) porta in tavola un antipasto misto composto da pittulicchie variegate, bruschettone alle rape ‘nfucate, acciughina e cacio cavallo; baccalà in tempura con salsa verde; burratina, capocollo e pomodoro concassè. Si prosegue con un primo a scelta tra cavatelli al baccalà e fagioli cannellini o casareccia saporita ai funghi e guanciale croccante. Per secondo,
terrina di involtini di vitello ai carciofi e patate. Si conclude con mandarini, sfogliatina alle mele, crema inglese e gelato alla vaniglia, oltre alle bibite. Il tutto, a 35 euro per persona.

Stesso prezzo anche per Il ristoro dei templari (Via Ascanio Grandi, 15, 73100 Lecce - T. 349 1413652), che nel mix di antipasti include polpette di cavallo al sugo, pittule leccesi condite con pomodoro, capperi, olive nere e cavolfiore, parmigiana di melanzane, mortadella alla brace con grana, pachino e rucola; bruschetta con stracciatella e guanciale di Norcia su letto di pomodori confit. Si prosegue con un primo a scelta tra gnocchi su vellutata di porcini e salsiccia di Norcia o maccheroncini di grano arso con pezzetti di cavallo al sugo. Il secondo è a scelta tra bocconcini di vitello al Negramaro, costine di maiale al sugo o salsiccia di Norcia, con contorno a scelta tra patate al forno, patatine fritte e insalata verde. Dulcis in fundo, tiramisù della casa, acqua e vino.
 

*Foto cover e interne tratte dall'archivio 2n e dalle pagine facebook dei locali citati

  • RISTORANTI E PIATTI TIPICI

scritto da:

Grazia Licheri

Le parole sono gocce che muovono il mondo. Per questo vivo ogni giorno le mie emozioni e lascio che prendano forma attraverso la scrittura. Amo comunicarle agli altri attraverso racconti e articoli creativi, ma soprattutto… amo la musica e il buon cibo.

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