Ecco cosa fanno i veri salentini a San Martino

Pubblicato il 7 novembre 2024

Ecco cosa fanno i veri salentini a San Martino

Generosi, aperti verso gli altri, pronti alla condivisione e sempre lì, scattanti, per aggiungere un posto a tavola all’insegna del mantra “dove si mangia in 5 si mangia anche in 7”: noi salentini siamo così, non c’è niente da fare. Nel bene e nel male, dalle nostre parti è davvero raro trovare persone solitarie che se ne stanno lì a farsi i fatti propri. Se c’è un’immagine che più di tutte posso ripescare dai miei ricordi per identificare l’essenza più ancestrale della salentinità, è quella della sedia a bordo strada nei vicoli dei paesi: quando non serve per prenotare un improbabile parcheggio, quella sedia per qualcuno è una finestra sul mondo, un luogo privilegiato da cui vedere la gente che passa, scrutarne le storie, intuirne lo stato d’animo, carpirne i segreti. Le ricorrenze? Quelle si passano in compagnia, a tutti i costi, perché la solitudine sarebbe un sacrilegio. Soprattutto quando la festività è una delle più sentite in lungo e in largo per il Salento, perché ha i colori dell’autunno, il profumo di antichi rituali che scandivano la vendemmia, il sapore di una nuova annata che si avvicina. Sto parlando, ovviamente, di San Martino. Anche i salentini fuori sede lo sanno molto bene: che lo si passi nella propria terra o in giro per il mondo, l’11 novembre ci si riunisce senza ma e senza se. Scuola, esami, urgenze di lavoro possono e devono aspettare, quella serata come da tradizione si stacca da tutto e da tutti.

Vinhà


Ogni anno, a novembre, un salentino scopre che questa ricorrenza non è esclusiva del Tacco d’Italia, come il rustico, il pasticciotto o il caffè in ghiaccio. È anzi molto sentita in diverse parti d’Italia e anche oltralpe. Stavolta, questa amara scoperta è toccata a me.
Figlio di un tribuno della legione romana, originario dell’attuale Ungheria, il giovane soldato Martino di Tours, alla vista di un mendicante nudo e affamato, scese da cavallo e gli porse metà del proprio mantello; poco dopo ne incontrò un altro, a cui donò l’altra metà. All’improvviso, il cielo si schiarì e la temperatura si fece più mite.

L’origine della festa di San Martino, tra sacro e profano, si perde nei secoli, e prende il via addirittura in Francia quando, sotto l’influsso dei celti pagani, a novembre si celebrava l’inizio del nuovo anno. Se per i cristiani San Martino  è considerato patrono dei soldati e dei viaggiatori nella tradizione pagana è anche ritenuto il "patrono dei cornuti". Sulle motivazioni di quest’ultima associazione di idee, si intrecciano le teorie più disparate, che scopriremo nella prossima puntata.

foto di Ümit yıldırım su unsplash


foto di Tenuta Manca


Tornando a noi e a come i salentini trascorrano questa serata, ci sono dei punti fermi da cui non possiamo prescindere. Primo tra tutti il novello, un tipo di vino che non può essere conservato a lungo perché le bucce degli acini non subiscono la macerazione. Questa usanza risale ai tempi più remoti, quando i contadini salentini aprivano le botti ed offrivano ad amici e parenti il vino nuovo, rigorosamente accompagnato da alcune pietanze tipiche della cucina locale. L’anno agricolo, infatti, comincia il 12 novembre e finisce l’11 novembre dell’anno seguente: ecco perché l’11 è anche l’ultimo giorno della stagione e va festeggiato assaggiando il vino nuovo ed allestendo ricchi banchetti.

arrosteria dell'Itria


la locanda del borgo


I must che ancora oggi non possono mancare sulle tavole dei salentini, così come nei menu di San Martino proposti da ristoranti e trattorie tipiche, sono le pittule, le castagne, verdure come le nostre amate rape ‘nfucate, noci, frutta di stagione. Il piatto forte sono invece le carni pregiate, solitamente arrostite, perché la tradizione fa risalire proprio all’11 novembre  la carne grigliata sul primo fuoco acceso.

Osteria del Pozzo vecchio


Allora che sia a casa davanti al caminetto o per strada, in un locale o in qualche sagra con immancabili stand gastronomici, a Lecce o a Milano, prepariamoci ad alzare i calici, mentre nella nostra testa risuona già l’eco di quella canzone di Bruno Petrachi che resta sempre al primo posto nella nostra playlist “Salento”: Quanti bicchieri te mieru me bbiu, tanti pensieri te capu me lleu. Mieru mieru mieru la la, quanti culuri me fasci cangia’…

La foto di copertina è di 2night per Arrosteria dell'itria

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scritto da:

Grazia Licheri

Le parole sono gocce che muovono il mondo. Per questo vivo ogni giorno le mie emozioni e lascio che prendano forma attraverso la scrittura. Amo comunicarle agli altri attraverso racconti e articoli creativi, ma soprattutto… amo la musica e il buon cibo.

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